6.10.14

Miglior "film straniero" 2014 - Il candidato del Brasile

Hoje Eu Quero Voltar Sozinho

  • Durata: 95 min
  • Regia: Daniel Ribeiro  
ATTORI PRINCIPALI:

TRAMA
Leonardo ha 15 anni ed è un ragazzo cieco che, come ogni suo coetaneo, sta cercando il proprio posto nel mondo: desidera essere più indipendente, affrontare i suoi limiti e liberarsi dalle premure dei genitori iperprotettivi. Per questo, con gran dispiacere della sua migliore amica Giovana, Leonardo ha deciso di partire per un viaggio di scambio culturale. Tuttavia, l'arrivo di Gabriel, un nuovo compagno di scuola, risveglierà nel ragazzo sentimenti fino ad allora sconosciuti, facendogli finalmente scoprire il suo modo di vedere il mondo (film.virgilio.it).

COMMENTO
In portoghese fa Hoje Eu Quero Voltar Sozinho. In inglese è The way he looks. In italiano, se il titolo fosse fedele alla versione originale, sarebbe Oggi voglio tornare da solo (oppure Corvo rosso non avrai il mio scalpo*)... ma probabilmente un titolo italiano non ci sarà, perché se il passato ci insegna qualcosa il film in Italia non uscirà mai. A meno che non riesca a vincere o giusto ad acciuffare una nomination all’Oscar come miglior film in lingua non inglese – o miglior “film straniero”, come diciamo noi, con la solita approssimazione.

Non mi piace leggere i film, i libri, gli spettacoli teatrali, o quel che è in chiave politica. Non mi è mai andato giù che Brokeback Mountain fosse il “film dei cowboy gay”, e che probabilmente per quel motivo non vinse l’Oscar a miglior film nel 200X; e non mi è piaciuto nemmeno che Dodici anni schiavo, l’anno scorso, abbia puntato la sua campagna all’Oscar – It’s time, dicevano i cartelloni – sul senso di colpa, e nella fattispecie sul fatto che la bianca Academy non aveva mai premiato un film sulla schiavitù, un po’ a dire: “Se non lo fate nemmeno quest’anno, siete proprio degli schifosi razzisti”. Mi piace che i film siano film, e che vengano valutati – se proprio è necessario valutarli – per quel che sono, e non in base all’aria che tira o alla morale vigente in un dato momento storico.

Detto questo, sgombriamo subito il campo: Hoje Eu Quero Voltar Sozinho non vincerà l’Oscar al miglior “film straniero” e verosimilmente non verrà nemmeno candidato (quanto spero di sbagliarmi!). Questo non avverrà per i suoi meriti o demeriti, ma perché l’Academy è storicamente più incline a riconoscere, nella categoria del “film straniero”, quelle pellicole che parlano del paese da cui provengono, delle sue tradizioni, contraddizioni o problematiche; e se questo è vero per paesi come l’Italia o la Francia, dalla lunga e gloriosa tradizione cinematografica, lo è almeno due volte per quei paesi che appartengono al cosiddetto sud del mondo, come il Brasile. Pur essendo un film brasiliano e in portoghese, Hoje Eu Quero Voltar Sozinho potrebbe tranquillamente essere – e magari un giorno lo sarà – un film americano, o inglese, o francese, o tedesco... Racconta una storia che non è legata strettamente al Brasile, e infatti il Brasile che ci viene presentato è molto diverso da quello dei film che abbiamo visto negli scorsi anni, da Central Station a City of God, o che semplicemente ci immaginiamo, seduti in sala al cinema o davanti al televisore in salotto. È un Brasile di tranquillità, quartieri residenziali, scuole private... agio, per non dire ricchezza. Nel quale, ad esempio, un ragazzino cieco può muoversi da solo per la città senza pericolo, se non quello di subire qualche scherzo idiota da parte dei suoi giovani e sciocchi compagni di classe.

La scelta del Brasile di presentare proprio Hoje Eu Quero Voltar Sozinho come suo candidato nella categoria del “film straniero” è particolare e di certo coraggiosa da parte di un pese che è non meno cattolico del nostro. Anche se ho esordito dicendo che non mi piace leggere i film in chiave politica, è una scelta che ha un forte significato politico. Ce l’ha in due sensi: perché il film, tra i tanti suoi temi, sfiora quello dell’omosessualità; ma anche – e per me soprattutto – perché vuole sovvertire quella legge non scritta secondo cui le pellicole con al centro bambini o adolescenti e in un contesto di non-degrado non possono essere “importanti”, e nella fattispecie non possono rappresentare un paese “difficile” come il Brasile agli Oscar.

La bellezza di Hoje Eu Quero Voltar Sozinho ruota esattamente attorno alla sua non-importanza secondo i canoni tradizionali. Sta nella delicatezza e nella leggerezza con la quale certe questioni e situazioni vengono affrontate, nell’assenza di retorica e nel rifiuto di trattare con pietismo o con intenti propagandistici – per quanto nobili o condivisibili – le importanti tematiche che attraversa. Sta nel pudore – la scena della masturbazione – e nella magia – la scena al cinema, quando Gabriel racconta a Leonardo il film che lui non può vedere – con le quali sono state realizzate alcune sequenze di grande impatto. Sta nella bravura dei suoi interpreti, soprattutto del giovane protagonista Ghilherme Lobo, che ha gabbato tutti (o almeno ha gabbato me) di essere veramente cieco, quando invece non lo è... E se i film fossero tutti i uguali, a prescindere da genere, lingua e paese di provenienza; e gli attori fossero tutti uguali, a prescindere dall’età, forse anche una nomination per lui...

Qualche dato/curiosità: il film nasce da un cortometraggio (Eu Não Quero Voltar Sozinho, 2010), dello stesso regista Daniel Ribeiro (e con gli stessi attori principali), ed è stato presentato al Festival di Berlino dello scorso gennaio, dove ha vinto il premio FIPRESCI e il TEDDY come miglior film. Ha anche vinto i premi come miglior film dei festival gay di Los Angeles, New York, San Francisco e – ultimo ma non ultimo – Torino.

* Versione italiana di Jeremiah Johnson nel quale, per inciso, non c’è nessun Corvo Rosso.