Di Simone Fabriziani
No, non ci riusciamo.
Questa volta non riusciamo a separare la scrittura professionale, asciutta ed analitica della Recensione senza poter riuscire a separare adeguatamente le tante emozioni che ci ha suscitato l'ultimo grande capolavoro targato Disney/Pixar; e perciò, almeno per questa volta, vogliamo abbandonarci ad una recensione decisamente meno fredda e più "emozionale"...
Se una cosa ci ha insegnato la straordinaria divisone artistica della Disney capitanata dall'allegro John Lasseter è che, per dirla con l'ultima frase da cartolina di Paolo Sorrentino nel suo ultimo film, "le emozioni sono tutto quello che abbiamo". La Pixar ce lo ha insegnato già nel lontano 1995 con l'impressionante debutto di "Toy Story"e la sua commovente disamina sul passaggio dalla giocosità dell'infanzia all'età adolescenziale vissuta attraverso il "minuscolo" punto di vista dei conflittuali giocattoli dell'indimenticabile Andy; nonostante vari ( e recenti) passi falsi la Pixar non ha fatto alto che sfornare ineccepibili capolavori (d'animazione?) in cui ha continuamente interrogato gli spettatori di tutte le età sulla natura dell'emozione, del sentimento e dell'amore in tutte le sue forme: un grazioso e dolce robottino spazzino che trova l'amore in un futuro di abbrutimento per l'essere umano, un anziano pensionato che ancora sogna un'ultima avventura con la defunta moglie, dei vecchi giocattoli pronti a dare l'ultimo addio all'ormai adulto proprietario sembrano essere gli esempi più toccanti e fulgidi di una filmografia che da 20 anni continua a commuoverci e sorprenderci.
In un certo senso con Inside Out si "chiude" un cerchio.
La trama è tanto concettuosa e semplicistica quanto orchestrata in una modalità narrativa esemplare: cosa succede nella nostra mente quando ridiamo, siamo felici, proviamo tristezza, rabbia o dolore? In definitiva, cosa accade in quell'affascinante e ancora non del tutto esplorato organo che è il cervello umano? E se ogni emozione che proviamo assumesse delle sembianze antropomorfe in continuo conflitto tra loro? La risposta è nell'appassionante racconto del passaggio dall'infanzia all'età adolescenziale della piccola Riley, segnato da un doloroso trasloco e dalle prime emozioni conflittuali tipiche della primissima età dell'adolescenza; sarà compito di Gioa, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura, le più basilari emozioni umane, far fronte al cambiamento di Riley, con non poche, disastrose conseguenze...
Più non ci sentiamo di andare avanti con il racconto delle pellicola ma lasciamo volutamente allo spettatore l'ebbrezza di vivere questo commovente ed esilarante nuovo Capolavoro Pixar sul grande schermo nel suo giorno di uscita italiana fissato per il prossimo 16 settembre 2015 (forse anche fin troppo tardi rispetto al resto del globo); forse basta solamente aggiungere che anche questa volta l'immaginifica divisione artistica e d'animazione che fa capo alla Disney ce l'ha fatta alla grande, e gran parte del merito va a quel geniaccio di Pete Docter (già Premio Oscar per "Up" e probabilmente due volte vincitore della statuetta entro il prossimo anno) che amalgama con miracoloso equilibrio una storia di crescita raccontata con onesta e sentita commozione e con l'irriducibile guizzo della migliore inventiva visuale e narrativa a cui da sempre ci ha abituati la Pixar (basterà pensare alle innumerevoli soluzioni visive adottata per le differenti parti della mente e del cervello di Riley, che da sole valgono il prezzo del biglietto); se già con il loro primo lungometraggio il cuore pulsante risultava essere un'affezione particolare verso le dinamiche della crescita, dello sviluppo dell'essere umano dall'età infantile in poi fino alla piena consapevolezza di se stessi, qui il cerchi come dicevamo in precedenza pare chiudersi mirabilmente: solamente patteggiando con le proprie emozioni e con l'accettazione delle luci ed ombre della vita riusciamo a convivere con noi stessi, con i nostri pregi, i difetti, con la nostra fervida ed inesauribile immaginazione, di cui la Pixar si è sempre fatta custode sin dall'inizio; un bel modo di ripartire da se stessi dopo alcuni artistici passi falsi degli ultimi anni e ritornare in carreggiata con una storia che parla direttamente al cuore (o al cervello?) dei più grandi e dei più piccini.
Perché le emozioni, forse, sono veramente tutto quello che abbiamo avuto, che abbiamo e che avremo per sempre. Pixar Dixit.
VOTO: 4/5
La trama è tanto concettuosa e semplicistica quanto orchestrata in una modalità narrativa esemplare: cosa succede nella nostra mente quando ridiamo, siamo felici, proviamo tristezza, rabbia o dolore? In definitiva, cosa accade in quell'affascinante e ancora non del tutto esplorato organo che è il cervello umano? E se ogni emozione che proviamo assumesse delle sembianze antropomorfe in continuo conflitto tra loro? La risposta è nell'appassionante racconto del passaggio dall'infanzia all'età adolescenziale della piccola Riley, segnato da un doloroso trasloco e dalle prime emozioni conflittuali tipiche della primissima età dell'adolescenza; sarà compito di Gioa, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura, le più basilari emozioni umane, far fronte al cambiamento di Riley, con non poche, disastrose conseguenze...
Più non ci sentiamo di andare avanti con il racconto delle pellicola ma lasciamo volutamente allo spettatore l'ebbrezza di vivere questo commovente ed esilarante nuovo Capolavoro Pixar sul grande schermo nel suo giorno di uscita italiana fissato per il prossimo 16 settembre 2015 (forse anche fin troppo tardi rispetto al resto del globo); forse basta solamente aggiungere che anche questa volta l'immaginifica divisione artistica e d'animazione che fa capo alla Disney ce l'ha fatta alla grande, e gran parte del merito va a quel geniaccio di Pete Docter (già Premio Oscar per "Up" e probabilmente due volte vincitore della statuetta entro il prossimo anno) che amalgama con miracoloso equilibrio una storia di crescita raccontata con onesta e sentita commozione e con l'irriducibile guizzo della migliore inventiva visuale e narrativa a cui da sempre ci ha abituati la Pixar (basterà pensare alle innumerevoli soluzioni visive adottata per le differenti parti della mente e del cervello di Riley, che da sole valgono il prezzo del biglietto); se già con il loro primo lungometraggio il cuore pulsante risultava essere un'affezione particolare verso le dinamiche della crescita, dello sviluppo dell'essere umano dall'età infantile in poi fino alla piena consapevolezza di se stessi, qui il cerchi come dicevamo in precedenza pare chiudersi mirabilmente: solamente patteggiando con le proprie emozioni e con l'accettazione delle luci ed ombre della vita riusciamo a convivere con noi stessi, con i nostri pregi, i difetti, con la nostra fervida ed inesauribile immaginazione, di cui la Pixar si è sempre fatta custode sin dall'inizio; un bel modo di ripartire da se stessi dopo alcuni artistici passi falsi degli ultimi anni e ritornare in carreggiata con una storia che parla direttamente al cuore (o al cervello?) dei più grandi e dei più piccini.
Perché le emozioni, forse, sono veramente tutto quello che abbiamo avuto, che abbiamo e che avremo per sempre. Pixar Dixit.
VOTO: 4/5