Speciale: Le madri nel Cinema

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Di Gabriele La Spina

Se si pensa che Medea rappresenta forse uno dei personaggi più forti della mitologia greca, colei che nel dramma uccise i propri figli per punire il tradimento del marito, non c’è da stupirsi che il ruolo della madre nel Cinema abbia rivestito nel corso degli anni una straordinaria importanza. Sia per la duttilità della resa del personaggio, e le molteplici sfumature che può offrire, il dramma di Medea ne è un esempio più estremo, sia per l’importanza che riveste la figura della madre nella nostra società.

Da madri perfette a madri degenerate, passando per quelle più celebri di Hollywood, ne abbiamo viste di ogni tipologia nelle produzioni cinematografiche, ma solo alcune hanno fruttato la vittoria dell’ambita statuetta a talentuose attrici, altre avrebbero meritato il riconoscimento mancato, mentre altre ancora si sono distinte per aver portato in scena le peggiori madri viste sul grande schermo: delle madri da incubi. In questo speciale dedicato alle madri nel Cinema, eccovi un’analisi dei ruoli di madri rimaste impresse nella memoria di ogni cinefilo, sperando di non aver dimenticato proprio quella madre da cui beccarci una bella ramanzina.  

Le madri da Oscar

Patricia Arquette, Boyhood (2014)

Si tratta senza dubbio della migliore performance dell’intera carriera dell’Arquette, che è un’impresa di per sé tanto quanto quella intrapresa dal regista Richard Linklater, per certi versi cultore dell’idea di tempo nel cinema, con un film girato nel corso di 12 anni. Il regista infatti aveva intrapreso un esperimento simile già con la saga Before Sunrise, Before Sunset e Before Midnight, arrivati in sala rispettivamente nel 1995, 2004 e 2013, perché girati a circa 10 anni di distanza l’uno dall’altro. Con Boyhood l’emozione dello spettatore nel vedere la crescita reale degli attori, in un film che non è altro che la fotografia di una famiglia normale, è indescrivibile. Ne risulta una performance autentica di Patricia Arquette, e una prova dall’indubbia difficoltà. 
– Oscar alla Migliore Attrice Non Protagonista nel 2015

Brie Larson, Room (2015)

La reginetta del Cinema Indie, Brie Larson conquista il favore della critica mondiale, vivendo sulla sua pelle attraverso la toccante pellicola di Lenny Abrahmson, un dramma purtroppo di estrema attualità. Nei panni di una donna segregata insieme al figlio in una stanza, respiriamo insieme a lei l’angoscia e l’estrema malinconia del suo personaggio, e assistiamo a uno dei più bei duetti madre figlio del grande schermo, con il giovane talento Jacob Tremblay. La pellicola segna l’inizio di una grande carriera per la Larson, che porta a casa ogni premio possibile della stagione.

– Oscar alla Migliore Attrice Protagonista nel 2016

Mo’Nique, Precious (2009)

Il film più riconosciuto dello spesso sottovalutato Lee Daniels, è forse il meno brillante, ma meritevole di aver adattato per il grande schermo una storia di enorme impatto, per la crudezza dei fatti, in quanto finestra di uno status sociale più che reale. La pellicola segna l’esordio di Gabourey Sidibe, in un ruolo che sembra quasi cucito su di lei, anche se ogni membro del cast viene oscurato dalla prorompente interpretazione di Mo’Nique, nel ruolo di una delle peggiori madri viste sul grande schermo, dimostrazione di quanto Daniels sia un ottimo regista di attori prima di ogni cosa.
– Oscar alla Miglior Attrice Non Protagonista nel 2010

Julia Roberts, Erin Brockovich (2000)

Steven Soderbergh regala alla Roberts quello che probabilmente è il miglior ruolo della sua carriera. Nei panni di una donna realmente esistita, la Brockovich, la Roberts dimostra alla fine degli anni ’90, e quindi in un periodo in cui è sulla cresta dell’onda soprattutto per i ruoli da reginetta di rom-com che l’hanno resa famosa al grande pubblico, di essere anche una valida attrice di ruoli drammatici in un Cinema serio, con discrete doti trasformative. Ne risulta un personaggio audace, forte e una performance senza fronzoli.
– Oscar alla Migliore Attrice Protagonista nel 2001

Holly Hunter, Lezioni di Piano (1993)

In assoluto il film più celebre dell’iconica regista Jane Campion, senza dubbio il più delicato e toccante, uno stile che in qualche modo avrebbe ripreso molti anni dopo in Bright Star (2009). Il film fa incetta di premi nel suo anno, e contiene due meravigliose interpretazioni, quelle di un’esordiente Anna Paquin e di Holly Hunter, entrambe vincitrici della statuetta, avendo portato sullo schermo con inusuale chimica, uno tra i più poetici rapporti madre figlia mai visti prima.

– Oscar alla Migliore Attrice Protagonista nel 1994

Meryl Streep, Kramer contro Kramer (1979)

E’ stato il primo Oscar della carriera di Meryl Streep, ne sarebbero arrivati dopo altri due su un record di 19 nomination all’Oscar. Indelebile il monologo della Streep alla barra dei testimoni durante il processo per la custodia del figlio, nella pellicola di Robert Benton, a quanto pare scritto dalla stessa Streep, in una perfetta immedesimazione nel dramma di una madre che lotta per l’affidamento del figlio in seguito alla rottura di un rapporto in un matrimonio ormai a pezzi.

– Oscar alla Migliore Attrice Non Protagonista nel 1980

Tre performance di madri che avrebbero meritato l’Oscar

Nicole Kidman, The Others (2001)

In quella che non è altro che una piccola fiaba gotica di Alejandro Amenabar, ispiratosi al Giro di Vite di Henry James, Nicole Kidman veste gli iconici panni di un’austera madre, fanatica religiosa, dalle algide fattezze di un’appannata Grace Kelly, non per nulla il personaggio prende il nome di Grace Stewart. Preda di frequenti emicranie, e in continua negazione sulla drammatica realtà dei fatti che affliggono la sua casa, rende vittime delle proprie ansie e paure i poveri figli, sofferenti di fotosensibilità, per cui ha trasformato la sua casa in un tetro antro disabitato. Al limite dell’isterismo, sofferente ed enigmatica la Kidman regala una delle sue più grandi performance, snobbata in quell’anno da diversi award forse perché oscurata dalla sua stessa interpretazione in Moulin Rouge di Baz Luhrmann, per certi versi più monumentale, ma non per questo quella di The Others è meno indelebile. 

Tilda Swinton, …E ora parliamo di Kevin (2011)

Probabilmente si tratta di uno dei più grandi affronti degli ultimi anni da parte degli Academy, rei di aver snobbato quella che è senza dubbio la più brillante performance della carriera di Tilda Swinton.
E ora parliamo di Kevin delinea le fasi della crescita di un bambino e del rapporto sconsiderato che ha con sua madre. Una donna forse inetta, che probabilmente ha contribuito alla crescita di un vero e proprio mostro. Una delle pellicole più angoscianti e psicotiche degli ultimi anni, parabola della vera identità dei mostri, paradossalmente non quelli delle favole e dei film del terrore, ma quelli che vediamo ogni giorno nei notiziari. 

Jacki Weaver, Animal Kingdom (2010)

Unica attrice di questo trittico ad averla spuntata almeno sulla nomination. Eppure con la sua rappresentazione di una matriarca senza scrupoli la Weaver è stata una vera rivelazione, e nei ruoli a venire ricoperti in supporto a diverse pellicole hollywoodiane, non ha nuovamente raggiunto i picchi di magnetismo fuori dal comune. Nella pellicola di David Michod, made in Australia, la Weaver inquieta con il suo sguardo e sostiene con eleganza una sceneggiatura a volte sbavata. Una performance indubbiamente da Oscar, per un personaggio che con rammarico la Weaver non avrà modo di reinterpretare nuovamente in futuro. Il film è diventato una serie dal taglio molto più young dell’originale, diretta da John Wells (Shameless) che andrà in onda a Giugno negli USA.

Le peggiori madri del Cinema

Piper Laurie, Carrie (1976)

L’iconico personaggio della madre di Carrie, Margaret White, poi riportato sul grande schermo nuovamente in tempi recenti da Julianne Moore in un dimenticabile remake di Kimberly Peirce, è la madre dei nostri incubi: estremamente sessista e ossessionata dalla religione quanto dalla figlia a cui fa vivere un incubo di repressione sessuale, sottoponendola a continue violenze psicologiche. La Laurie è perfetta nel ruolo dell’autolesionista Margaret, e rappresenta uno dei personaggi più riusciti del cinema di genere dopo Norman Bates di Psycho (1960). 

Essie Davis, Babadook (2014)

Una delle pellicole più interessanti del 2014, un magnifico film horror di puro stampo impressionista, dalla regia sorprendente, che segna la nascita di un genere poi definito come arthouse horror, ovvero horror d’autore. La protagonista interpretata dalla talentuosa Essie Davis, è una madre sull’orlo di una crisi di nervi che ha perso il marito durante un incidente verso l’ospedale dove stava per avere suo figlio. Il bambino in questione è uno dei bambini più fastidiosi mai visti sul grande schermo, soffre di iperattività, mette a dura prova i nervi dello spettatore e quelli della madre, che pensa un po’ di darlo in pasto a l’uomo nero.

Faye Dunaway, Mammina Cara (1981)

Impossibile non includere in un articolo dedicato alle madri nel Cinema il personaggio di Joan Crawford ritratto magistralmente da Faye Dunaway nello scult di Frank Perry, etichettato come docu-drama, in quanto finestra sul terribile rapporto da la Crawford e la povera figlia Christina Crawford, vittima di una madre demoniaca, che ha volto il loro rapporto ad apici di pura follia rappresentata nella pellicola. Al suo tempo cestinato dalla critica per la sua qualità, è diventato nel corso degli anni un gioiellino grottesco con una larga schiera di estimatori. 

Kristin Scott Thomas, Solo Dio Perdona (2013)

Se si parla di film incompresi, o che per certi versi hanno diviso l’opinione della critica e del pubblico, non si può non pensare alla pellicola di Nicholas Winding Refn, che dopo il grande successo di Drive, delude le aspettative degli estimatori, ma porta in scena una tragedia greca modernizzata in chiave urbana, dalle molteplici metafore, con una sempre perfetta fotografia e una colonna sonora abilmente coordinata. Ne viene fuori una performance fuori dal comune di Kristin Scott Thomas, matriarca di una famiglia di malavitosi a Bangkok, paragonabile per egoismo alla Medea già citata all’inizio di questo articolo.

Anne Brancroft, Il laureato (1967)

La sensualissima signora Robinson, che seduce un giovane Dustin Hoffman, nella bellissima pellicola di Mike Nichols, è probabilmente la madre che ogni ragazzo vorrebbe conoscere ma che non vorrebbe come propria. La Brancroft ci regala uno dei personaggi più originali e citati del Cinema negli ultimi cinquant’anni. Bella quanto fragile, attraente quanto contraddittoria, la Brancroft dà vita a un personaggio che le fa ottenere la nomination agli Oscar come Miglior Attrice Protagonista nel 1968. 
Nella lettura dei ruoli citati finora salta subito all’occhio il fattore età delle attrici, perché salvo alcune eccezioni ricoprire il ruolo della madre, spesse volte in ruoli di supporto in particolar modo, risulta l’ancora di salvezza per la carriera di diverse attrici, superata la soglia dei 40 anni, in una Hollywood sempre più orientata a un target giovane, e quindi a nuovi lisci volti femminili per personaggi altrettanto giovani. Sono però ironicamente i ruoli più indelebili quelli delle madri, dove attrici di grande esperienza riescono a trasmettere la propria esperienza di vita tramite un talento ormai collaudato. 
Seppur non citate sono degne di nota la Uma Thurman di Kill Bill (2003-2004) e la Linda Hamilton di Terminator (1984), vere e proprie madri bad-ass del Cinema, il recente duetto madre figlia tra Meryl Streep e Julia Roberts ne I segreti di Osage County (2013), le toccanti Nicole Kidman in Rabbit Hole (2010) e Judi Dench in Philomena (2013), entrambe madri di fronte alla perdita di un figlio, anche se in modalità differenti. Poi Suzanne Clément in Mommy (2014) di Xavier Dolan, Penelope Cruz in Volver (2006), Cher in Sirene (1990), Julianne Moore e Annette Bening in I ragazzi stanno bene (2010), Barbara Hershey in Black Swan (2010), Kate Winslet in Little Children (2009) e la lista potrebbe continuare all’infinito. 
Ma quali sono le madri nel Cinema rimaste impresse nella vostra memoria? Raccontatecelo nei commenti.