10.6.16

Videography: Nicolas Winding Refn - Tra istinto e creatività


Di Gabriele La Spina

Nicolas Winding Refn possiede uno degli sguardi registici più interessanti degli ultimi anni, tant'è che da molti viene considerato come il nuovo Lars Von Trier. Di origine danese ha debuttato alla regia nel 1996 con il drug drama Pusher, dove ha diretto un ancora sconosciuto Mads Mikkelsen. Quasi sempre sia regista sia sceneggiatore delle sue pellicole, ha l'abitudine di prendere grandi pause tra un progetto e l'altro.

Un regista che si ama o si odia, che si capisce o che risulta incomprensibile. Ma è lui stesso a definirsi un creativo, che mira a un'estetica che sempre più fortemente emerge nelle sue recenti pellicole, uno stile che si è andato ad affermare pian piano, che ha definito la sua firma. La sua è però una creatività dettata prima di tutto dall'istinto, e dalla volontà di scuotere lo spettatore, coglierlo di sorpresa e lasciare in lui un sentimento che si porterà dietro anche dopo la fine del film. Come dichiara durante la conferenza stampa del Festival di Cannes 2016, dove il suo ultimo film ha come sempre diviso nettamente la critica: "L’istinto del film è quello di penetrare le menti e lasciarsi assorbire lentamente, qualsiasi cosa tu stia pensando in quel momento. Questa è l’essenza della creatività."

Nell'attesa del suo approdo nell'era della rinascita delle produzioni televisive, con la mini-serie annunciata Les Italiens, crime drama tratta dai romanzi di Enrico Pandiani, che lui stesso adatterà; volgiamo lo sguardo indietro e ripercorriamo i momenti più iconici della filmografia di un regista che in qualche modo sta cambiando l'idea stessa di cinema.


Pusher 2 (2004)
La pellicola Pusher distribuita nelle sale nel '96 rappresenta senza dubbio uno dei migliori esordi registici di sempre, un successo di critica e di pubblico che ha accompagnato Refn fino al 2005 realizzando la sua prima e unica trilogia. Primo esempio di quella che spesso viene definita come "l'arte della violenza" nel cinema di Refn, è soprattutto una prima palestra per mettere alla prova il suo talento tecnico, e come dimostra nella scena scelta dal secondo capitolo della saga, la capacità di saper sfumare i toni delle sue pellicole. Qui vediamo Mikkelsen nel finale del film, probabilmente uno dei momenti più intimistici e allo stesso tempo sofferti di Refn.


Bronson (2008)
Refn dimostra ancora una volta di avere fiuto per i grandi talenti, e sceglie Tom Hardy per interpretare il famigerato criminale Charles Bronson, nella pellicola che prende il suo cognome come titolo. Analisi geniale della mente contorta di Bronson, il film non afferma ancora l'impronta di Refn ma è un primo passo verso il suo sviluppo creativo. Assistendo a un'esorcizzazione della violenza, ci ritroviamo a parteggiare per il cattivo, maestoso e inarrestabile titano, per sua sfortuna un Don Chisciotte, che compie un'estenuante inseguimento della fama per lui chiave dell'immortalità. In questa scena, un teatro astratto, parabola della mente di Bronson, più volte rappresentato nel corso della pellicola.  


Drive (2011)
Il primo film che permette a Refn di raggiungere la fama mondiale, è anche quello in cui non si dedica alla sceneggiatura. Con colui che sarebbe diventato il suo attore feticcio, Ryan Gosling, Drive è incentrato sulla vita di uno stuntman, che arrotonda partecipando a rapine, e che prende sotto la propria ala la famiglia disagiata della porta accanto, composta tra gli altri dai magnifici Carey Mulligan e Oscar Isaac. Una pellicola straordinaria, adrenalinica quanto romantica, e ne è un esempio calzante una delle scene più apprezzate del film, dove Gosling e Mulligan sono protagonisti di una bacio appassionato in ascensore seguito da un violentissimo pestaggio. Esempio dunque di quel cinema dei contrasti: ironico, spietato ma anche romantico e intimista. Incorniciato da una magnifica fotografia e un'efficace colonna sonora di musica elettronica vintage, Drive è probabilmente la migliore pellicola di Refn.

Solo Dio perdona (2013)
Sottovalutatissima pellicola carica di simbolismi e riferimenti alla tragedia greca, Solo Dio perdona testimonia l'affermazione dello stile estetico di Refn, che carica la pellicola di silenzi comunicando con l'immagine. Un uso attento dei colori nella fotografia, contribuisce a sorreggere il dramma di una famiglia di malavitosi nella contemporanea Bangkok. Qui anche sceneggiatore, regala a Kristin Scott Thomas uno dei suoi ruoli più originali, vestendo i panni della crudele matriarca, e richiama Gosling, ancora una volta qui eroe silenzioso e tormentato, tanto da sembrare privo di sentimenti. Un cinema forte, estremo che turba ma al contempo ammalia lo spettatore. In questa scena una delle conversazioni tra madre e figlio.

The Neon Demon (2016)
Dopo aver costituito la sua filmografia con personaggi maschili, spietati antieroi, violenti strumenti nelle mani del regista, Refn realizza il suo primo film con un cast quasi del tutto al femminile, e trova la sua protagonista nella giovane Elle Fanning, da lui stesso definita come una moderna diva del cinema muto, per la sua espressività. Finestra crudele, paradossale quanto sconvolgente, sul mondo della moda e sul concetto stesso di bellezza nei nostri tempi, The Neon Demon è un'esplosione di stile e manierismo, che afferma definitivamente l'estetica di Refn. Un film che probabilmente, come molti altri di Refn, pochi apprezzeranno e pochi non ne resteranno delusi se non indignati. Ma il suo è un cinema che senza dubbio acquisterà il suo valore con il passare degli anni, come fu per Stanley Kubrick o Alfred Hitchcock.