25.10.16

DOCTOR STRANGE - La Recensione

Di Emanuele Paglialonga
"Doctor Strange, tu credi di sapere come funziona il mondo. E se io ti dicessi che questa realtà è una delle tante?"
La famiglia del Marvel Cinematic Universe si allarga ulteriormente, accogliendo fra le sue opulenti braccia un dottore, un ricco e affermato neurochirurgo: Stephen Strange. Il personaggio dei fumetti ha origini lontane, la sua prima apparizione risale al 1963. Per lo standalone movie, invece, il tempo è presente: 2016. 26 ottobre in Italia, 4 novembre per gli Stati Uniti. 

E’ Benedict Cumberbatch a prestare volto e corpo al Dottore/Stregone, un corpo, nel corso del film, che andrà incontro a notevoli difficoltà e percosse: tutto comincia infatti con un brutto incidente stradale che mette fuori uso a Strange le sue preziose mani. La medicina non sembra in grado di offrire una soluzione, ma la prospettiva di dover rinunciare al suo lavoro non è per niente sulla stessa lunghezza d’onda del Dottore, che si ritrova (in Nepal) a rischiare il tutto per tutto: deciderà di affidarsi a che gli appare però, inizialmente, solo come una setta di stregoni, difficilmente in grado, secondo lui, di trovare un rimedio. 
Tuttavia, lo Stregone Supremo, l’Antico, gli farà ben presto cambiare idea: gli farà infatti vivere per pochi istanti un’esperienza extrasensoriale attraverso cui rendersi conto delle straordinarie potenzialità delle arti magiche che potrebbe insegnargli. Potrebbe: sono tutti infatti un po’ diffidenti all'inizio, dal momento che un allievo non proprio modello, Kaecilius (il Kylo Ren della situazione) si è appropriato di alcune pagine di un libro al quale non doveva evidentemente avere accesso. L’ottica non è molto dissimile da quella del concetto di Forza all'interno dell’Universo di Star Wars: c’è un Lato Chiaro, e un Lato Oscuro con le sue tentazioni.
Per Strange, dunque, potrebbe esserci la possibilità di riacquisire il pieno controllo delle sue mani attraverso un training, prima ancora che fisico, mentale. Se infatti la corporeità è un elemento importante per la vicenda, l’elemento di essa portante è invece quello mentale, su cui si regge l’arte dell’Antico e dei suoi discepoli e, soprattutto, l’intero film (e i sequel che sicuramente avrà). 


La fisicità in stretto contatto con la dimensione mentale. Un concetto non nuovo, senza dubbio: la redazione di Gazebo probabilmente assegnerebbe un premio G.A.C. a tale asserzione: è la base del film, bisogna prenderne atto. Si può scegliere di crederci come di non crederci. Per quel che riguarda lo spettatore, si tratta semplicemente di decidere se stare al gioco o meno. Più volte a Strange viene detto di abbandonare la razionalità per inseguire i sensi. Ecco, Doctor Strange va fruito in questo modo: va visto, considerato e amato (o odiato) senza troppe pretese razionalistiche. Va giudicato, quindi, come quello che è: un cinecomic.
Un cinecomic che si affianca al filone degli Avengers, senza esserne né schiacciato né sovrastato: loro, viene detto a un certo punto nel film, difendono il mondo dalle minacce fisiche. Gli Stregoni, come l’Antico, e come sarà anche Strange in futuro, da quelle di natura mistica. In questo Batman, anzi, Strange Begins, il Dottore le prende di santa ragione: padroneggia bene le arti magiche, ma non è ancora Supremo.

Cumberbatch affronta il ruolo in maniera più che discreta, affiancato da una notevole Tilda Swinton nei panni dell’Antico e un Mads Mikkelsen che rivedremo presto, a dicembre, in Rogue One – A Star Wars Story.
Doctor Strange, per concludere, è un’opera psichedelica, una vetrina di effetti speciali magnifici: colorati, distorti; è un’esperienza da vivere necessariamente in 3D. Bisogna prendere e lasciarsi andare a un lavoro molto ben fatto, che può piacere o non piacere, ma è fatto con professionalità: è un cinecomic, nulla di più e nulla di meno. 

VOTO: 3/5