Di Daniele Ambrosini
Superata la metà della sesta stagione possiamo dire che è evidente la linea intrapresa per la seconda metà, nettamente distinta dai primi episodi e che, sebbene ancora un po' carente dal punto di vista dell'azione vera e propria, ci sta donando un ritratto sempre più umano e approfondito della sua protagonista, non così coinvolta a livello personale da almeno un paio di stagioni.
Sebbene la morte di Colin fosse un aspetto fondamentale dell'episodio precedente qui non se ne fa mai menzione perché ovviamente Carrie non ha ancora le prove necessarie per poter parlare delle scoperte fatte sul reale attentatore, che sta coprendo le sue tracce ed è una minaccia anche per Carrie.
La vita di Carrie è ulteriormente turbata dall'intervento dei servizi sociali che prendono in custodia Frannie, in quanto la permanenza nella sua casa costituirebbe un rischio dopo gli eventi che l'hanno vista ostaggio di Quinn. Proprio Quinn è stato portato in un luogo sicuro ed al riparo dall'attenzione dei media da Astrid su ordine di Dar Adal, il cui atteggiamento è sempre più ambiguo, in relazione a Peter ma anche a Saul che in gran segreto dovrà incontrare Javadi a New York. Il ruolo del presidente eletto Keane è sempre più limitato al suo cambiamento di opinione sulla linea da adottare in Medio Oriente e contro il terrorismo, che potrebbe anche portare ad una svolta radicale.
Il mistero dell'identità dei reali attentatori viene momentaneamente sospeso per lasciare spazio ad un evento traumatico per Carrie: i servizi sociali hanno preso in custodia sua figlia e pensano che lei stessa possa costituire un rischio per l'incolumità della bambina, la questione la tocca profondamente e la fa sprofondare, come non vedevamo da tanto tempo. Claire Danes è sempre molto brava nel far emergere tutte le contraddizioni e le emozioni che caratterizzano un personaggio che, forse lo abbiamo dimenticato, non è affatto un personaggio semplice; la sua bipolarità è sotto controllo da molto tempo e dalla morte di Brody ha fatto di tutto per riprendere in mano la sua vita, prima concentrandosi sul lavoro ed infine accettando le sue responsabilità ed il suo ruolo di madre che adesso viene minato.
Le altre storyline, almeno per il momento, sembrano essere secondarie perché infondo è Carrie il cuore di Homeland e se le derive spy/action non funzionano più alla perfezione, l'aspetto umano della protagonista è ancora abbastanza interessante da sorreggere la serie. Non è da escludere che questo sia uno stratagemma per riportare la protagonista ad una situazione simile a quella delle prime gloriose stagioni, come molti auspicano da tempo. Nel prossimo episodio probabilmente Carrie tornerà sul campo ed allora l'equilibrio sarà ristabilito e Homeland potrà iniziare a giocarsi le ultime carte di questa sesta stagione, le cui sorti dipendono tutte dal finale.
VOTO: 8/10