Mai come in questa terza stagione televisiva Fargo è diventato un racconto per immagini ma sopratutto per note musicali. Lasciate da parte le melodie di "Pierino e il lupo" di Sergei Prokofiev di qualche episodio fa, "The Lord of No Mercy"raggiunge un primo, enorme climax narrativo mescolando sapientemente violenza e Beethoven.
No, non siamo di fronte ad una serializzazione dell'Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, né quantomeno ad una sua pallida imitazione; tanto ai fratelli Coen quanto allo showrunner Noah Hawley interessa raccontare con efficacia narrativa e il giusto cinismo e senso del grottesco le piege grigie della vita di provincia americana; dietro le cortine innevate del Minnseota, cosa portano persone apparentemente normali ad ordire atti criminali di inaudita violenza?
Più di ogni altra in precedenza, questa puntata appartiene al piede di guerra instauratosi nell'appuntamento settimanale scorso tra Emmit e Ray Stussy, ed in particolare ad Ewan McGregor, perfetto interprete delle tensioni scoppiate tra due fratelli "traffichini" il cui passato onore è stato ferito a causa di una quisquilia giovanile; il prezzo da pagare è un francobollo dal valore affettivo, insospettabile movente per una guerra senza quartiere orchestrata dall'altro dalla minacciosa mafia russa capitanata dal sempre più misterioso Varga (un David Thewlis in odore di Emmy).
Il plot twist finale mescola nuovamente le carte e muove repentinamente le pedine del gioco insanguinato in un Minnesota sui cui spietata la neve scende a ricoprire i corpi dei (tanti) morti delle insensate faide provinciali. Come in ogni guerra che si rispetti, il movente è sempre, e soltanto apparentemente, la causa di un male dai connotati sempre più banali, spaventosamente familiari.
VOTO: 8/10