Una successione di episodi estremamente densi di eventi, per certi versi frettolosi, ha caratterizzato questa settima stagione di Game of Thrones. Giunti al sesto, penultimo appuntamento della stagione, il ritmo sembra per un attimo adagiarsi come un tempo, gli autori tirano le fila per nuovi conflitti, coinvolgimenti romantici e dunque evoluzioni considerevoli dei personaggi principali che nel corso di questi sette anni abbiamo imparato a conoscere, potendo con una certa facilità prevedere le loro mosse in questo finora ben costruito percorso narrativo.
In pieno stile Suicide Squad, il gruppo guidato da Jon Snow si muove aldilà della Barriera per il recupero di uno dei morti dell'armata degli estranei, ponendo ancora allo spettatore il quesito di quale sarà l'epilogo di tale storyline. L'episodio sarà così un'alternanza dell'azione tra i ghiacci, dove gli eroi fronteggeranno diverse minacce "non morte", e tra le mura di Grande Inverno, dove assistiamo ai dissapori tra le sorelle Arya e Sansa, come nelle più disfunzionali delle famiglie, tuttavia manovrate da un piano ancora imprecisato di Baelish. Più rilevanti sono però le basi gettate per un probabile legame romantico tra Jon Snow e Danaerys, quest'ultima in soccorso del Lord di Grande Inverno alle prese con l'esercito degli estranei, draghi a seguito, con un triste epilogo per la regina, ma una consapevolezza acquisita e un'alleanza affermata quanto necessaria. Inquadrature mozzafiato a volo d'uccello, le spaventose orde dei vaganti che danno la sensazione di assistere alla controparte medioevale di The Walking Dead, e il sempre meraviglioso rendering dei draghi, fanno sì che l'episodio sia tra i più godibili di questa stagione, e tralasciando il finale del precedente, tra i più densi di azione, con un'ottima capacità di alternanza tra dialoghi significativi e carichi di tensione, come quelli tra Arya e Sansa, o ironici, come i discorsi di Tormund su Brienne. Sono però ancora una volta le tempistiche troppo celeri in determinati frangenti il costante neo della stagione, in una serie da sempre basata sul gustare la gradualità del racconto, qui carente nell'approfondire i dettagli.
Questa settima stagione si dimostra infatti, a un solo episodio che ci separa dalla fine, come un vero e proprio punto di passaggio. Non è difficile ricamare già da ora il futuro dei nostri protagonisti, nonostante lo show ci abbia abituati finora a twist inaspettati e cambi di rotta a volte anche discutibili. Ormai distaccati dallo svolgimento della saga cartacea ancora incompiuta, l'inventiva degli sceneggiatori, entrati pienamente nelle logiche di Westeros, non è sicuramente da biasimare. È però percepibile la trasformazione di Game of Thrones in un prodotto di minore profondità narrativa, rispetto agli standard raggiunti nelle precedenti stagioni, e forse molto più televisivo di un tempo. Il loro compito adesso è dare il degno epilogo agli spettatori, per una delle più risonanti serie realizzate fino ad oggi.
VOTO: 6.5/10
In pieno stile Suicide Squad, il gruppo guidato da Jon Snow si muove aldilà della Barriera per il recupero di uno dei morti dell'armata degli estranei, ponendo ancora allo spettatore il quesito di quale sarà l'epilogo di tale storyline. L'episodio sarà così un'alternanza dell'azione tra i ghiacci, dove gli eroi fronteggeranno diverse minacce "non morte", e tra le mura di Grande Inverno, dove assistiamo ai dissapori tra le sorelle Arya e Sansa, come nelle più disfunzionali delle famiglie, tuttavia manovrate da un piano ancora imprecisato di Baelish. Più rilevanti sono però le basi gettate per un probabile legame romantico tra Jon Snow e Danaerys, quest'ultima in soccorso del Lord di Grande Inverno alle prese con l'esercito degli estranei, draghi a seguito, con un triste epilogo per la regina, ma una consapevolezza acquisita e un'alleanza affermata quanto necessaria. Inquadrature mozzafiato a volo d'uccello, le spaventose orde dei vaganti che danno la sensazione di assistere alla controparte medioevale di The Walking Dead, e il sempre meraviglioso rendering dei draghi, fanno sì che l'episodio sia tra i più godibili di questa stagione, e tralasciando il finale del precedente, tra i più densi di azione, con un'ottima capacità di alternanza tra dialoghi significativi e carichi di tensione, come quelli tra Arya e Sansa, o ironici, come i discorsi di Tormund su Brienne. Sono però ancora una volta le tempistiche troppo celeri in determinati frangenti il costante neo della stagione, in una serie da sempre basata sul gustare la gradualità del racconto, qui carente nell'approfondire i dettagli.
Questa settima stagione si dimostra infatti, a un solo episodio che ci separa dalla fine, come un vero e proprio punto di passaggio. Non è difficile ricamare già da ora il futuro dei nostri protagonisti, nonostante lo show ci abbia abituati finora a twist inaspettati e cambi di rotta a volte anche discutibili. Ormai distaccati dallo svolgimento della saga cartacea ancora incompiuta, l'inventiva degli sceneggiatori, entrati pienamente nelle logiche di Westeros, non è sicuramente da biasimare. È però percepibile la trasformazione di Game of Thrones in un prodotto di minore profondità narrativa, rispetto agli standard raggiunti nelle precedenti stagioni, e forse molto più televisivo di un tempo. Il loro compito adesso è dare il degno epilogo agli spettatori, per una delle più risonanti serie realizzate fino ad oggi.
VOTO: 6.5/10