Quella di Paolo Virzì è una lettera d'amore di un italiano agli Stati Uniti, a cui viene dedicata gran parte della pellicola. I protagonisti Ella (Helen Mirren) e John (Donald Sutherland, in odore di Coppa Volpi) decidono, nonostante il divieto dei figli, di partire per il loro ultimo viaggio in solitaria attraverso il paese, sul loro storico camper di famiglia.
Per sottrarsi alle cure dei medici e dei figli ormai adulti, Ella e John si danno alla fuga. Lui svanito ma forte, lei acciaccata ma lucidissima, si regalano un'avventura per le strade americane, da Boston a Key West a bordo del loro vecchio camper, e tra momenti esilaranti e altri di autentico terrore, ripercorrono l'appassionata vicenda di un amore coniugale che sembra destinato a regalare rivelazioni sorprendenti fino all'ultimo istante. Liberamente ispirato al romanzo omonimo di Michael Zadoorian.
Lui, un brillante professore di letteratura, ha la demenza senile ma il corpo forte, lei, la premurosa moglie, ha un cancro del quale ha voluto sospendere la cura, ma una mente lucidissima. I due coniugi si bilanciano a vicenda, dividendosi i compiti in questo on the road statunitense diretto da un italiano e interpretato da un canadese e un inglese con accento sudista.
Virzì bilancia bene la presenza sullo schermo dei paesaggi, delle autostrade, dei campi, delle spiagge e alle scene di vita quotidiane assolutamente umane e credibili frutto di un'attenta scrittura. Non è uno "spottone" di un italiano con il sogno dell'America, e anche i dialoghi e i riferimenti sembrano assolutamente realistici nonostante facciano parte di una realtà che non appartiene quotidianamente agli sceneggiatori (ma che incredibilmente riusciamo a smascherare quando viene trattata da stranieri).
Paragonato ad altri film geriatrici è sicuramente uno dei migliori degli ultimi anni, sia dal punto di vista dei contenuti, che affronta i diversi aspetti critici di un individuo agli ultimi atti della propria vita, sia per l'intreccio (goliardico e strappalacrime perfettamente bilanciati) che infine per la regia, che è quella che abbiamo saputo apprezzare in capolavori come Il capitale umano e La pazza gioia e che speriamo anche il pubblico americano sappia apprezzare. Se questa è la premessa per future collaborazioni tra Italia e Stati Uniti, le prospettive sono ottime.