4.9.17

Venezia 74: Marvin - La recensione del film di Anne Fontaine con Isabelle Huppert

Di Edoardo Intonti

La pellicola di Anne Fontaine non è certamente l'opera migliore della regista francese, che nella sua carriera ha alternato momenti più "intellettuali" e/o "sperimentali" (Agnus Dei) ad altri chiaramente più commerciali (Coco Avant Chanel).
Martin Clément, all'anagrafe Marvin Bijou,è fuggito dal suo villaggio natale nei Vosgi e dalla sua famiglia che non accettavano la sua "diversità". Contro ogni previsione, lungo la strada, ha trovato qualcuno che ha creduto in lui e nelle sue potenzialità nel teatro. A raccontare la sua storia è lui stesso in una pièce teatrale che, al di là del successo, finirà per trasformarlo. Adattamento del romanzo autobiografico En finir avec Eddy Bellegueule di Edouard Louis.
Il film di formazione a tematica LGBT è ormai una prassi nel panorama occidentale, e anche se spesso capita che siano chiamati in causa registi appartenenti a questa stessa comunità, la Fontaine si rivela particolarmente abile nello sceneggiare (insieme a Pierre Tredivic) la pellicola, lasciando però involontariamente la sensazione di "già visto" anche a causa della recente pellicola di tematica simile Moonlight.

C'è anche volendo uno zampino di La La Land, solo coniugata in ambito teatrale della Parigi meno patinata di quella losangelina e sopratutto con la presenza di Isabelle Huppert nel ruolo di se stessa. Finnegan Oldfield capeggia sul resto del cast, grazie ad una presenza scenica notevole e un'umanità disarmante che hanno fatto emozionare gran parte del pubblico in sala durante la scorsa proiezione in anteprima. Difficile dire se ci sarà un seguito oltre oceano in ambito di premi, ma nel frattempo sicuramente si prenota per il Queer Lion di Venezia.

VOTO: 7,5/10