Quella presentata oggi è forse una delle pellicole più soddisfacenti di questo 74° Festival di Venezia, confermando il talento del regista britannico Martin McDonagh, perfettamente a suo agio con l'ambientazione di una cittadina rurale degli Stati Uniti, il cui ritmo avvincente e mai stancante è merito del passato da commediografo teatrale.
Dopo mesi trascorsi senza trovare il colpevole dell'omicidio di sua figlia, Mildred Haynes fa una mossa audace, realizzando tre manifesti che sembrano un controverso messaggio diretto a William Willoughby, il venerato capo della polizia della sua città. Quando nel caso viene coinvolto anche Dixon, vice del capo della polizia immaturo e con un debole per la violenza, lo scontro tra Mildred e William sull'applicazione delle leggi diventerà sempre più duro.
Come in In Bruges, qui in Tre manifesti a Ebbing, Missouri si discute di giustizia, in questo caso di giustizia mancata nei confronti del colpevole di uno stupro e successivo omicidio. La madre della ragazza, una fenomenale Frances McDormand, è una donna forte, quasi accecata dal dolore della perdita e la rabbia dell'inefficienza della polizia locale, verso cui indirizza la sua protesta neanche tanto silenziosa. Nel metodico tentativo di smuovere le acque di un distretto adagiato sugli allori e dedito più ai piccoli atti di vandalismo che ai veri criminali, la protagonista si abbatte con particolare ferocia contro lo sceriffo interpretato da un Woody Harrelson, che come quasi tutti gli altri abitanti della città, è in realtà un buon uomo.
Come viene spiegato in più passaggi, non sempre, purtroppo, è possibile trovare il colpevole, ed è proprio questo che in realtà tormenta la protagonista, che sarà tentata di spingersi fino al gesto più estremo possibile a costo di poter chiudere quel capitolo della sua vita.
La sorpresa più grande della pellicola è però Sam Rockwell, nel ruolo del vice sceriffo il cui codice morale subirà un'improvvisa inversione di rotta nel finale.
VOTO: 9/10