12.10.17

L'uomo di neve - La recensione del thriller glaciale con Michael Fassbender

Di Simone Fabriziani

Harry Hole, detective a capo di una squadra anticrimine d'élite, indaga sulla scomparsa di una vittima avvenuta durante la prima nevicata invernale. La sua paura maggiore è che un inafferrabile serial killer sia ancora libero di entrare in azione. Con l'aiuto della brillante recluta Katrine Bratt, studia altri casi avvenuti decenni prima con la speranza di trovare collegamenti utili a prevenire le mosse dell'assassino. Scoprirà così che il male è pronto ad agire prima della successiva nevicata  ed è molto più vicino a lui di quanto si sarebbe mai immaginato.Questa è la premessa del film ispirato al bast-seller del brivido scandivano L'uomo di neve, scritto dall'autore di straordinario successo Jo Nesbo  e qui diretto dal regista norvegese Tomas Alfredson , assente da dietro la macchina da presa da sei anni.
Il thriller glaciale di Alfredson riporta sul grande schermo il cineasta scandivano autore di cult come Lasciami entrare e La talpa dopo un gap di ben sei anni, una distanza temporale che non ha portato i buoni frutti che ci si aspettava. Già avvezzo alla trasposizione dalle pagine al cinema con il "Tinker, Tailor, Soldier, Spy" di John Le Carré, Alfredson pigia qui il pedale sul pilota automatico e realizza un adattamento dal pur apprezzabile romanzo di Nesbo dalle tinte glaciali, freddo nell'esecuzione e totalmente privo di un cuore che batta per la mise en scene cinematografica tipica di Alfredson e che riscaldi la gelida Oslo, teatro dei sanguinosi eventi del film.


Diligentemente portato in vita da un gruppo di interpreti tutto sommato svogliati capitanato da un ruvido Michael Fassbender (ma non dimentichiamo il premio Oscar J.K. Simmons, la svedese Rebecca Ferguson, la francese Charlotte Gainsbourg e un riesumato Val Kilmer), il romanzo di Jo Nesbo non segue la scia, ben più fortunata sul grande schermo, della saga di Millennium del compianto Stieg Larsson iniziata con l'ottimo film del 2009 Uomini che odiano le donne. Scevro della carica di femminismo militante dell'universo di Larsson, L'uomo di neve di Alfredson è in fin dei conti un pupazzo di neve abbozzato, pronto allo scioglimento, un prodotto cinematografico troppo in linea con la moda del brivido scandinavo dell'ultimo decennio che pecca però mortalmente: non riesce ad elevare in definitiva il buon materiale originario e, con il timore di tradire le parole di Nesbo, segue un percorso prestabilito all'insegna della prevedibilità senza alcun guizzo, che sia visivo o narrativo.
Un'occasione mancata su più fronti.

VOTO: 5/10