26.1.18

The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story 2x02 "Manhunt" - La recensione

Di Gabriele La Spina

Dopo un primo episodio introduttivo all'universo di The Assassination of Gianni Versace, tanto traballante nello script quanto ammaliante nella forma registica, il secondo appuntamento della serie crime di Ryan Murphy apre un'ulteriore parentesi, senza riuscire a stabilire un filone temporale preciso da seguire: se nel primo episodio la narrazione si è svolta tra l'incontro tra Cunanan e Versace, e il suo omicidio diversi anni dopo, qui si salta dal ritorno di Cunanan a Miami, in piccola parte allo svolgimento delle vita di Donatella e Antonio a seguito della morte di Gianni Versace, e alle loro stesse vicissitudini diversi anni prima. 

Se la serie antologica in questione avesse cambiato l'accezione "crime" con "gossip" probabilmente ne avrebbe guadagnato in coerenza, poiché la componente criminologica sembra annacquarsi per far spazio al filone biografico dedicato alla figura di Versace, una faida familiare con la sorella contraria ai gusti fin troppo invariati del fratello nelle ultime sfilate, e i placidi contrasti con il compagno, solito a intrattenersi con altri uomini, ma desideroso di sposare lo stilista. Ma a differenza della prima stagione dedicata al caso di O.J. Simpson, seppure una produzione distantissima per indole, The Assassination of Gianni Versace ha ancora difficoltà nell'amalgamare tematiche di carattere sociale. Se nella prima stagione abbiamo raccontato la comunità afroamericana, qui faremo luce sulla comunità gay, diceva Murphy nelle prime conferenze stampa sulla stagione, tuttavia così ancora non sembra. Concessa una piccola parentesi allusiva a una possibile malattia di Versace, che come conoscenti della sua comunità teme la sciagura dell'HIV, vi è anche un accenno nell'incontro tra Cunanan e un malato da tempo, ma tutto svanisce velocemente in una moltitudine di ridondanti luoghi comuni. 

Mentre Donatella, interpreta da una goffa Penelope Cruz, procede alla cremazione del fratello infierendo sul senso di colpa del compagno, lo show è ancora una volta di Darren Criss nella costruzione del suo serial killer, in tutti i suoi feticci. Ne viene ancora fuori un ritratto indecifrabile, con l'ossessione per il mito del lusso, ma anche dell'icona che rappresentava Versace. Forse un semplice fan che ha ambito più di altri, osando di spingersi verso un confine impensabile, un mitomane più ambizioso dei tanti che ogni giorno tentano di intrufolarsi nella vistosa villa dello stilista.  

Gli amanti dell'ambiente e delle figure, indubbiamente iconiche, di Gianni e Donatella Versace, seguiranno ancora con fervore le loro vicende incuriositi da retroscena probabilmente infondati, dove il delitto dello stilista è in fin dei conti un ritaglio, e la voglia di elevare la stagione a un carattere impegnato socialmente, per far luce sul rigetto dell'America degli anni '90 verso la comunità LGBT non basta. Un pretesto che si tramuta in giustificazione, per imbastire una stagione di tale richiamo di pubblico, destinata a fare molta più presa nel mondo rispetto al meno conosciuto caso O. J. Simpson, ma che finora resta un capitolo dispensabile per l'antologia crime di Murphy. In attesa di sviluppi più ispirati. 

VOTO: 6/10