Timothée Chalamet, Greta Gerwig e i pentiti di aver lavorato con Woody Allen

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Di Gabriele La Spina

Molte personalità del panorama cinematografico nelle ultime settimane, nel pieno periodo della protesta e iniziativa benefica Time’s Up, hanno avuto da ripensare alla loro collaborazione con il regista Woody Allen, già da tempo accusato di molestie sessuali e stupro alla figlia Dylan Farrow. Rebecca Hall, Greta Gerwig e Natalie Portman, sono solo alcune delle donne che hanno oggi espresso la loro solidarietà nei confronti della Farrow, poco creduta finora, la cui causa ha dato solo vita a voci su un possibile aizzamento dalla madre Mia Farrow, per il divorzio da Allen.

Se la Gerwig, diretta da Allen in To Rome with Love, ha elargito di non collaborare mai più in futuro con il regista, la Hall ha deciso di donare direttamente il suo salario ottenuto per il prossimo film, A Rainy Day in New York, all’organizzazione Time’s Up, mirata alla difesa delle donne vittime di abusi e al loro supporto legale. Lo stesso è per il giovane astro nascente Timothée Chalamet, anche lui nella prossima pellicola di Allen, che vede inoltre protagonisti Jude Law ed Elle Fanning in una relazione amorosa, non solo a Time’s Up ma anche ad altri enti benefici per la difesa. In uno stato ufficiale su Instagram, l’attore ha scritto:

Quest’anno ha cambiato il mio modo di vedere e sentire tante cose; è stata un’educazione entusiasmante e, a volte, illuminante. Ho in arrivo, a questo punto, progetti scelti dal punto di vista di un giovane attore che cerca di seguire le orme degli attori più esperti che ammira. Ma sto imparando che un buon ruolo non è l’unico criterio per accettare un lavoro – è diventato molto più chiaro negli ultimi mesi, avendo assistito alla nascita di un potente movimento intento a porre fine all’ingiustizia, alla disuguaglianza e soprattutto, silenzio. [x]

Più che una rivoluzione, quella che è in atto a Hollywood sembra una presa di coscienza. Certo, il pubblico additerà sempre queste star come ipocrite, mentre tenderà sempre a difendere gli accusati. Ma il quesito che ci si pone è, con quanta sicurezza possiamo affermare quale delle due parti è la vittima? Se per i media creare demoni è un processo immediato, per il pubblico attaccarsi in modo quasi morboso al celebre accusato, e difenderlo con le unghie e con i denti, lo è altrettanto. Eppure ciò che emerge dell’opinione pubblica, è l’immagine di una donna arrivista, aizzatrice, strega; come viene dipinta Mia Farrow, un’assetata di denaro capace di rovinare la vita della stessa figlia manipolandola pur di demolire l’ex marito. È così? I partecipanti al movimento Mee Too sono degli spregevoli untori desiderosi di fama?

Che per il pubblico e non solo, quello hollywoodiano, sia un movimento deleterio e ipocrita, forse poco importa quando alla 32enne Dylan Farrow, viene detto per la prima volta dopo anni: “Ti credo“. Che poi il messaggio provenga da donne del cinema come le già citate Gerwig, Portman, Hall, insieme a Mira Sorvino e oggi Chalamet, è forse un valore aggiunto, poiché la risonanza delle loro voci difficilmente può essere soffocata. 


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