A Beautiful Day – La recensione del film di Lynne Ramsay con Joaquin Phoenix premiato a Cannes

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Di Daniele Ambrosini

Joe è un ex marine, ora divenuto brutale sicario. Joe di giorno vive con l’anziana madre e si prende cura di lei, mentre di notte si infiltra nel sottobosco criminale per guadagnarsi da vivere a suon di colpi di martello. 

Un passato che torna costantemente, un passato doloroso che Joe è costretto a reprimere lo ha portato a condurre questa vita, così alienata, quasi completamente priva di rapporti umani, fatta eccezione per la madre malata, ma allo stesso tempo non priva di valori morali perché Joe non è un sicario senz’anima, è un uomo che sceglie le sue battaglie alla ricerca di una redenzione irraggiungibile. Un giorno viene contatto da un famoso politico che richiede il suo aiuto per salvare la figlia Nina da una casa chiusa dove crede sia costretta a prostituirsi. Joe accetta di tirarla fuori di lì, ma scoprirà ben presto che la faccenda nella quale è stato coinvolto è ben più intricata e pericolosa di quanto potesse immaginare.
Lynne Ramsay costruisce un film coraggioso che preferisce suggerire piuttosto che esplicare, tant’è che molti dei passaggi principali della trama solo vagamente accennati o relegati a veloci scambi di battute, così come alcune scene vengono saltate a piè pari per mostrarne le conseguenze e creare la suggestione dell’azione. Il compito di ricostruire certi passaggi è lasciato allo spettatore che non può non essere partecipe della tragedia personale di Joe. A Beautiful Day (in originale You Were Never Really Here) infatti nasconde sotto la patina del thriller un profondo dramma personale che è il vero cuore del film, tutto è finalizzato a creare empatia con l’impenetrabile e monolitico protagonista, interpretato da un enorme e perfettamente in parte Joaquin Phoenix. A Beautiful Day è un film che all’inizio sembra faticare a carburare ma che senza che lo spettatore abbia modo di accorgersene sta invece avviando un meccanismo perfettamente funzionante grazie al quale il film entra sottopelle ed arriva a colpire in profondità. 
La propensione della Ramsay a lavorare sulle suggestioni, finisce per forza di cose con il creare un film carico di sensazioni, di emozioni recondite, che trova la sua forza maggiore nella magistrale costruzione dell’atmosfera, nel mood cupo, a tratti tetro, e sconfortante del quale la pellicola è intrisa. 
Sempre secondo questa particolare scelta stilistica visiva e narrativa vengono introdotti e portati avanti i due principali temi del film: la violenza e l’infanzia. La prima è sempre presente, è psicologicamente imperante, per questo la regista decide in più occasioni di non mostrarla ma semplicemente di passare all’istante in cui la passione si è spenta – quasi secondo i dettami neoclassici di Winckelmann, a cui fanno riferimento opere come il David di Michelangelo – ed a dominare la scena è il silenzio, in contrapposizione al disordine rumoroso della lotta, è una scelta semplice ma incredibilmente efficace anche nell’ottica della costruzione dell’atmosfera, già vista, anche se in misura minore, nel precedente …E ora parliamo di Kevin; il tema dell’infanzia invece emerge in due differenti frangenti: attraverso gli irrisolti flashback del passato di Joe, che a noi arrivano come frammenti di una memoria che nonostante la volontà del protagonista di reprimerla riaffiora con forza, e attraverso la figura di Nina, una bambina che, nonostante tutto, conserva la sua innocenza, un’innocenza talmente candida da riuscire a scalfire l’armatura di Joe e addirittura a lasciare un segno indelebile sulla sua già martoriata pelle. In A Beautiful Day l’innocenza e la violenza si compenetrano, sono inscindibili ed è proprio questo mix doloroso ad aver generato i fantasmi di Joe e ad aver segnato tutto il suo percorso e così quello dell’intero film fino alla risoluzione finale che appare comunque non definitiva. 
Lynne Ramsay realizza per una sceneggiatura minimalista ma non per questo priva di contenuti, anzi, alla quale affianca una regia incredibilmente curata ma imprevedibile, mirata a ricercare la bellezza nelle piccole cose, nei dettagli. Con A Beautiful Day la regista britannica costruisce un’opera unica e coraggiosa, un film stratificato e tecnicamente molto curato di incredibile bellezza visiva e formale che trascende i generi cinematografici a cui fa riferimento; ma soprattutto un film con un cuore enorme, profondamente sentito dalla sua autrice. Ci uniamo all’appello recentemente lanciato da Ezra Miller, protagonista di …E ora parliamo di Kevin, e speriamo di rivederla sul grande schermo il più presto possibile perché la sua è una voce unica nel panorama cinematografico attuale e merita di essere ascoltata con maggiore attenzione. 

VOTO: 9/10