Classe 1933, Philip Roth è un nome noto più agli appassionati di letteratura che a quelli di cinema. Questo scrittore statunitense è stato infatti uno dei più importanti della sua generazione, uno di quelli che ha saputo raccontare l’America così come era.
Spesso candidato al Nobel, non è mai riuscito a raggiungere l’ambito
riconoscimento; tuttavia le sue opere non hanno mai ottenuto numerosi premi e
sono state trasmessa in gran parte anche al mondo della cellulosa. Dal dramma sul Vietnam, Goodbye Columbus! sino a La Macchia Umana, sono state infatti numerose le sue storie che hanno avuto nuova vita sullo schermo, in particolare negli ultimi anni.
Ecco perché,
oggi 22 giugno, ad un mese dalla sua morte, avvenuta il 22 maggio 2018, possiamo ricordarlo con i migliori
5 film tratti dai suoi romanzi.
dir. Isabel Coixet
Tratto dal
romanzo “L’animale morente” del 2001, Lezioni d’amore di Isabel Coixet è
forse il film che raccoglie nel modo più delicato e completo i temi
fondamentali della scrittura di Roth. La complessa
storia d’amore e gelosia di David (Ben Kingsley) e Consuela (Penèlope Cruz) ha
il sapore di un’elegia (questo era infatti il titolo originale del film). La
cinepresa della Coixet riesce in qualche modo ad accarezzare l’incontro a mezza
strada tra quest’anziano professore e scrittore disilluso e una giovane
studentessa, piena di vita. In questo film, che pare un racconto registico e
narrativo della bellezza stessa, la storia di Roth risulta esaltata ed il film non
pare avere nulla da invidiare ai toni mesti e quasi sognanti del romanzo.
Menzione di merito anche alla fotografia, che si allinea incredibilmente alla
resa delle atmosfere.
Indignazione (2016)
dir. James Schamus
Tratto
dall’omonimo romanzo del 2008, Indignazione potrebbe essere quasi un film
autobiografico. In questa storia Roth pare cogliere uno dei suoi soliti
scrittori disillusi nella sua età più giovane. Ne risulta un ritratto preciso e
malinconico, che James Schamus recupera alla perfezione nella resa
cinematografica. In uno
scenario alla Full Metal Jacket, il giovane Marcus Messner viene raffigurato al
traguardo della sua stanca vita di soldato e allora la voice over ci
accompagna, in un circolo, a ripercorrere gli eventi che lo hanno condotto a quel punto. Amore, desiderio e ateismo si mescolano nell'ambiente rigido e chiuso di un piccolo college dell'Ohio. Di
particolare pregio è l’interpretazione di Logan Lerman, che fa emergere in
egual modo le insicurezze e la decisione dell’eroe di Roth. I virtuosismi della
macchina da presa, che spesso indugia in zenitali e primi piani, possono scusarsi
agli occhi dei ritmi languidi e riflessivi del film, considerando questa storia
come pura descrizione.
La macchia umana (2003)
dir. Robert Benton
Tratto
dall’omonimo e premiatissimo romanzo del 2000, La macchia umana è uno dei primi
romanzi di Roth ad essere approdato sul grande schermo nel 2003. La regia di
Robert Benton riesce ad intrecciare in modi quasi sempre fluidi due drammi
appartenenti ad una stessa persona, Coleman Silk, interpretato da Anthony
Hopkins. Anche qui è presente uno scrittore, Nathan Zuckerman (Gary Sinise)
solo che in questa storia si mantiene ai margini, come un osservatore e la
narrazione è diventa meta narrazione. Spesso
tacciato di non aver abbracciato la vasta varietà di temi presente nel libro,
La Macchia umana può apparire tuttavia come una narrazione interessante. Il
maggiore disappunto probabilmente si riscontra nei momenti nei quali il dramma
potrebbe essere dirompente, eppure appare come congelato in un eccesso di
lirismo.La regia di Benton trova le sue forme migliori nei flashback del giovane
Coleman e si raggiungono picchi recitativi solamente nei drammatici monologhi
di Faunia Farely (Nicole Kidman), tuttavia non si può dire che questo film non
renda completamente giustizia al romanzo.
American
Pastoral (2016)
dir. Ewan McGregor
American
Pastoral del 2016 segna l’esordio di Ewan McGregor dietro la macchina da presa.
Pur non essendo un inizio scoppiettante, si può dare merito all’attore scozzese
di aver reso adeguatamente il dramma di Roth. Al centro
della vicenda vi è, come prevedibile, un bucolico idillio moderno e tutto in
stile americano. Agli ampi sorrisi e alla tranquillità della campagna e della
piccola Newark (città natale di Roth), si oppongono il caos dell’America, degli
anni ’60 e del Vietnam.
Nell’incipit
del film lo spettatore, come l’ignaro scrittore Skip, viene messo al corrente,
come in una favola, della caduta del sogno americano, metaforizzata nello
sfaldamento della famiglia dell’eroico Symon Levov, “ Lo svedese”. Il film
appare godibile ed interessante, anche se nella prima parte fatica un pochino a
reggere i cambi psicologici dei personaggi. Nella seconda parte, nella quale il
dramma trova l’apice, sia l’interpretazione, che i movimenti di macchina di
McGregor sono impeccabili. Lo spettatore può allora percepire tutto il dolore e
la solitudine di un uomo abbandonato dalla figlia, dalla moglie e dalle
istituzioni.
The Humbling (2014)
dir. Barry Levinson
Tratto
dall’omonimo romanzo del 2009, The Humbling è un film retto unicamente dalla
presenza e dall’interpretazione del grande Al Pacino. In un ruolo un po'
diverso dalla filmografia d’azione che ha contraddistinto l’ultima parte della
sua carriera, Pacino si cala nella storia puramente psicologica dell’attore
decadente Simon Axler. La regia di Barry Levinson pare conformarsi ai movimenti
interiori del personaggio e anche se talvolta i ritmi e la sceneggiatura sono
un po' languenti, le atmosfere rarefatte sono efficacemente comunicate.
Anche qui
viene raffigurata storia d’amore con un abbondante differenza d’età, come ne La
Macchia Umana e in Lezioni d’amore; la cinepresa di Levinson indaga però due
piani, quello mentale della follia e dell’allucinazione, e quello carnale, più
crudo. In ultima
analisi, The Humbling pare un ritratto dettagliato di una sveviana senilità.