25.6.18

Papillon - La recensione del remake con Charlie Hunnam e Rami Malek

Di Simone Fabriziani

Charrière prova a sopravvivere al mondo della malavita parigina del 1931. Frequentando le persone sbagliate, finisce per essere accusato ingiustamente di omicidio e detenuto in un carcere sudamericano, immerso nella giungla. Qui, pianifica la sua evasione con la complicità del falsario Louis. La storia di fuga ed amicizia tra i due criminali francesi della prima metà del Novecento ritorna sul grande schermo con Papillon, remake del capolavoro del 1973 stavolta diretto dal regista scandinavo Michael Noer.
Ispirato al racconto autobiografico dello stesso Henri Charriére, il film di Noer si discosta però dal cult del 1973 di Franklin J. Schaffner con le superstar Steve McQueen  e Dustin Hoffman; il regista danese impregna il suo adattamento (qui curato da Aaron Guzikowski dallo script originale di Dalton Trumbo e Lorenzo Semple Jr.) alle dinamiche e ai linguaggi del cinema d'azione della contemporaneità, contando tra l'altro sulla presenza degli aitanti protagonisti Charlie Hunnam e Rami Malek, che di certo non reggono il confronto con i precedenti idoli della New Hollywood, ma che ben amalgamano il connubio tra talento e fisicità al servizio delle incredibili peripezie di Charriére.


Più fedele al materiale pubblicato dallo stesso protagonista della vicenda rispetto alla pellicola di Schaffner, il Papillon di Michael Noer risulta alla fine come un buon film di intrattenimento, a cavallo tra azione, denuncia politica, apologia anticolonialista, ode alla libertà civile e opera d'avventura, senza però mai mordere la sensibilità dello spettatore allineandosi prepotentemente alla standardizzazione contemporanea di genere.
Inutile dire che il pubblico più smaliziato, a film terminato, guarderà con nostalgia all'evento culturale che nel 1973, nel bene o nel male, fu il cult con McQueen e Hoffman. Anche senza voler fare (l'inevitabile e prevedibile) paragone.

VOTO: 6/10