30.9.18

I 10 più grandi ruoli dell'attrice francese Marion Cotillard

Di Giuseppe Fadda

Oggi compie gli anni Marion Cotillard: meravigliosamente espressiva, straordinariamente versatile, la Cotillard è una delle più grandi attrici non solo del cinema francese ma dell’intero panorama cinematografico contemporaneo. Non solo per il suo indiscutibile talento, ma anche per il suo coraggio e la sua integrità artistica che l’ha portata a lavorare con registi di altissimo livello, i quali tra loro non potrebbero essere più diversi.
Ha collaborato con Woody Allen, Christopher Nolan, Xavier Dolan, Tim Burton, Robert Zemeckis e i fratelli Dardenne e, pur avendo lavorato più volte nell’ambiente del cinema americano, non ha mai rinunciato al suo stile fortemente europeo improntato al naturalismo. Le sue performance sono misurate e sottili, che non scadono mai negli eccessi, e quando i ruoli richiedono un approccio sopra le righe l’attrice è in grado di esibire una teatralità che non sfocia mai nella parodia o nell’esagerazione. E’ un’attrice che si mette in gioco, che sperimenta, che espande continuamente i limiti del proprio talento e che non si è mai ritagliata una comfort zone. In onore del suo compleanno, ricordiamo i più grandi ruoli di questa indimenticabile interprete.

Marion Cotillard in "Allied - Un'ombra nascosta".

10. Marianne Baséjour in Allied – Un’ombra nascosta (2016), regia di Robert Zemeckis
Un film riuscito solo a metà, sostenuto da un forte senso estetico e da un’atmosfera suggestiva ma penalizzato da una narrazione farraginosa e da un’interpretazione blanda da parte di Brad Pitt. La Cotillard interpreta Marianne, un’agente della Resistenza Francese, con cui il protagonista Max, comandante dell’aviazione franco-canadese, intraprende una tormentata storia d’amore. La love story al centro della storia non assume mai il carattere iconico e leggendario di quella di Casablanca, film che Zemeckis tenta di emulare, a causa della performance poco convincente di Pitt, eppure la Cotillard riesce a uscirne vincente con un’interpretazione affascinante e complessa che riesce a trasmettere tutte le contraddizioni di Marianne. La Cotillard è un’eccellente femme fatale, seducente, misteriosa ed enigmatica, ma non riduce mai il suo personaggio ad un oggetto di desiderio: anzi, la sua Marianne è una donna di grande coraggio, acume e prontezza d’azione che non ha bisogno né di aiuto né di protezione. Nella seconda metà del film, in cui gli scheletri nell’armadio di Marianne vengono rivelati e la sua storia d’amore con Max viene compromessa, la Cotillard offre il ritratto straziante di una donna divorata dal dolore e dal senso di colpa. Anche quando il film vacilla, l’interpretazione della Cotillard non perde mai il potere ipnotico che ha sullo spettatore: se alla fine Allied – Un’ombra nascosta emerge come un film discreto e non un fallimento, è grazie a lei.

9. Mal Cobb in Inception (2010), regia di Christopher Nolan
Un film brillante che riesce a non perdersi nella sua struttura volutamente complicata, risultando in un’opera tanto coinvolgente quanto intellettualmente stimolante. Il cast è uniformemente credibile, ma l’interpretazione più memorabile è quella della Cotillard, che interpreta Mal, la moglie morta suicida del protagonista Dom (Leonardo Di Caprio). Mal compare solo in flashback oppure come angoscianti proiezioni del subconscio di Dom: quella della Cotillard è una performance volutamente frammentaria, perché Mal non è tanto un personaggio quanto una presenza che può essere alternativamente inquietante, malinconica, aggressiva e devastante. Lo spettatore non conosce mai Mal, conosce solo la percezione che Dom ha di lei: l’interpretazione della Cotillard è un insieme di piccoli spiragli della psiche della donna che nel complesso formano un ritratto psicologicamente ambiguo ma al tempo stesso emotivamente potente.

8. Luisa Contini in Nine (2009), regia di Rob Marshall
Nonostante il suo all-star cast che include attori come Daniel Day-Lewis, Nicole Kidman, Penelope Cruz, Sophia Loren e Judi Dench, Nine è un musical profondamente problematico che non riesce a catturare l’essenza del film a cui ispira, 8 ½ di Federico Fellini. Probabilmente era un’opera già fallita in partenza, perché tentare di rielaborare un regista così unico e personale come Fellini è un’impresa pressoché impossibile. Ad ogni modo, Nine risulta un film prevalentemente vuoto il cui unico elemento veramente memorabile è Marion Cotillard, la cui interpretazioni regge il confronto con quella di Anouk Aimée del film originale. Nel ruolo della moglie costantemente tradita e umiliata, la Cotillard riesce a trasmettere gli anni di risentimento che si celano dietro la sua maschera pacata, dignitosa e indecifrabile. Nei suoi due numeri musicali, “My Husband Makes Movies” e la candidata all’Oscar “Take It All”, l’attrice non solo dimostra notevoli doti canore ma soprattutto raggiunge un’intensità devastante, facendoci penetrare nella dimensione privata e intima di una donna stanca di vivere nell’ombra.

Marion Cotillard in "Macbeth".

7. Lady Macbeth in Macbeth (2015), regia di Justin Kurzel
Questo adattamento del Macbeth di Shakespeare soffre per via di una narrazione eccessivamente lenta ma riesce ad essere un prodotto memorabile grazie alla regia personale e innovativa di Kurzel, una magnifica fotografia che gioca sui toni del rosso sangue e le sensazionali interpretazioni dei due protagonisti, Michael Fassbender e la Cotillard. L’interpretazione dell’attrice offre una prospettiva interamente nuova sul personaggio che non è più ritratto come una manipolatrice machiavellica ma come una donna ambiziosa tormentata dal suo senso di colpa, dalla solitudine (la Cotillard, con il suo accento francese, rende la regina una straniera nella sua stessa corte) e dalla perdita di un figlio (un’aggiunta rispetto all’opera shakespeariana che aggiunge ulteriore complessità ai due protagonisti). L’attrice ha inizialmente una presenza scenica imponente che diventa sempre più pallida man mano che Lady Macbeth precipita nel baratro della follia. Il grande monologo di Lady Macbeth è spesso interpretato come un’esplosione di follia; la Cotillard invece lo esegue in maniera fortemente minimalista, quasi come il flebile sussurro di una donna ormai ridotta al pallido spettro della persona che era una volta.

6. Billie Frechette in Nemico pubblico – Public Enemies (2009), regia di Michael Mann
Forse Nemico pubblico non è all’altezza di tutte le sue premesse, ma è comunque un solido gangster movie, con una buona regia e delle interpretazioni uniformemente convincenti. L’aspetto più memorabile è l’interpretazione di Marion Cotillard, supportata da una sceneggiatura che fornisce al personaggio una caratterizzazione complessa senza relegarla al cliché della gun moll. La Cotillard porta al personaggio carisma e delicatezza, e la relazione tra Billie e John Dillinger (Johnny Depp) risulta toccante e coinvolgente grazie all’intesa che i due attori hanno sullo schermo. È lei che domina la parte finale del film, grazie all’intensa visceralità con cui ritrae la scena del brutale interrogatorio di Billie da parte della polizia. E il suo primo piano che chiude il film, con un amaro sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi, è quasi poetico.

5. Tina Lombardi in Una lunga domenica di passioni (2004), regia di Jean-Pierre Jeunet
Un film raffinato e commovente che racconta la storia di una donna (una bravissima Audrey Tatou) alla ricerca del suo fidanzato disperso dopo la Prima Guerra Mondiale. Marion Cotillard interpreta Tina, una prostituta che decide di vendicare il suo fidanzato, condannato a morte perché disertore. È un personaggio che compare in poche scene, ma la Cotillard è semplicemente sensazionale in ogni scena incarnando alla perfezione la furia vendicativa che guida il suo personaggio. È un personaggio che ci inquieta e ci disturba per la violenza con cui esegue il suo piano, ma nella sua scena finale la Cotillard ci permette di vedere il profondo dolore che si cela dietro alla sua apparente impassibilità e trasforma Tina nel personaggio più straziante di tutta la storia. Per questa interpretazione, l’attrice ha ricevuto un meritatissimo Premio César.

4. Stéphanie in Un sapore di ruggine e ossa (2012), di Jacques Audiard
Malgrado alcuni problemi di ritmo, Un sapore di ruggine e ossa è un film toccante ed empatico incentrato sull’inaspettata storia d’amore tra il rude ma buono Ali (un eccellente Matthias Schoenaerts) e Stéphanie, un’addestratrice di orche che ha perso le gambe in un incidente. L’interpretazione della Cotillard è semplicemente monumentale: è di una potenza devastante nelle scene iniziali in cui ritrae la depressione di una donna che ha perso tutto, e man mano che il film va avanti l’attrice ritrae passo per passo la sua lenta rinascita, trasmettendo il dolore di ogni ricaduta e la gioia di ogni piccolo momento di speranza. E’ una performance ricca di grandi momenti: il suo amaro monologo in cui rimpiange l’attrattiva che un tempo esercitava sugli uomini; la sua prima notte d’amore con Ali; la scena in cui, in sedia a rotelle, ricorda i movimenti che faceva per addestrare le orche sulle note di “Firework” e per un attimo rivive la vita che ha perso. Ma la grandezza della sua performance non sta nelle scene madri, sta nella sua capacità di trasformarsi completamente in un’altra persona e di condividere con lo spettatore ogni momento del suo viaggio alla riscoperta delle bellezze della vita.

Marion Cotillard in "La vie en rose".

3. Edith Piaf in La vie en rose (2007), regia di Oliver Dahan
La vie en rose non è un grande biopic, ma l’eccellenza dell’interpretazione di Marion Cotillard è semplicemente innegabile. L’attrice è straordinariamente credibile nel ritrarre ogni fase della vita della cantante: l’ingenua esordiente, la grande ma problematica cantante e la leggenda morente e dimenticata. Non sfocia mai né nel patetismo né nella condanna, ritrae la donna in tutti i suoi pregi e i suoi difetti, in tutta la sua imperfetta umanità e in momenti chiave (come la morte del suo amante Marcel) raggiunge devastanti picchi di intensità. La sua trasformazione fisica nel ritrarre la diva ormai completamente devastata dall’alcol e dalla morfina è indescrivibile, perché il confine tra attrice e ruolo si perde completamente. Marion Cotillard non imita Edith Piaf, la incarna completamente e cattura la sua anima sullo schermo d’argento. Inoltre, nelle scene musicali, l’attrice ha un’imponente presenza scenica ed esegue forse il lip-synching più credibile della storia del cinema. Per questa performance, la Cotillard è diventata la prima persona a vincere l’Oscar per un film in lingua francese.

2. Ewa Cybulska in C’era una volta a New York (2013), regia di James Gray
Un visivamente sontuoso e profondamente toccante melodramma che narra la storia di Ewa, un’immigrata polacca che arriva in America nei primi anni Venti e diventa una prostituta per poter pagare la cauzione per sua sorella, confinata in quarantena a Ellis Island. La preparazione tecnica dell’attrice, che ha imparato a parlare polacco per interpretare il ruolo, è sempre notevole, ma a lasciare il segno è la calma espressività del suo viso, degno di un’attrice del cinema muto, in cui è nascosta tutta la tragedia della donna. La Cotillard è straziante perché non sceglie di interpretare Ewa come una vittima impotente ma come un’eroina tragica che malgrado tutte le sventure non perde la sua resilienza e determinazione. Il piano sequenza in cui Ewa si confessa ad un prete, cercando un conforto e un perdono che non arriveranno, dovrebbe essere studiato nelle scuole di recitazione.

Marion Cotillard in "Due giorni, una notte".

1. Sandra Bya in Due giorni, una notte (2014), regia dei fratelli Dardenne
Due giorni, una notte è un capolavoro di realismo incentrato sul personaggio di Sandra, un’operaia con problemi di depressione. Il suo capo propone ai suoi colleghi un bonus di 1000 euro in cambio del licenziamento della donna e la votazione verte per il bonus. Un’amica di Sandra riesce a far rimandare il referendum alla settimana successiva, e nei due giorni del finesettimana Sandra decide di visitare uno ad uno i suoi colleghi per convincerli a votare per lei. È un film che, data la premessa, avrebbe potuto essere ripetitivo, e invece non lo è perché a ogni personaggio è garantita una complessità straordinaria: è un film fortemente umano e lo è soprattutto grazie alla Cotillard che scompare nel personaggio per regalare una delle interpretazioni più belle della storia del cinema. Ed è bella perché è vera, perché Sandra potrebbe essere una nostra amica, una nostra parente, una nostra collega, perché Sandra potrebbe essere noi. L’attrice esplora fino a fondo le fragilità e la mancanza di autostima di questa donna ma anche la sua forza interiore che la porta a non demordere malgrado i costanti rifiuti, gli abusi verbali e persino fisici. E man mano che Sandra trova il coraggio di battersi per sé stessa, ci ispira e commuove a tal punto che vorremmo alzarci in piedi e applaudire: il finale è amaramente realistico ma è anche pieno di speranza, perché nel non aver rinunciato alla sua umanità e nell’aver trovato la sua voce e la forza di ricominciare, Sandra ha vinto.