
Di Giorgia Colucci
Una vera e propria carriera versatile quella di Colin Firth. Classe 1960, l'attore britannico è passato dai toni pungenti del teatro wildiano de L'importanza di chiamarsi Ernest, alla comicità composta e travolgente del suo personaggio ne Il diario di Bridget Jones, sino alla straordinaria performance che gli è valsa l'Oscar come migliore attore ne Il discorso del re.
Da giovane promessa della scena teatrale londinese ad attore cinematografico di successo il passo è stato breve e ricco di meritatissimi premi; Firth infatti ottiene nel 2009 non solo il Bafta, massimo riconoscimento cinematografico britannico, ma anche la Coppa Volpi a Venezia per l'intenso dramma A Single Man.
I ruoli per cui lo ricordiamo sono molteplici, da ultimo quello nel musical Mamma mia!, dove questo gentleman si confronta con le prove canore di Meryl Streep. Quali sono però i titoli che raccolgono maggiormente il poliedrico talento di questo attore?
Dir. Sharon Maguire
Tralasciando la copiosa recitazione drammatica di Firth, vogliamo aprire la classifica a lui dedicata con una commedia. Siamo agli inizi del nuovo millennio e, dopo la miniserie del 1995, il nostro beniamino britannico torna a confrontarsi con l'immortale classico di Jane Austen "Orgoglio e pregiudizio". Stavolta però, abbandonando gli sfarzi ottocenteschi, la storia si ambienta in tempi moderni. Anche in questa occasione Firth riesce ad incarnare l'immagine perfetta di Mr Darcy, ricco altezzoso, ma in fondo romantico. La compostezza, talvolta rigida, che spesso lo contraddistingue si rivela un'arma davvero deliziosa ai fini della risata. Allo stesso tempo l'attore è però capace di rivisitare i sintomi di quel travaglio interiore, cui spesso assistiamo nelle commedie. Sfruttando la sua esperienza sulle scene teatrali, Firth riesce a rivisitare e rimodernare il suo Darcy televisivo, offrendo un'ottima controparte alla sprizzante energia della sua coprotagonista Renée Zelweger.
Il discorso del re (2010)
Dir. Tom Hooper
Immancabile in questa classifica, come in qualsiasi altra riguardante il cinema degli ultimi vent'anni, Il discorso del re costituisce forse la miglior prova attoriale di Colin Firth. Dramma e tenerezza costellano un ritratto autentico e veritiero del re balbuziente, Giorgio VI. Lo studio mirato sui vezzi e sulla voce del personaggio sono uniti ad un calore recitativo sensazionale. Il personaggio che Firth riesce a consegnare al pubblico è dunque umano, familiare eppure incredibilmente forte. I timori e le incertezze del suo Bertie non sono mai eccessive, al contrario sono misurate in tutto l'arco del film in modo da fornire allo spettatore la possibilità di empatizzare e d'immedesimarsi. Colin Firth in questo film non si dimostra solo un grande professionista, ma riesce a donare alla sua performance quel particolare che buca lo schermo. Pur ispirando il rispetto dovuto a un re (anche della recitazione), non è mai magniloquente, anche quando verso il finale riesca a guadagnare quell'autorevolezza tanto desiderata dal suo personaggio.
Dir. Jonathan Teplitzky
Dopo l'intesa vincente con Helena Bonam Carter ne Il discorso del re, Colin Firth nel 2013 fa coppia con un'altra grande attrice della scena mondiale e anche in questo caso il risultato è eccellente. Si tratta di Nicole Kidman e la pellicola è Le due vie del destino, oppure nel più indicativo titolo inglese The Railway man. Dopo un avvio brillante, quasi da commedia, la macchina da presa ci conduce nei meandri dell'interiorità e dei ricordi del reduce della seconda guerra mondiale Eric Lomax. La performance di Firth è misurata e toccante, non scade mai nel dramma conclamato nè appare fredda, insomma riesce a trovare quell'equilibrio che arriva allo spettatore, senza però risultare strabordante. Il dramma si ritrova negli occhi, nei gesti e nel rapporto tutto intimo e delicato con la co-protagonista Nicole Kidman. In questa pellicola, forse addirittura più che in altre, si ritrova il segreto delle prove attoriali più riuscite di Firth, un attore che senza necessitare di azioni di grande risonanza o di molte parole, non recita, ma è il suoi personaggi.