6.9.18

Venezia 75: The Nightingale - La recensione del film di Jennifer Kent

Di Daniele Ambrosini

La regista australiana Jennifer Kent aveva ampiamente convinto pubblico e critica con la sua riuscitissima opera prima, quel Babadook che, insieme ad una manciata di altri iconici film come The Witch e It Follows, aveva contribuito a ridefinire i canoni dell’horror moderno; la sua seconda prova dietro la macchina da presa perciò era molto attesa. Definito da Barbera come “una scommessa”, The Nightinagale è l’unico film diretto da una donna in concorso in questa edizione della Mostra del cinema di Venezia, fatto che non ha mancato di suscitare polemiche.


Senza svelare molto della trama, diciamo solo che The Nightingale è un rape and revenge movie d’autore con forti atmosfere western in cui una donna con l’ausilio di uno schiavo aborigeno si mette sulle tracce degli uomini che le hanno rovinato la vita per ucciderli ed avere così la sua vendetta. Date delle premesse simili ci si aspetterebbe un film completamente diverso da quello che poi The Nightingale si dimostra essere realmente.

La prima metà del film è costruita con una lucidità di scrittura impressionante, la Kent crea uno scenario affascinante e pieno di possibilità per la prosecuzione del suo racconto grazie ad una lunga serie di dialoghi taglienti ed incalzanti che in breve tempo ci trasportano dentro la storia, ma dopo la prima ora di film qualcosa smette di funzionare. Se in un primo momento il sapiente uso dell’ironia sembra essere un valore aggiunto per alleggerire delle dinamiche che, per forza di cose, devono essere rese attraverso toni drammatici ed una buona quantità di violenza esplicita, con il proseguire del film inizia a diventare sempre più fuori luogo tanto è predominante rispetto alle tonalità drammatiche del resto della pellicola. Il vero motore comico del film è lo schiavo aborigeno, relegato ad essere la “spalla nera” della protagonista, pur non restando un personaggio bidimensionale; infatti la Kent decide di fare del rapporto tra la sua protagonista, l’usignolo del titolo, e l’aborigeno Mangana, letteralmente “il merlo”, lo snodo centrale della sua pellicola, senza però riuscire ad andare molto in profondità.

Il vero problema di The Nightingale è proprio quello di non riuscire a scavare in profondità in nessun frangente, di non riuscire ad approfondire nessuno degli interessanti spunti disseminati nel corso del film. In questo modo l’interessante sfondo politico dell’Australia colonizzata, nonostante qualche debole tentativo di approcciare l’argomento, non offre mai un reale spunto di riflessione storico-politica o sociale come invece succedeva lo scorso anno in Sweet Country di Warwick Thornton; ma ciò che stupisce di più dalla regista che aveva costruito Babadook come un’enorme metafora, è la totale assenza di chiavi di lettura di qualsivoglia natura all’interno di un film che, pur essendo un revenge movie al femminile, genere che di solito rappresenta dichiarazione di intenti del girl power, finisce per non dimostrare alcun interesse per la trattazione della condizione femminile, finendo per mortificare la propria protagonista e rendere la storia del tutto fine a sé stessa. Nessuna dichiarazione di intenti, niente da interpretare o da desumere, The Nightingale è in definitiva pura narrativa, nonostante le premesse politiche. Siamo in un territorio decisamente diverso rispetto a Babadook e a rovinarne la visione è, in buona parte, anche l’inevitabile confronto tra le due opere, distanti anni luce.

Lungi dall’essere un brutto film, The Nightingale è un film così semplice da sembrare inconcludente, composto da una prima parte molto buona, seguita da una seconda metà che manca di uno sguardo deciso che le conferisca la giusta prospettiva. Pur non riuscendo a dare il massimo in sceneggiatura, il lavoro di regia della Kent resta comunque molto buono, il talento lei ce l’ha, eccome, anche se era lecito aspettarsi di più dal punto di vista narrativo ed anche se al momento è impossibile vedere una continuità all’interno delle sue opere, tanto sono distanti stilisticamente Babadook e The Nightingale. Se c’è un elemento indiscutibilmente positivo nel film sono le straordinarie performance del cast su cui spiccano l’irlandese Aisling Franciosi, una vera rivelazione, e Sam Claflin, alla sua migliore prova d’attore. 

VOTO: 6,5/10