Venezia 75: Shadow – La recensione del nuovo film di Zhang Yimou

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Di Daniele Ambrosini

L’acclamato regista cinese Zhang Yimou, in passato vincitore di due Leoni d’Oro, fa ritorno al Lido, questa volta fuori concorso, con Shadow, un film molto godibile, ma non del tutto riuscito.

Shadow segue la storia di un’ombra, una figura scelta per la sua somiglianza ad un personaggio importante, e perciò fortemente a rischio, del quale prende il posto per far sì che questi non corra alcun pericolo. Il protagonista di Shadow è l’ombra di un noto generale cinese che, di sua iniziativa, ha dichiarato guerra alla vicina città di Ying, perduta da tempo e con la quale il re ha intenzione di mantenere rapporti di pace. Questo suo gesto gli farà perdere il suo grado di generale e la simpatia del re, ma non lo fermerà dall’ingaggiare una battaglia personale contro il general di Ying: chi risulterà il vincitore tra i due otterrà il controllo della città. Il generale del quale ha preso il posto istruirà l’ombra sulle raffinate tecniche di combattimento che gli saranno necessarie per vincere la battaglia. Intrighi di corte, piani segreti ed una lunga serie di rivelazioni a sorpresa conducono il film ad un finale dal sapore epico.


Shadow mette in scena una storia non particolarmente originale, ma nonostante questo molto curata, che mette in gioco tutti gli elementi tipici del wuxia pan e che ne segue per filo e per segno gli schemi compositivi. Il film di Yimou ha le idee molto chiare su dove vuole andare a parare ed è pienamente cosciente del percorso che deve fare per arrivarci; infatti tutto è costruito in funzione di un climax finale che non si esaurisce con l’imponente scena di battaglia per la riconquista di Ying, ma che, invece, riguarda un ristretto gruppo di personaggi, ed in particolare quello che è il vero fulcro della storia: l’ombra. E questa attenzione alla componente narrativa, supportata anche dalla sicurezza che può fornire l’appartenenza ad un genere così codificato, è sicuramente l’elemento che rende Shadow un film godibilissimo. Ma, nonostante il film non manchi di concedersi toni estremamente drammatici, manca quel qualcosa che renda Shadow qualcosa di più di un semplice film di intrattenimento.
Buona parte del film procede con un tono fortemente drammatico, si avverte una certa gravitas in molti dei dialoghi, molto riflessivi, che spesso vertono sul tema dell’onore. Si respira un’aria quasi shakespeariana, di tanto in tanto. Persino la fotografia, settata su una interessante scala di grigi, rende l’atmosfera intorno ai protagonisti opprimente ed alquanto drammatica. Ciò che poi vanifica il coraggio di certe scelte sono le continue strizzate d’occhio per il grande pubblico; il bisogno di aumentare sempre di più la portata epica della storia, fino ad arrivare a renderla quantomeno esagerata, unito alla volontà di alleggerire il tutto, inserendo una discreta dose di ironia e un paio di trovate al limite del trash durante le scene d’azione, finisce per rendere Shadow niente di più di un film d’intrattenimento, che ogni tanto si prende troppo sul serio. Il tono drammatico con cui viene portata avanti la storia dell’ombra, che all’inizio sembrava essere un valore aggiunto, diventa fuori luogo nel momento in cui vediamo un intero esercito combattere con un ombrello fatto di pugnali. 
Shadow cerca di nascondere sotto la sua patina da film d’autore impegnato la sua natura di film commerciale, maggiormente interessato agli aspetti più sensazionalistici della sua storia che a qualunque altra cosa. E proprio per questo Shadow alla fine si guarda volentieri, ma si capisce che aveva il potenziale per essere qualcosa di più di un semplice film d’intrattenimento mascherato.
VOTO: 5,5/10

 


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