24.10.18

Roma 2018: Millennium - Quello che non uccide - La recensione del thriller con Claire Foy

Di Massimo Vozza

Presentato oggi in anteprima al Roma Film Fest, Quello che non uccide, nuovo capitolo della saga di Millennium, prosegue con scarsa coerenza cinematografica e impronta narrativa il film del 2011 di David Fincher interpretato da Rooney Mara e Daniel Craig, qui sostituiti da un’imperfetta ma volenterosa Claire Foy (First Man) e un insoddisfacente Sverrir Gudnason (Borg McEnroe).
Questa volta la pirata informatica Lisbeth Salander si ritrova invischiata in una ragnatela intessuta di agenti segreti, criminali computerizzati e funzionari governativi corrotti; avrà nuovamente bisogno del giornalista Mikael Blomkvist per sopravvivere e affrontare finalmente, faccia a faccia, i fantasmi del suo passato.

Il film è basato sull’omonimo romanzo scritto dallo svedese David Lagercrantz che ha proseguito la saga dopo la conclusione della trilogia originale del defunto Stieg Larsson. Come è cambiato l’autore dietro l’opera letteraria, cambia il regista: Fede Álvarez (La casa) sostituisce Fincher cercando di richiamare la sua impronta autoriale solo in parte e con risultati non abbastanza soddisfacenti; sulla carta è stato intelligente il non proseguire il prodotto in lingua inglese precedente, peccato che davanti a questo nuovo inizio ci sembra di guardare un film che tradisce l’universo di riferimento: la sceneggiatura è estremamente americanizzata, con conseguente eccesso di sequenze d’azione e inseguimenti, e perde il suo tocco europeo sia dal punto di vista estetico che narrativo finendo per assomigliare quindi a uno dei tanti thriller commerciali hollywoodiani al quale però non viene dato il giusto pathos perfino duranti i (forse perché prevedibili) plot twist.


A risentirne maggiormente è però proprio la protagonista, la cui essenza e umanità si dovrebbe palesare sottilmente tra le fessure del suo stato psicologico asociale e apparentemente distaccato; Lisbeth finisce per assomigliare a uno 007 simile a quello di Skyfall, opera al quale il film strizza l’occhio più volte compresi i titoli di testa, senza che la sua condizione acquisti sufficiente spessore. Inoltre il rapporto con Mikael perde di centralità e viene inserito nella storia superficialmente: il suo personaggio ai fini della storia risulta in conclusione praticamente inutile, anche perché soffocato dai personaggi femminili potenzialmente più interessanti (comprese le villain).

Puntare sulla forza e indipendenza delle donne in questo capitolo era pure una buona partenza ma purtroppo viene mal portata avanti e finisce per inserirsi in schemi visti e rivisti, diretti in modo frenetico e focalizzati troppo sull’intrattenimento che, anche se discreto, non è quello che ci si aspettava e sperava.

VOTO: 5/10