Di Giuseppe Fadda
Dopo Lone Survivor, Deepwater: inferno sull'oceano e Boston - caccia all'uomo, il regista Peter Berg torna a collaborare con Mark Wahlberg: a differenza dei tre film sopracitati, Red Zone - 22 miglia di fuoco non è basato su eventi realmente accaduti ma su una storia scritta da Lea Carpenter (autrice anche della sceneggiatura) e Graham Roland e forse questo film è la prova che Berg rende meglio se alle prese con una storia di vita vissuta.
Nessuno dei tre film precedenti era esente da difetti, anche notevoli, ma si trattava comunque di opere discretamente interessanti, capaci persino di emozionare grazie alla potenza del materiale di partenza. Red Zone - 22 miglia di fuoco, invece, è un film sovraccarico di difetti che non solo è tecnicamente maldestro e ideologicamente discutibile, ma anche del tutto incapace di trattenere. Le precedenti collaborazioni Berg-Wahlberg si inserivano tutte su un livello mediamente discreto; quest'ultima, invece, non rasenta neanche lontanamente la sufficienza.
Dopo Lone Survivor, Deepwater: inferno sull'oceano e Boston - caccia all'uomo, il regista Peter Berg torna a collaborare con Mark Wahlberg: a differenza dei tre film sopracitati, Red Zone - 22 miglia di fuoco non è basato su eventi realmente accaduti ma su una storia scritta da Lea Carpenter (autrice anche della sceneggiatura) e Graham Roland e forse questo film è la prova che Berg rende meglio se alle prese con una storia di vita vissuta.
Nessuno dei tre film precedenti era esente da difetti, anche notevoli, ma si trattava comunque di opere discretamente interessanti, capaci persino di emozionare grazie alla potenza del materiale di partenza. Red Zone - 22 miglia di fuoco, invece, è un film sovraccarico di difetti che non solo è tecnicamente maldestro e ideologicamente discutibile, ma anche del tutto incapace di trattenere. Le precedenti collaborazioni Berg-Wahlberg si inserivano tutte su un livello mediamente discreto; quest'ultima, invece, non rasenta neanche lontanamente la sufficienza.
Il protagonista della storia è James Silva (Mark Wahlberg), un agente della CIA di istanza in Indonesia a capo di una squadra chiamata Overwatch. L'obiettivo del team è di trovare e distruggere riserve di cesio prima che possano essere utilizzate per fabbricare armi di massima distruzione. Un giorno si presenta all'ambasciata americana Li Noor (Iko Uwais), un informatore che conosce la posizione dell'ultima riserva ma che la rivelerà solo ad una condizione: la squadra lo condurrà al sicuro fuori dal paese, dove è braccato dagli agenti dell'intelligence indonesiana. Silva e i suoi compagni percorrono le 22 miglia che separano l'ambasciata dall'aeroporto, cercando di difendere se stessi e l'informatore dagli agguati e imprevisti che si presentano sul loro cammino.
La trama del film si presta ad una narrativa dinamica e il ritmo è sicuramente sostenuto, ma ciò non basta per renderlo avvincente: non c'è un crescendo di intensità, solo una sequenza frenetica e ininterrotta di scene d'azione che a loro volta non funzionano perché sembrano puntare esclusivamente sull'estrema violenza e su un montaggio fastidiosamente confusionario. Non c'è una coerenza artistica e non viene offerta una prospettiva personale: sullo schermo c'è solo un caos che per quanto dirompente non può coprire la vuotezza del film. Anche i personaggi sono poco più che macchiette e gli attori (tra cui Lauren Cohen e la wrestler Rhonda Rousey) ricoprono i loro ruoli con blanda efficienza: fanno ciò che la sceneggiatura esige da loro, ovvero molto poco. E' frustrante vedere una leggenda come John Malkovich e una giovane promessa come Emily Skeggs (così brava nel suo piccolo ruolo ne La diseducazione di Cameron Post) sprecati in ruoli che non rendono giustizia al loro talento. Sono solo due i personaggi a cui viene garantita una caratterizzazione un minimo più complessa: Silva e Noor. E se l'interpretazione di Wahlberg è monocorde e a tratti persino irritante, quella di Ukwais è senza dubbio l'unica nota positiva del film. L'attore e artista marziale ruba ogni singola scena con il suo ritratto tanto energico nelle scene d'azione quando enigmatico nelle altre.
La più grande colpa di Red Zone - 22 miglia di fuoco non è il fatto che sia un film tecnicamente inefficente: è la sua totale assenza di profondità. E' un film che non ha nulla da dire se non raccontare (male) una storia scontata e spesso prevedibile. Ed è un film che, soprattutto se inserito nell'attuale panorama storico-politico, è imperdonabile: non perché sia direttamente misogino, ma perché promuove un ideale fortemente machista mascherato da una falsa retorica femminista; non perché ritragga episodi di violenza brutale, ma perché lo fa in maniera completamente acritica, indifferente e asettica. Probabilmente tutto questo traspare in maniera del tutto inconsapevole, senza che questa fosse l'intenzione di Berg, e in un certo senso è peggio. Red Zone - 22 miglia di fuoco rappresenta un tipo di cinema noncurante nei confronti del mondo e privo di alcuna prospettiva. E di film del genere non se ne sente il bisogno.
Red Zone - 22 miglia di fuoco uscirà nelle sale italiane il 15 novembre.
VOTO: 3.5/10