Joker è noto per essere uno dei nemici storici di Batman. Ma la storia del suo alter ego Arthur Fleck rivela come un uomo trascurato dalla società possa riversare tutta la sua grinta in qualcosa che sarà di futuro monito per tutto il mondo. Sbarca in concorso alla 76° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia il primo cinecomic mai presentato in una kermesse festivaliera. Ma si può ancora parlare di cinecomic per il Joker diretto da Todd Phillips?
C'è voluto del coraggio da parte della Warner Bros. Pictures e della DC Entertainment per convincere la Biennale di Venezia ad accettare un lungometraggio ispirato al mondi dei comics americani in competizione per il Leone d'Oro; roba da grandi incassi, pubblico adorate, botteghini ricchi ed incassi mondiali assicurati. Molta parte della critica pura e dura storcerà il naso della presenza del film di Todd Phillips in concorso per il premio maggiore del festival italiano, ma il nuovo racconto della nemesi più temibile del prode Batman riesce a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nelle più contemporanee forme del racconto sul grande schermo di universi di finzione a stelle e strisce, con dignità, senso del gusto visivo ed esemplare costruzione dei suoi protagonisti.
Impossibile non riuscire a creare una forte empatia con il fragile e complessato Arthur Fleck (un Joaquin Phoenix al massimo delle sue capacità recitative), freak rigurgitato da una società balorda in una Gotham City a cavallo tra gli anni '70 e '80 già emblema di una società americana vittima del capitalismo dei sentimenti e delle "diversità umane" in cui gli eroi dello status quo appaiono più come freddi calcolatori, nemici giurati del benessere e della sanità mentale e morale del consorzio sociale. A Gotham, e ad un'America addormentata dal sonno della ragione, c'è bisogno di un nuovo modello, un eroe oscuro per cui parteggiare, fino a quando però non sarà più possibile farlo per noi spettatori.
La complessità, e l'eternità del Joker creato dai fumetti negli anni '40 come acerrimo nemico dell'incappucciato vigilante degli oppressi Bruce Wayne/Batman, risiede proprio qui, almeno nella azzeccata riscrittura da zero operata da Phillis assieme a Scott Silver: trasformare dai bassifondi di una America cattiva ed indifferente un'anima fragile e disturbata in terrificante monito verso le generazioni future. A cavallo tra strizzatine d'occhio all'universo DC, al piacere delle tavolozze dei fumetti nello straordinario impianto visivo, e nelle ispirazioni colte al cinema migliore di Martin Scorsese, di cui il Joker si fa erede ideale di capolavori anticonformisti come Taxi Driver e Re per una notte. Un progetto cinematografico sul sottile filo dell'omaggio al grande regista italo-americano che ha convinto anche un Robert De Niro in grande forma a prenderne parte in un imperdibile ruolo meta-cinematografico.
VOTO: 8/10