3.9.19

Venezia 76: Guest of Honour - La recensione del film di Atom Egoyan con David Thewlis e Luke Wilson

Di Massimo Vozza

Questa edizione della Mostra del cinema di Venezia è ormai oltre il giro di boa e la stanchezza sembra aumentare di pari passo alla scarsa qualità della maggioranza dei film. La controprova è nel non riuscito Guest of Honour dove torna innanzitutto il tema della famiglia, nello specifico il difficile rapporto tra un padre e una figlia, in un dramma dalle tinte thriller che gira intorno al senso di colpa e alla redenzione. 

Passando da un diverso piano temporale all’altro, l’opera racconta la complicata relazione tra Jim, ispettore sanitario ed ex ristoratore, e la figlia Veronica, una giovane insegnante di musica. In seguito a uno scherzo vendicativo finito male, la donna viene condannata per abuso di autorità nei confronti del diciassettenne Clive; seppur innocente, Veronica pensa però di meritare una punizione per reati commessi tempo prima, reati che Jim inizia pian piano a scoprire. 

La ricerca e il giungere ad una rivelazioni sarebbero essenziali in un film con una simile trama che si presta particolarmente al cinema di genere, eppure il regista e sceneggiatore canadese di origini armene Atom Egoyan preferisce non rendere mai interessanti gli eventi che scopriamo attraverso i flashback, rivelando inoltre troppo presto la maggior parte degli elementi che servono per ricomporre un puzzle tutto sommato semplice e poco accattivante nella sua forma finale. Necessitava invece un’attenzione più curata il percorso psicologico dei due protagonisti, potenzialmente più avvincente, e l’incomprensione reciproca che ha intaccato il loro legame; nonostante sia loro riservata una buona presentazione, soprattutto per quel che riguarda Jim, la cui meticolosità nel lavoro e indole tranquilla vengono immediatamente colte dallo spettatore, i due si perdono nei meandri di una storia che non va da nessuna parte, in particolare modo dal punto di vista emozionale, e aggiungerei stranamente visto che la vita riserva loro una serie di lutti non indifferenti. Per non parlare poi dei traumi, motori principali dell’intero film, che non ci è dato sapere come abbiano inciso sul lungo arco temporale dell’esistenza di padre e figlia che ci viene tenuto nascosto, come se non esistesse un percorso tra l’incidente scatenante avvenuto durante l’infanzia della ragazza (per non parlare del successivo durante l’adolescenza) e la dissoluzione della famiglia della quale siamo informati quando Veronica è già detenuta e adulta. 

Probabilmente questo non sarebbe bastato a farci parlare di un buon film ma ne avremmo comunque lodato la cura e attenzione che non possono semplicemente fermarsi a un discreto montaggio, qualche inquadratura ben studiata dal punto di vista della fotografia e l’attenzione della macchina da presa per alcuni dettagli. Lodevole resta comunque l’interpretazione di David Thewlis affiancato ahimè da una mortificante Laysla De Oliveira e un Luke Wilson nel ruolo di un prete che serve come pretesto per creare una sorta di cornice alla storia. Guest of Honour è quindi una titolo tutt’altro che ispirato e accattivante, il quale sembra seguire un canavaccio piuttosto che una vera e propria sceneggiatura strutturata e profonda. Faceva freddo in sala ma la colpa vi assicuro non era solo dell’aria condizionata. 

VOTO: 5/10