22.10.19

Judy - La recensione del biopic con Renée Zellweger candidato a 2 Oscar

Di Simone Fabriziani

Judy Garland, leggendaria artista, nel 1968 arriva a Londra per tenere una serie di concerti. Per lei si tratta di un periodo non felice: la sua situazione finanziaria non è delle migliori e la sua vita privata è un completo disastro. Da una sceneggiatura firmata da Tom Edge ed ispirata alla piéce teatrale di Broadway "End of the Rainbow" di Peter Quilter, arriva prossimamente nelle sale italiane Judy. Dirige il regista britannico Rupert Goold. (The Hollow Crown, True Story).
Di matrice televisiva, Rupert Goold imposta l'adattamento dell'opera teatrale statunitense senza particolari sussulti: Goold è qui al suo secondo lungometraggio cinematografico, e di certo si sta facendo le ossa, in particolar modo mettendosi in maniera volenterosa, seppur manieristica e talvolta enciclopedia, dietro le quinte di un film biografico pulito, rigoroso, privo di guizzi narrativi di alcuna guisa, vecchio stile e che strizza l'occhio ad una audience di una certa età anagrafica.

In tal senso il Judy di Rupert Goold si perde istantaneamente nell'oceano composto dalle tante gocce che formano l'ormai redditizio sotto-genere cinematografico della biografia, ed è sopratutto alla luce di questo limite intrinseco che assume maggiore spessore la volontà di ancorare il lungometraggio sulle spalle di una mimetica, seppur talvolta scolastica, Renée Zellweger nei panni dell'icona Judy Garland.

Solamente attraverso la lente di ingrandimento della rinascita dalle ceneri dell'attrice premio Oscar assente sul grande schermo per alcuni anni che si può valorizzare il suddetto film biografico. In questo caso, è la stessa messa in gioco di una Zellweger a tratti irriconoscibile che ne aumenta il pregio; è nella straordinaria interpretazione canora dell'interprete americana che l'anima vera di Judy Garland vive nuovamente(un'anima ferita, solitaria, vittima di un sistema, quello dell'industria hollywoodiana dei tempi d'oro che l'ha trasformata in vittima senza meta).

Senza il commitment attoriale di Renée Zellweger, pur costretta dietro ad un lavoro di trucco e parrucco a tratti limitante, Judy non sarebbe potuto esistere, avrebbe perso credibilità anche di fronte allo spettatore più esigente. Il resto, a partire dalla fase di scrittura operata da Tom Edge, non si naviga lontano dalle acque dell'approssimazione enciclopedica degli ultimi mesi di vita di una diva del cinema e della musica americana che merita però l'attenzione del grande schermo. Rimandati i tempi per un racconto rivoluzionario di Judy Garland, però.

VOTO: 6/10