The Essential Ingmar Bergman: i capolavori del regista svedese premio Oscar

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Di Simone Fabriziani

Classe 1918, il regista e sceneggiatore svedese Ingmar Bergman nasce il 14 luglio della seconda decade del Novecento ad Uppsala, città scandinava che dà i natali ad uno dei più grandi geni della settima arte di tutti i tempi.

L’influenza del cinema di Bergman è tutt’oggi pregna e presente nella cura dello scavo psicologico dei personaggi e dei contasti narrativi, nell’importanza dei valori intrinseci della psicanalisi e nei meccanismi della mente: dal ricordo alla valenza onirica del sogno, fino al rapporto conflittuale (e le sue conseguenze) con la famiglia.
Appassionato fin dalla gioventù dal’inganno del teatro e dalle illusioni del palcoscenico, Ingmar Bergman ha cambiato per sempre la faccia del cinema internazionale a partire dagli anni ’50 fino agli anni ’80. Un lasso di tempo che ha regalato al mondo capolavori indiscussi del grande schermo.
Detentore di un record negativo nella storia degli Academy Awards assieme a Federico Fellini, Bergman è stato nomination all’Oscar ben 9 volte senza mai vincere una statuetta individuale. A portarsi però a casa la statuetta al miglior film straniero sono stati tre titoli da lui diretti: Come in uno specchio (1961), La fontana della vergine (1960) e Fanny e Alexander (1982).
Se titoli come Il posto delle fragole e Il settimo sigillo sono dei classici senza tempo, i nostri 3 titoli essenziali del regista svedese sono meno scontati, anche se altrettanto premiati e acclamati ancora al giorno d’oggi:
Persona (1966)
Elisabeth Vogel, nota attrice, un giorno incomincia a rifiutarsi di parlare, chiudendosi in un ostinato mutismo. Le viene affiancata un’infermiera che incomincia a raccontarle la sua vita privata. Le confessioni della donna si fanno via via più intime. Ma l’attrice in una lettera svela i segreti dell’infermiera. Uno dei tanti, splendidi ritratti sull’orlo di una crisi di nervi di due donne e delle loro nevrosi. Quasi sul filo della maniera, ma con un’intensità non comune. Celebre la scena dei profili delle due donne che compongono un unico volto, l’inizio con la pellicola che fisicamente prende fuoco, la parola finale della protagonista. Tra i film più impenetrabili della storia del cinema moderno.


Sussurri e grida (1972)
In una villa immersa nei colori autunnali di un parco alla periferia di Stoccolma, la quarantenne Agnese sta morendo di cancro. Al suo capezzale sono accorse le sorelle Karin e Maria che da tempo non erano più in contatto con lei. Sposata con un uomo più anziano di lei, Karin è una donna impietosa che odia il prossimo e ha un forte disgusto per il contatto fisico. Cinque nomination all’Oscar tra cui film e regia, statuetta per la splendida fotografia.

Fanny e Alexander (1982)
La tormentata saga della famiglia Ekdhal di Uppsala agli inizi del secolo, vista con gli occhi dell’adolescente Alexander e della sorellina Fanny. Fortemente autobiografico, è il film-testamento di Bergman e un omaggio al teatro e al cinema: due mondi nei quali “tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile”. Candidato a 6 premi Oscar, e vincitore di 4 statuette, un’enormità nel 1983 per un film non in lingua inglese.

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