20.2.21

I Care a Lot - La recensione della black comedy con Rosamund Pike

Di Giuseppe Fadda

"Io ero come voi. Pensavo che il duro lavoro e la correttezza mi avrebbero portato successo e felicità. Invece no. La correttezza è un inganno inventato dai ricchi per farci restare poveri. E io sono stata povera. Ma non mi si addiceva. Perché ci sono due tipi di persone a questo mondo: quelle che prendono e quelle a cui viene preso. Predatori e prede. Leoni e agnelli. Mi chiamo Marla Grayson e io non sono un agnello. Sono una cazzo di leonessa". Queste sono le parole con cui si apre I Care a Lot, prima commedia del regista J Blakeson, dopo il thriller La scomparsa di Alice Creed (ben accolto dalla critica) e il film fantascientifico La quinta onda (meno). Queste parole sembrano promettere un film scorretto, feroce, deliziosamente sovversivo: il regista (nonché sceneggiatore) e la magnificamente diabolica Rosamund Pike si assicurano che questa promessa venga mantenuta.

Marla è una truffatrice che ricorre a medici corrotti e giudici non particolarmente sagaci per ottenere la tutela legale di anziani facoltosi, che rinchiude prontamente in case di riposo per intascarsi i loro beni. Certo, non è sempre così felice, specie quando ci sono i figli di mezzo. Ma come dubitare di Marla, così efficiente, eloquente e posata, così determinata e sicura di sé, con quel caschetto senza un capello fuori posto e quel garbato sorriso a trentadue denti? Non è facile rendere giustizia alla bravura di Rosamund Pike in questo ruolo: è sufficientemente falsa da strizzare l'occhio allo spettatore ma non a tal punto da compromettere la credibilità del personaggio all'interno della finzione narrativa; sguazza nell'amoralità di Marla con gusto e energia, tanto da renderla semplicemente irresistibile malgrado tutto; e soprattutto, è immensamente divertente. Già in Gone Girl - L'amore bugiardo l'attrice aveva dimostrato di sapersi giostrare tra suspense e black comedy, ma qui le sue doti umoristiche sono sfruttate al massimo. Il tempismo comico con cui, in risposta a una velata minaccia, sbotta "E perché cazzo dovrei darle retta?", trattenendo a stento una risata, è da manuale.

Quando Marla incappa in Jennifer Peterson (Dianne Wiest), pensa di avere davanti la vittima perfetta, una "ciliegina": sola, senza figli né parenti e dannatamente ricca. Ma l'anziana e apparentemente indifesa signora riserva più di una sorpresa e Marla finisce sempre più invischiata in un gioco molto pericoloso - ma da cui la donna non è disposta a sottrarsi perché la posta in gioco è troppo alta. Lo ribadisce più volte nel corso del film: lei deve essere ricca e non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo obiettivo. La trama si sviluppa con un avvincente susseguirsi di colpi di scena, ben congegnati, anche se singoli dettagli non sono perfettamente chiari o giustificali. Ma le minime incongruenze narrative contano poco quando si ha una sceneggiatura così attenta e brillante, e soprattutto un cast così ben assortito. La sempre grande Dianne Wiest entra in scena incarnando l'archetipo dell'anziana vulnerabile e impotente, per poi passare il resto del film a decostruirlo rivelando un personaggio ben più imprevedibile. Eiza González, che interpreta la più assennata partner (sentimentale e in crime) di Marla, ha il ruolo forse più ingrato, meno appariscente, ma anche fondamentale nel presentare un elemento di umanità che faccia da contraltare ai personaggi quasi mostruosi che popolano il film. Il sempre bravo Peter Dinklage è un divertente, riuscito villain e Chris Messina è squisitamente viscido nelle sue poche ma memorabili scene. 

Ma per quanto bravi siano tutti gli altri attori, il film, dall'inizio alla fine, appartiene a Rosamund Pike. L'attrice regala una performance divertente e divertita, ferocemente perversa, sempre perfettamente in bilico tra l'esagerazione e la misura. Ed è attraverso la sua interpretazione che prende forma la satira del film, contro una società ipocrita, in cui ottiene successo chi calpesta coloro che sono abbandonati e trascurati dallo Stato, e chiama la prevaricazione "duro lavoro". Marla è moralmente ripugnante, ma le persone che le stanno attorno sono davvero migliori di lei? Non è semplicemente il prodotto della società che l'ha creata? L'avvocato interpretato da Messina, in una scena, la definisce il perfetto esempio del sogno americano, ed è così. Il film di Blakeson ironizza tanto su questa mentalità, quanto sul femminismo neoliberale, che riduce l'emancipazione della donna a meri slogan, ad un'ideale di girlboss che non mette in discussione le strutture che la opprimono ma vuole semplicemente entrarne a far parte. "Sono una leonessa" dice Marla, mentre gioisce perché è riuscita a impedire i contatti tra una delle sue "prede" e suo figlio. Ma, ancora, quanto la si può biasimare? Non è questo che insegnano il neoliberismo e il sogno americano, prendi quello che puoi, quanto puoi e come puoi, perché tutto ciò che conta, alla fine, è il profitto? Tanto, a cose fatte, si può sempre dire di averlo ottenuto col duro lavoro.  

I Care a Lot è disponibile su Prime Video dal 19 febbraio 2021

Voto: 8/10