
Di Simone Fabriziani
Perché vedere La fiera delle illusioni - Nightmare Alley
Tratto al romanzo omonimo di William Lindsay Gresham che già aveva ispirato un film del 1946 diretto da Edmund Goulding con Tyrone Power, La fiera delle illusioni è l'atteso ritorno dietro la macchina da presa del regista messicano dopo il successo di pubblico, di critica (e di Oscar) di La forma dell'acqua nel 2017. E ritorna dietro la macchina da presa e alla scrittura (questa volta coadiuvato da Kim Morgan) con un lungometraggio tetro e serioso, scevro di ogni elemento sovrannaturale ma non per questo privo di poetica squisitamente appartenente al cineasta messicano. L'autore di piccoli gioiellini come La spina del diavolo, Il labirinto del fauno ma anche dei giocattoloni come Pacific Rim oppure i cinecomic dedicati a Hellboy, sceglie di trasporre la materia letteraria del capolavoro noir di Gresham trasformandola in un film solo apparentemente poco ambizioso.
Quello che fa La fiera delle illusioni è scandagliare la natura umana più primordiale (quella legata all'avidità del denaro, la sopraffazione, la supremazia sull'altro analizzati come istinti appartenenti esclusivamente al mondo bestiale) usando l'espediente del genere noir, così lontano oggigiorno dal modo di fare cinema, di raccontare storie per il grande schermo tanto che il Nightmare Alley di Guillermo del Toro sembra quasi un capriccio personale del regista dal gusto anacronistico. Di certo la lunghezza del film è particolarmente dilatata, non tutto nel conto della scrittura dei personaggi e delle situazioni sembra tornare, eppure basterebbero solamente i volti di Bradley Cooper e di Cate Blanchett a convincere anche i più titubanti a pagare il biglietto: il primo, nei panni dell'imbonitore Stan Carlisle, è nel ruolo più convincente e complesso della sua carriera, la seconda continua a rubare la scena, stavolta nei panni di una psichiatra truffaldina che sembra più vestire i panni della "femme fatale" degli anni '40.
VOTO: ★★★