Di Marco Ascione
Buon sangue non mente. La Blumhouse Productions, insieme al regista Scott Derrickson, lo sceneggiatore Robert Cargill e l’attore Ethan Hawke, che nel 2012 ci fecero dono di Sinister , oggi tornano con un piccolo gioiello che apre la strada alla stagione preferita per gli horror. Black Phone è tratto dall’omonimo racconto presente all’interno della fortunata antologia “20Th Century Ghosts”, del 2005, scritta da Joe Hill, che molti ricorderanno come l’autore della graphic novel di “Lock & Key” da cui è tratta la serie originale Netflix.
A occuparsi dell’adattamento cinematografico troviamo Christopher Robert Cargill insieme a Scott Derrickson (regista di Doctor Strange) che ne hanno curato anche la produzione insieme a quel genio di Jason Blum. Il film distribuito dalla Universal Pictures, da sempre attenta alla cinematografia horror, arriverà nelle sale italiane il prossimo 23 giugno. Il film ci racconta di Finney Blake, interpretato dall’attore emergente Mason Thames, bullizzato a scuola e maltratto dal padre, che viene rapito da "Il Rapace", killer di bambini. Rinchiuso, da quest’ultimo in uno scantinato insonorizzato con attaccato alla parete un telefono nero scollegato, Finney Blake comincerà a ricevere delle chiamate da tutti quei bambini che non sono riusciti a fuggire da Il Rapace, quali cercheranno di aiutarlo a salvarsi. Black Phone non vuole essere un semplice horror che fa saltare dalla sedia ma come la maggior parte dei film targati Blumhouse ci spinge a riflettere, a lottare per i nostri protagonisti, ad emozionarci con loro, a sperare che riescano in qualche modo a far emergere il loro potenziale e non solo a chiederci chi sarà il prossimo.
Black Phone è un film sugli abusi, più precisamente sul riuscire a reagire agli abusi perché non sempre è giusto stare fermi, molte volte bisogna rispondere per porre fine agli attacchi dei bulli. Il bullo non è solo il compagno di scuola ma può essere anche un genitore, in questo caso il padre, che per colmare le proprie sofferenze le sfoga sui propri figli facendogli un male sia fisico che psicologico. Finney Blake, il nostro protagonista, rappresenta tutti quei ragazzi che non riescono a dire basta e subiscono continuamente ogni tipo di violenza perché troppo indifesi per poter controbattere, o forse troppo insicuri e con poca autostima per riuscire a bloccare quel pugno. Finney Blake è un perdente che deve riuscire a trasformarsi in un eroe, non solo per tutti quei bambini caduti vittima della violenza ma soprattutto per se stesso.
Basta camminare a testa bassa, è ora di guardare diritto. “Hai preso sempre i pugni in faccia ma ti sei sempre rialzato Finney, adesso è ora di lottare", sono queste le parole che spingono Finney a farsi valere, a lottare contro i soprusi del padre, contro i pugni dei suoi compagni, perché “Il Rapace”, interpretato da uno straordinario Ethan Hawke, è molto più di un rapitore di bambini, è l’incarnazione “metaforica” di tutti quelli che traggono piacere dalla violenza. Interessanti i diversi riferimenti all’opera di Stephen King, IT, nonché padre dell’autore del racconto da cui è tratto il film, a partire dalla scena della bambina sotto la pioggia con il kway giallo, per passare a Finney e i bambini morti che incarnano quel “club dei perdenti” difficile da dimenticare e Il Rapace, che in questo caso è una persona reale, il quale racchiude le paure dei bambini proprio come IT. Non mancano citazioni ad altre opere cinematografiche proprie del genere, come la citazione esplicitata attraverso il dialogo tra Robin Arellano e Finney, di “Non Aprite Quella Porta”, uscito nelle sale negli anni in cui è ambientato il film.
Da notare come viene trattato il dono della chiaroveggenza di Gwendaline Blake, sorella di Finney, interpretata da Madeline McGraw che molti ricorderanno di aver già visto in Ant Man and the Wasp della Marvel Studios. Il dono di Gwendaline anche se viene visto in modo negativo dal padre verrà utilizzato come risorsa dalle autorità che le chiedono aiuto per scoprire cosa è successo ai ragazzi scomparsi nonché a suo fratello, ricordando di come molte volte la polizia statunitense si sia affidata a dei medium per risolvere dei casi. Scott Derrickson, come già accennato, ci racconta l’evoluzione del personaggio di Finney, da ragazzo passivo che subisce e non reagisce, a ragazzo che agisce e non molla, e lo fa dapprima, accompagnando Finney con inquadrature traballanti, con macchina a mano, per trasmetterci la sua insicurezza, per poi renderle più stabili, con macchina fissa, per farci capire come stia prendendo più coscienza di sé.
La Blumhouse Productions con il suo terzetto vincente (Scott Derrickson, C. Robert Cargill e Ethan Hawke) è riuscita ancora a trattare tematiche forti, con il giusto dosaggio di violenza e terrore, facendoci riflettere questa volta su tutte quelle violenze che subiscono i ragazzi non solo a scuola ma anche nella propria casa, lì dove tutto dovrebbe essere a posto. Da osservare l’intro della Blumhouse Productions all’inizio del film, dove vediamo dei rimandi ai suoi film di maggiore incasso, da Halloween alla Notte Del Giudizio, una delizia per tutti i fan. Che sia l’inizio del Blumhouse Cinematic Universe? Con tanto di universo condiviso annesso, da tempo annunciato?
Non ci resta che attendere la prossima chiamata. Black Phone arriva nelle sale italiane con Universal Pictures a partire da giovedì 23 giugno, il 18 in anteprima in sale selezionate.
VOTO: ★★★★½