1.8.22

Nope - La recensione del terzo film scritto e diretto da Jordan Peele

Di Marco Ascione

Nope, scritto e diretto da Jordan Peele, autore dei capolavori Scappa – Get Out e Noi, si prepara ad essere uno di quegli horror che verrà ricordato e citato più volte da numerosi cinefili. Il film ci narra di un mostro alieno, che ha scelto l’habitat perfetto per nutrirsi, Agua Dulce (California), e di due fratelli, OJ ed Em (interpretati rispettivamente da Daniel Kaluuya, già protagonista in Get Out, e Keke Palmer), proprietari di un ranch e addestratori di cavalli per il cinema, che cercano di percorrere la strada del successo provando a dar vita a un documentario che mostri l’alieno in azione. 

A primo impatto il film ricorderà ai più Lo Squalo di Steven Spielberg, per il fatto di parlare, metaforicamente, di quella paura verso l’ignoto, il quale inconsapevolmente ci attrae ma che risulta essere pericoloso. Molti avranno notato un altro omaggio al regista nella scena in cui la scimmia Gordy allunga la sua zampa verso la mano del piccolo Jupe Park, facendo tornare alla mente la celebre scena di E.T. L'extraterrestre. Jordan Peele, nei primi minuti del film, ci rende partecipi di una delle tematiche a lui più care, sempre presente nei suoi film: la sottomissione dei neri da parte dei bianchi.  

Ce lo comunica attraverso la nostra protagonista di carnagione scura, che in una delle prime sequenze ricorda alla troupe cinematografica, in cui il fratello lavora come addestratore di cavalli, che il primo corsiero ad essere ripreso per il cinema fu addestrato proprio da un nero, di cui nessuno sapeva l’esistenza.  

Interessante è il parallelismo che viene fatto tra la “sottomissione” dei neri da parte dei bianchi e la “sottomissione” dei cavalli da parte dell’uomo, tematica affrontata dal film. Gli animali, così come il mostro, sono il simbolo di quella natura che può essere in qualche modo addomesticata ma mai completamente controllata e che in qualsiasi momento può decidere di riprendere il controllo. Ne è un esempio la scimmia Gordy, che sul set di una nota sitcom impazzisce e uccide gli attori e la troupe, risparmiando il piccolo Jupe Park. Allo stesso modo il mostro, che quest’ultimo da adulto tenta di rendere protagonista di un suo spettacolo itinerante, finirà per uccidere tutti gli spettatori e gli organizzatori. Jupe Park è interpretato da Steven Yeoun, noto per aver ricoperto il ruolo del personaggio Glen Rhee nell’acclamata serie The Walking Dead. Ciò che nel profondo Jordan Peele vuole raccontare attraverso quest’ultimo film, non è soltanto l’impossibilità di domare la natura o la discriminazione razziale, ma anche la potenza del cinema

Nope è un grido alla spettacolarità, alla continua ricerca di quell’impossibile che può ancora attirare l’attenzione dei suoi spettatori, ormai saturi delle inarrestabili produzioni delle piattaforme streaming. Il regista ci riesce ad esempio attraverso Em che a tutti i costi vuole fotografare il mostro, non tanto per la fortuna che può ricavarci per sé stessa e per il fratello, ma per dare alle produzioni e soprattutto al pubblico quello che gli spetta: un intrattenimento sorprendente. Il mostro non rappresenta solo la macchina da presa che apre le porte ad un mondo fantastico, ma l’attrazione spettacolare che il pubblico ricerca e dalla quale vuole essere inghiottito a suo rischio e pericolo. Jordan Peele sottolinea la sua volontà di raccontarci del cinema sin dai titoli di testa, grazie a un notevole richiamo ad Edward Muybridge e ai suoi studi sulla cattura del movimento. 

Non è un caso che l’immagine dei titoli di testa, la quale rappresenta la visione all’interno di un cinetoscopio, risulti essere proprio lo stomaco del mostro. Come il cinema, il mostro alieno ti attrae, ti induce a guardarlo e se lo guardi non puoi fare altro che lasciarti inghiottire. 

Nope, distribuito da Universal Pictures, arriverà nelle sale italiane il prossimo 11 agosto

VOTO: ★★★★