Di Giuseppe Fadda
Il 2014 vide l'uscita in sala di quello che, insieme a Rosetta (1999), è forse il più bel film dei fratelli Dardenne: Due giorni, una notte, la storia di un'operaia costretta a visitare i suoi colleghi uno per uno, nella speranza di convincerli a rinunciare a un bonus di 1000 euro per permetterle di mantenere il suo posto di lavoro. Sostenuto da una regia sobria, una scrittura perspicace e un'interpretazione in stato di grazia di Marion Cotillard, Due giorni, una notte seppe mantenersi in perfetto equilibrio tra il realismo e la parabola, tra un'appassionata denuncia sociale e un sincero tributo alla solidarietà di classe. Questo equilibrio si riscontra meno nei film successivi del duo, La ragazza senza nome (2016) e L'età giovane (2019). Non si tratta di film privi di elementi di interesse, ma sono indubbiamente opere minori, in cui tanto l'occhio attento quanto l'autentico fervore ideologico dei registi rimangono attenuati da una struttura narrativa debole, talvolta poco plausibile.