One Step and Go: 6 attori e l’unica grande performance della loro carriera

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Di Gabriele La Spina

Ci capita spesse volte di tirare le somme sui nomi più altisonanti del cinema, in casi di attrici come Meryl Streep e Cate Blanchett risulta quasi complicato riuscire a condensare delle carriere tanto ricche individuando le migliori prestazioni. Ci sono casi però di attori che hanno offerto una sola performance degna di nota nella loro carriera per poi fermarsi.

A questi si aggiungono anche attori, spesso relegati al genere comedy, che con una determinata pellicola stupiscono il pubblico muovendosi in toni differenti, ma non tutti possono ribaltare la propria carriera come ha fatto Matthew McConaughey, e quindi tornano subito dopo nella loro comfort zone.
Quelli che potremmo definire come gli attori one step and go in tanti casi conquistano pienamente i pareri della critica, un’impresa ben più facile per chi si trova al suo esordio, ma considerevolmente ardua per chi invece proviene da un background disdicevole, il già citato genere comedy, solitamente snobbato dal cinefilo medio. Molti di loro sono arrivati anche alla vittoria del premio Oscar, accodandosi alla lista delle più discutibili delle premiazioni dell’Academy, o meglio definibili come le più incomprese dal pubblico.

Cameron Diaz in Essere John Malkovich (1999)

Fin dal suo debutto con la commedia fantasy, The Mask nel 1994, Cameron Diaz è stata inscatolata nel ruolo della bionda femme fatale, leggermente svampita, che ogni uomo vorrebbe conquistare. Una tipologia di personaggio, per la sfortuna della Diaz, perennemente perpetuata nel corso della sua ormai lunga carriera, partecipare a pellicole come Tutti pazzi per Mary non ha aiutato infatti a dimostrare la sua versatilità. Eppure in pochi ricordano il suo incisivo e sfaccettato ruolo nel capolavoro di Spike Jonze, Essere John Malkovich. Tralasciando la sua trasformazione fisica, deglamourized, degna di una nomination all’Oscar mai ricevuta, la Diaz è riuscita in un’interpretazione grottesca e ben centrata, vestendo i panni dell’improbabile veterinaria che scopre una seconda sessualità impersonando John Malkovich attraverso il passaggio segreto scoperto dal compagno. Agli Oscar la spunta Catherine Keener, che nel film scritto da Charlie Kaufman interpretava l’insano interesse amoroso della Diaz. Nella carriera di quest’ultima non vedremo più un altro personaggio di tale spessore, anche in pellicole di grandi autori come Gangs of New York di Martin Scorsese, la Diaz non è tanto in parte quanto lo fu nel gioiello di Jonze.

John Hawkes in The Sessions (2012)

Quello di Hawkes potrebbe essere un caso analogo alla Diaz, ma di natura del tutto indifferente. Hawkes è un attore di indubbio talento spesso riconosciuto come il white trashy del sud, molteplici volte cimentatosi in personaggi da malfattore, e Un gelido inverno, con cui nel 2011 ha ricevuto la sua unica nomination all’Oscar ne è un esempio. Al contrario è stato snobbato per quella che è stata realmente la più emozionante delle interpretazione della sua carriera, ovvero quella del poeta tetraplegico Mark, nel film indie di Bel Lewin, The Sessions. Surclassato da una dimenticabile Helen Hunt, Hawkes avrebbe meritato senza dubbio un maggiore riconoscimento. La sua è una performance di enorme spessore che nasconde una ponderazione ben precisa sull’esistenza che ha trascorso parte della sua esistenza all’interno di un polmone d’acciaio a causa della poliomielite. Il film rielabora la tematica dell’handicap più volte proposta in passato, esaminando la sessualità, ma più che dai gesti è l’interiorizzazione di Hawkes a conquistare pienamente lo spettatore. 
Mo’Nique in Precious (2009)
Monica Imes, meglio conosciuta come Mo’Nique, è una delle più grandi sorprese che negli ultimi anni abbiamo visto trionfare agli Oscar. Provenendo da una carriera costellata da piccoli ruoli in commedie di second’ordine e ruoli in serie televisive dove nessuno ricordava la sua presenza, Mo’Nique riceve l’occasione della sua vita da Lee Daniels, che le offre il ruolo di Mary, una delle peggiori madri viste sul grande schermo, artefice delle angherie subite dalla povera Precious. Insieme allo sceneggiatore Geoffrey Fletcher, è lei a trionfare come miglior attrice non protagonista agli Oscar del 2010, un parere unanime della critica destinato a nessun futuro. L’attrice ha infatti tentato invano di proseguire la sua nuova linea di carriera come attrice drammatica senza alcun risultato, ad oggi la sua carriera è scemata e le sua presenza è sempre più saltuaria, chissà se un altro regista esponente della comunità afroamericana quanto Daniels, possa in futuro offrile il giusto seguito a un talento che ci piacerebbe comunque rivedere sul grande schermo.

Jacki Weaver in Animal Kingdom (2010)
Attiva nel mondo del cinema dagli anni ’70, con una lunga gavetta di attrice televisiva, la Weaver è un talento nascosto che ha fatto grande fatica ad essere esportato dall’Australia. Grazie alla riuscitissima pellicola di David Michôd, la Weaver raggiunge la fama mondiale vestendo i panni di Janine ‘Smurf’ Cody, la matriarca di una famiglia di malviventi. Inquietante in modo sinistro, spietata ma benevola, la Weaver è artefice di una delle più incisive performance di supporto degli ultimi anni, che le frutterà la nomination agli Oscar. Negli ultimi sette anni la sua carriera non ha vissuto quello che ci si sarebbe aspettato come primo, seppur tardo, periodo d’oro. Nonostante la collaborazioni con registi ben riconosciuti come David O. Russell (che le fa ottenere la sua seconda nomination all’Oscar) e Park Chan-wook, nessun altra performance è riuscita dopo ad eguagliare il livello raggiunto in Animal Kingdom. Forse nel futuro della Weaver arriverà presto un secondo grande ruolo, ma per adesso rimane una delle attrici one step and go.

Elizabeth Olsen in La fuga di Martha (2011)
Prima di diventare la Scarlet Witch di Avengers, la terza delle sorelle Olsen, aveva esordito con una sensazionale interpretazione nel gioiellino indie di Sean Durkin. L’attrice interpretava la misteriosa Martha, una ragazza che fa ritorno dalla sua famiglia dopo essere fuggita da una setta, riportando gravi danni psicologici che la spingeranno sempre di più verso il limite della paranoia. Dalla Olsen ci si sarebbe aspettati sicuramente una carriera all’insegna del cinema indipendente, simile a quelle delle colleghe Mia Wasikovska e Kristen Stewart, così non è stato. L’attrice si è prestata infatti a scelte commerciali discutibili, come il terribile remake di Old Boy e quello di Godzilla, per poi incatenarsi al ruolo della già citata eroina Marvel. Che si tratti solamente di una parentesi, vista la comunque giovane età dell’attrice, rammarica sempre vedere un tale talento sprecato in simili prodotti commerciali.

Jean Dujardin in The Artist (2011)
Impossibile non includere Dujardin nella lista, non proprio per la sua interpretazione nel film Michel Hazanavicius, ma più come eclatante esempio di sparizioni post-Oscar. Assumendo che la sua performance sia stata effettivamente meritevole nel 2012, della statuetta al miglior attore protagonista, contro interpreti di notevole spessore come Gary Oldman, la sua carriera non ha ottenuto lo slancio sperato e l’esportazione dalla Francia che tanto ci si aspettava. L’attore è riuscito a muoversi a Hollywood attraverso piccoli ruoli in grosse produzioni, senza mai emergere e senza ripetere il successo ottenuto con The Artist. Qualcuno potrebbe, e lo ha, definito come un fuoco di paglia, eppure quella di Dujardin nei panni di George Valentin resta un’interpretazione deliziosa e divertente, forse immeritevole dell’Oscar, così come la stessa pellicola definibile furba per il suo giocare con l’effetto nostalgia, ma non per questo meno brillante. La stesso destino non è però toccato a Bérénice Bejo: qualche anno dopo la nomination all’Oscar l’attrice è stata protagonista del bellissimo Il passato, con il quale ha vinto il premio alla miglior attrice del Festival di Cannes, confermando una carriera all’insegna del cinema d’autore.

Per un soffio insieme a loro: Questi sei attori sono alcuni esempi abbastanza celebri di one step and go del cinema, eppure altri colleghi illustri sarebbero potuti essere tra di loro, se ad esempio Marion Cotillard dopo La Vie En Rose non avesse poi interpretato personaggi incisivi in film come Un sapore di ruggine e ossa, e Due giorni, una notte; sarebbe stata una delusione paragonabile al quella del compatriota Dujardin. Anche il talentuoso Ezra Miller, impressionante nel film E ora parliamo di Kevin, avrebbe potuto meritare un posto tra di loro, poiché adesso risucchiato dall’universo dei cinecomic con il ruolo di Flash, ma la sua giovane età ci lascia ancora sperare per il meglio. Facendo un salto nel passato, anche Kathy Bates avrebbe rischiato di essere una di loro dopo l’Oscar per Misery non deve morire, ad oggi però è riuscita a costruire una carriera, pur sempre fatta di alti e bassi. E della serie “after the Oscar”, deve essere citata anche Charlize Theron, dopo l’incredibile risultato ottenuto con Monster nel 2003 sembrava che per l’attrice non ci fosse altro, eppure negli ultimi anni si sono susseguiti grandi ruoli e performance d’impatto in film come Young Adult e Mad Max: Fury Road.

Chi avrete incluso voi in questa selezione? Diteci i vostri nomi nei commenti.


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