Abracadabra – La recensione del nuovo film di Pablo Berger
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Di Giorgia Colucci
“Abracadabra”, siamo sempre stati abituati ad associare questa parola ad una magia. Lo stesso ha fatto Paolo Berger con il suo nuovo film tutto madrileno, per l’appunto intitolata Abracadabra. La storia è quella di una coppia normale, anzi normalissima, Carmen (Maribel Verdù) e Carlos: lui appassionato di calcio e pittusto irruento, lei madre e donna gentile, ma moglie disillusa. Un giorno tra i bisticci e la monotonia irrompe un misterioso spirito evocato durante un matrimonio da Pepe, maldestro illusionista e cugino di Carmen. Lo spirito, impossessatosi di Carlos, di dimostra molto premuroso verso la moglie di lui; tuttavia dietro l’apparente dolcezza si nasconde un temibile segreto
Seppure l’idea generale possa sembrare intrigante, Abracadabra di Berger fatica a mantenere le iniziali promesse; pare infatti che le buone intenzioni sfumino in un miscuglio confuso di generi e di idee. La partenza è però interessante. Berger riesce a descrivere con poche inquadrature fisse e qualche primo piano, non solo la situazione languente di un matrimonio, ma anche i vezzi grotteschi della tradizione spagnola. Dal viaggio nella palazzina popolare di Carlos e Carmen, sino alle scene del matrimonio pare di vedere un film a metà tra il cinema d’autore spagnolo e uno dei titoli da commedia all’italiana anni ’60. Il grottesco sembra annidarsi nei trucchi sgargianti delle invitate, nei vestiti degli sposi, sino ad esplodere nell’urlo disperato di Carlos in chiesa, che annuncia la sconfitta del Real Madrid. Questa è però soltanto uno degli espedienti con il quale Berger ci porta ad odiare Carlos (Antonio De La Torra) . L’uomo ci appare talmente insopportabile che accogliamo quasi con sollievo il momento dell’ipnosi, dopo l’esperimento apparentemente fallito dell’illusionista Pepe. In una scena tragicomica, con una velocità ipnotizzante di stacchi pari ad un film d’azione, sopra le note della versione spagnola de “Il ballo del Qua Qua” Carlos subisce la vendetta del fato: l’assassino bipolare Albertito s’impossessa di lui e, pare quasi paradossale ma è più simpatico.
A questo punto il film si divide in due filoni: il primo, quasi una commedia romantica, narra il lento riabituarsi di Tito alla vita nel corpo di Carlos, con il conseguente innamoramento della moglie; il secondo invece si concentra sulle indagini improvvisate di Pepe e Carmen, che tentanto di scacciare lo spirito. Se la prima parte può essere godibile, nelle sue atmosfere anni ’80, la seconda spesso scivola nell’assurdo. Il comico e il dramma si amalgamano a fatica persino quando devono convivere nella stessa scena; per esempio quando Carmen e Pepe, insieme al Dottor Fusetti, tentano di imprigionare il fantasma di Tito nel corpo di un vecchio morente in ospedale. Per non parlare poi di quando a tutto ciò si unisce anche l’horror, durante il racconto degli omicidi del giovane Tito. Il film pare perdersi nell’esagerazione e persino una figura marginale, come l’agente immobiliare che conduce Carmen e Pepe nella casa disabitata dell’assassino, pare più un becchino. La sensazione generale è che nell’ansia di sacrificare tutto alla filosofia dello sberleffo, Berger abbia dimenticato di legare i suoi numerosi ingredienti, per la maggior parte del film.
Sul finale tuttavia sia regia che sceneggiatura si riprendono; finalmente in questa nuova scena da matrimonio, sia il dramma che la comicità riescono ad emergere in modo interessante e consistente. Il climax si ottiene poi con l’ipnosi finale. Una scena, questa, che chiarisce ed oscura il senso del film. Vediamo Carmen, divisa tra Tito ed il suo amore gentile, ma letale e Carlos, burbero, rude, ma innocuo. Allora possiamo condividere il dubbio della donna. Scegliere Tito significherebbe un tradimento non tradimento, una passione forse giustificata, per un uomo con le sembianze dello stesso marito di Carmen. Scegliere Carlos, al contrario, vorrebbe dire sacrificarsi alla medesima vita monotona e normale condotta fino ad allora. Allora cosa può fare Carmen? Non scegliere Tito, ma nemmeno Carlos e forse liberarsi, proprio come il film di Berger, che non sposa nessuno dei numerosi registri che abbraccia.
Questa la vera domanda dello spettatore, oppure è quella che subentra a freddo, dopo i titoli di coda: valeva la pena di aspettare un’ora e mezza di emozioni altalenanti? Il 17 Maggio Abracadabra finalmente, dopo la comparsa al Festival del Cinema di Roma dello scorso anno, arriverà nelle sale italiane.