Disobedience – La recensione del film di Sebastian Lelio con Rachel Weisz e Rachel McAdams

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Di Daniele Ambrosini

Presentato in anteprima al Festival di Toronto nel 2017, prima ancora dell’Oscar vinto con Una donna fantastica, l’esordio in lingua inglese del cileno Sebastian Lelio, Disobedience, è un ulteriore, splendido tassello nella sua filmografia breve ma costellata di successi e sorretta da personaggi femminili di un certo spessore.

Ronit fa ritorno nella (molto chiusa) comunità ebraico ortodossa nella quale è cresciuta, e che ha abbandonato alla volta dell’America per inseguire la sua carriera, in seguito alla morte del padre, da anni guida spirituale e punto di riferimento degli abitanti del luogo, in quanto rabbino. La perdita perciò non riguarda solo Ronit, ma l’intera comunità che piange il suo rabbino e che non può evitare di biasimare la figlia per essersene andata ed averlo lasciato da solo. Nessuno si aspettava di rivederla, per lei quello è un territorio ostile. L’unico volto amico è quello di Esti, donna con la quale aveva avuto una fugace relazione, condannata unanimemente dall’intera comunità, anni prima e che ora è sposata con Dovid, l’alunno prediletto di suo padre e suo annunciato successore alla guida della sinagoga.

Disobedience rende evidente un percorso all’interno della filmografia di Sebastian Lelio, che potremmo definire un vero e proprio “regista di donne”, così come è stato spesso definito anche un altro maestro del cinema in lingua spagnola come Pedro Almodovar per il suo interesse verso personaggi femminili complessi. Da Gloria a Disobedience, tutte le protagoniste dei film di Lelio sono donne fragili ma forti di spirito, che l’autore guarda con occhio benevolo, senza mai giudicarle; cosa che di solito non è concessa a tutto ciò che ruota intorno a loro: infatti le protagoniste di Lelio, a volte in modo più evidente, altre meno, sono sempre inserite in un ambiente ostile o percepito come distante o inadeguato, che il regista spesso condanna. In Disobedience possiamo dire che Lelio descrive un ambiente ostile ai suoi due personaggi principali, ma non giunge mai a giudicarlo o ad etichettare la morale degli “antagonisti” (sempre ammesso che ce ne siano realmente) come sbagliata, ma lavora sapientemente sui contrasti. Tutto nel film è mosso dai continui conflitti tra le protagoniste e tutto ciò che gli sta intorno, che siano espressi o meno; è evidente l’impossibilità di riuscire a trovare un punto d’incontro con un’ambiente che, al contrario di quanto fa Lelio, tende ad etichettare tutto come giusto o sbagliato, e non accetta mezze misure.


Lelio dirige come suo solito, alternando efficacemente primi piani e campi ampi, girati rigorosamente con camera a mano per mantenere intatto quel senso di realtà, di sincerità emotiva che solo uno stile di ripresa più “battagliero” può consentire. Lelio coglie tutte le sfumature offerte da questa delicatissima storia d’amore proibito e lo fa senza mai calcare troppo la mano sull’aspetto sessuale, ma creando piuttosto un’atmosfera carica di attesa e aspettative, di sensualità e desiderio, coadiuvato da Rachel Weisz e Rachel McAdams, che sono straordinarie nei loro ruoli. Certo, forse dalla Weisz era lecito non aspettarsi niente di meno, ma la McAdams si è assolutamente superata negli scomodi panni di Esti, offrendo quella che è, ad oggi, la sua migliore interpretazione. È soprattutto grazie a loro se Disobedience è il miglior film a trattare dell’amore tra due donne da La vita di Adele.

VOTO: 8,5/10


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