Di Simone Fabriziani
La figura mitica del Conte Dracula ha da decenni immemorabili permeato l’immaginario cinematografico e televisivo di tutti i tempi, risultando ome uno dei personaggi fittizi di origini letterarie di maggior successo della Storia dell’iconografia e della cultura moderna; pochi però sono stati coloro che si sono semplicisticamente discostati della trama dell’omonimo romanzo gotico di Bram Stoker e hanno affondato le loro ricerche sulla figura storica legata al mito del vampiro per eccellenza; se Stoker aveva creato per il suo romanzo immortale una fittizia discendenza del Conte dall’eroe nazionale romeno Vlad Tepes L’Impalatore, l’unica pellicola cinematografica ad omaggiare in maniera originale e filologica questa storia discendenza fino al 1992 era stata “Dracula di Bram Stoker” di Francis Ford Coppola.
Il film diretto dall’esordiente Gary Shore getta un ponte tra i due miti, quello fittizio e quello storico spruzzando la pellicola di entertainment tipicamente da blockbuster contemporaneo…ma non tutto va per il verso giusto…
Il film prende le fila dalla incessante guerra santa tra l’esercito ottomano e le armate cristiane dell’Est dell’Europa capitanate dall’impavido Vlad, Principe della Transilvania (un avvenente Luke Evans) e strenuo difensore dei suoi territori che, attacco dopo attacco, cedono sempre di più; forse il futuro della sua nazione richiede molto più che l’arguzia e la strategia militare, forse c’è bisogno di una potenza occulta che giace annidata da secoli sulle montagne più impervie e che pare possa dare all’uomo che decida di nutrirsi del sangue umano una straordinaria forza fisica e un controllo della natura attorno a sè e delle bestie della notte, da sempre amiche del Male più nero…
Se il racconto alternativo delle nascita del più famoso succhiasangue della Storia per necessità storiche e militari e per proteggere la sua famiglia e la sua regione dall’avanzata del nemico turco, molto meno affascinante è invece i linguaggio con cui è trattato; nei suoi fin troppo brevi 90 minuti di durata, sia l’avvicendarsi della narrazione, sia la caratterizzazione dei personaggi principali e di supporto appaiono tremendamente approssimativi: se Luke Evans il più delle volte risulta fuori parte, non molto cercano di aiutarlo i comprimari, su tutti la “consorte” del grande schermo Sarah Gadon, il macchiettistico Dominic Cooper nel ruolo del crudele Sultano e il redivivo Antico Vampiro (Charles Dance, meglio noto come il Tywin Lannister televisivo de “Il Trono di Spade”); l’impressione che se ne ha alla fine è che il film di Shore sembra più voler spingere il pedale sugli elementi volutamente fantasy e figli di un certo sottobosco di videogame di genere (vedi ad esempio le divertenti sequenze di battaglia debitrici della Trilogia dell’Anello o delle ultime Serie TV di genere) che ammiccare ad un certo gusto nella ricerca storica delle necessità e delle scelte di un personaggio storico di cui ancora oggi poco si conosce.
E forse, nel panorama cinematografico odierno dove il puro entertainment e la rivisitazione storia per teenager vanno di pari passo, una rispolverata al mito del Vampiro Re sarebbe prima o poi arrivata, un pò per gioco, un pò per cavalcare l’onda del periodo post-Twilight che ha lasciato orfani milioni di teen spettatori.
Che poi non ci fosse stato bisogno di una nuova rivisitazione del Conte è un altro paio di maniche.
VOTO: 2/5