Di Simone Fabriziani
10 Maggio 1996. Una spedizione di scalata del picco più alto del pianeta Terra organizzata dall’esperto Rob Hall si trasforma in tragedia quando una violenta tempesta di neve si abbatte sul Monte Everest e sui membri della spedizione. Sarà una catastrofe che farà, sfortunatamente, Storia.
Il nuovo film in lingua inglese diretto dall’islandese Baltasar Kormàkur (lo abbiamo notato in “Contraband” e “Cani Sciolti”) si avventura negli anfratti più pericolosi, nei declivi più insidiosi e dritto nelle asperità della montagna più alta del mondo, e forse la più temuta dagli scalatori di ogni parte del globo.
Ispirata dai lavori autobiografici di John Krakauer (autore tra l’altro del bellissimo “Into the Wild”) e di Beck Weathers, entrambi testimoni di quella immane catastrofe umana, la pellicola di Kormakur si allontana però dal resoconto puramente cronachistico dell’impresa in ogni sua fase e sia abbandona, principalmente nella seconda parte, ad un racconto più legato al survival movie tipicamente hollywoodiano tutto lacrime e abbracci.
Schierando un grandioso cast che va dall’australiano Jason Clarke al ruvido Josh Brolin (il migliore della squadra attoriale), da Keira Knightley fino a passare per un barbuto Jake Gyllenhaal, il regista segue alla lettera i dettami narrativi del survival movie confezionando una pregevole ricostruzione delle asperità e delle insidie naturali della catena dell’Himalaya con perizia ed efficacia, enfatizzando gli aspetti più avventurosi della spedizione e servendosi di un modesto utilizzo della tecnologia 3D per amplificare il senso di eccitazione e di vertigine.
Peccato che la scrittura (tra l’altro opera dei Premi Oscar William Nicholson e Simon Beaufoy) non rispecchi la vertigine del Monte Everest, troppo aggrappata ad un gioco narrativo di manierismi legati al genere cinematografico; meno lacrime e più asciuttezza, meno sentimentalismo e più carattere avrebbero senza dubbio elevato il prodotto, purtroppo una terribile storia vera, a mera rappresentazione spettacolosa e narrativamente pigra della tragedia del 1996.
Un modesto prodotto high-budget, tecnicamente impeccabile ma contenutisticamente privo di qualsivoglia guizzo di audacia.
Curiosità: Gran parte dei set himalayani, cosi come le alture del Monte Everest, sono stati minuziosamente ricostruiti nei Cinecittà Studios.
VOTO: 2/5