Nella foto: Tobey Maguire e Leonardo Di Caprio in una scena del film |
Di Simone Fabriziani
“Non si può ripetere il passato!”
Cosi esordisce l’ingenuo Nick Carraway (Tobey Maguire) ad un trasognato Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio); questa frase, vero e proprio manifesto delle ragioni insite nel romanzo capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, ben si sposa con la visione solo apparentemente rivoluzionaria di Baz Lurhmann del più grande romanzo americano del XXesimo secolo…
La storia è nota a tutti: il giovane Nick Carraway arriva a New York per ragioni lavorative dove raggiungerà sua cugina Daisy Buchanan (Carey Mulligan) sposata al magnate Tom (Joel Edgerton); i loro destini si intrecceranno a quello del misterioso, nuovo vicino di Nick, l’enigmatico Jay Gatsby le cui straordinarie feste organizzate nella sua splendida villa saranno lo sfondo di una tormentata storia d’amore pregna di passioni represse e segreti dal passato. Continua
Quello che più sorprende di questo nuovo adattamento cinematografico firmato Lurhmann è quanto a dispetto delle immagini forniteci mesi fa dai vari Trailer e Spot il film sia in realtà una fedelissima trasposizione , quasi pagina per pagina, del romanzo originario; nulla sfugge delle varie vicende raccontate da Fitzgerald, ogni passione nascosta, ogni sentimento manifesto, ogni personaggio coerentemente inscritto nella cornice post-moderna e solo apparentemente kitsch del regista australiano che ci ha abituati a mescolanze di stili, linguaggi e generi cinematografici per raccontare storie universali (su tutti la sua straordinaria interpretazione in chiave post-moderna di “Romeo + Giulietta” e il ripensamento del genere musical nel capolavoro “Moulin Rouge”); perchè se è pur vero che il suo Gatsby mantiene un corredo visivo coerente con le precedenti opere dell’autore senza minimamente tradire il testo originale (occasione più unica che rara nel panorama cinematografico odierno), la struttura narrativa si presenta sorprendentemente classica, lineare, quasi fin troppo compassata per lo stile di Lurhmann; l’arma a doppio taglio della fedeltà a Fitzgerald paga il prezzo di una pellicola visivamente stimolante, barocca ed eccessiva nei punti giusti (una su tutte la sequenza della prima festa nella villa di Gatsby, vero e proprio tripudio onirico di luci, colori, costumi, scenografie e musica), ma che forse nella seconda parte si comporta troppo da fedele adattamento di temi e personaggi del romanzo a tutti i costi a discapito della verve artistica del regista neanche poi cosi presente come sembrerebbe ad un primo impatto; peccato, l’idea di una trasposizione veramente rivoluzionaria dell’opera di Fitzgerald era auspicabilmente ben più accetta e vicina alla nostra sensibilità rispetto ad un ripiegarsi a tutti i costi alle parole del romanzo (che compaiono in modo divertente in sovraimpressione sulle immagini raccontate dal punto di vista del Nick Carraway narratore nei momenti salienti) cosi come accadde nel 1974 nel melenso e pedissequamente dimenticabile Gatsby diretto da Jack Clayton ed interpretato da un pur bravo Robert Redford.
L’impressione generale è dunque che ci troviamo di fronte ad un fedelissimo adattamento del leggendario romanzo in cui spicca la grande interpretazione di Leonardo Di Caprio nei panni del protagonista omonimo, vero e proprio cuore pulsante di un’opera cinematografica visivamente potente, affascinante, opulenta ma che non osa essere coraggiosa rilettura, punto di vista sghembo e rinfrescante di una tragica storia d’amore sullo sfondo di quel sistema di ipocrisie che erano i “ruggenti anni 20” che Fitzgerald tanto vivacemente ha descritto.
VOTO 3/5