Miss Marx – La recensione del biopic di Susanna Nicchiarelli in concorso a Venezia 77

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Di Massimo Vozza

Con la 77ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia si può affermare che il cinema italiano è in ripartenza, almeno per quel che riguarda la distribuzione. Tra i titoli più attesi nostrani in concorso, e da oggi in sala, vi è stato Miss Marx, quarto lungometraggio della regista e sceneggiatrice Susanna Nicchiarelli, che racconta le vicende della colta e brillante Eleanor Marx, figlia minore del famoso filosofo tedesco, tra promozione del socialismo nel Regno Unito e la relazione con il letterato e politico inglese Edward Aveling.

Nicchiarelli prosegue la propria carriera esattamente da dove l’avevamo lasciata, non solo tornando al Lido ma dirigendo e scrivendo un biopic coprodotto da Italia e Belgio su un personaggio femminile (interpretato da un’attrice straniera), mai dimenticato seppur non valorizzato adeguatamente dalla narrazione mainstream di oggi, che ha segnato il mondo a lei contemporaneo (della musica con Nico, della lotta per i diritti con Eleanor). Come Nico però, Eleanor Marx non fu solamente un’attivista, sindacalista e traduttrice: se nel film biografico precedente, la regista e sceneggiatrice decise di concedere ampio spazio al discorso sulla maternità della sua protagonista, qui mette in evidenzia specialmente il suo ruolo di figlia e, ancora di più, di amante, concentrandosi su una storia d’amore focosa quanto drammatica e in antitesi con la figura pubblica di Eleanor. Il film tenta, e per lo più riesce, di bilanciare le due passioni della protagonista che inevitabilmente si intrecciano e incidono l’una sull’altra fino al tragico epilogo.

Ed è l’opera stessa a mostrare una doppia anima, tra la ricostruzione storica maggiormente classica e l’esplodere di una verve che oserei etichettare come pop-punk che contraddistingue alcune sequenze; quindi, se da una parte Nicchiarelli non cede al romanzare eccessivamente la realtà dei fatti, rischiando di proporci un quadro della protagonista frammentato se non in parte incompleto, concentrandosi soprattutto sugli scritti della donna senza inventare di sana pianta (punto di forza sono le interpretazioni dei monologhi scritti da Eleanor in vita su questo fronte) e, nota di enorme merito, inserendo una scena da lei tradotta di Casa di bambola di Ibsen come se la protagonista e l’amante stessero davvero dando sfogo a quello che provano realmente in quel momento, dall’altra parte la forma si lascia occasionalmente andare, complice sicuramente la colonna sonora del gruppo post-rock ed elettronico Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, accompagnata anche da un montaggio che in alcune occasioni ricorda il videoclip musicale.

La messe in scena è senza dubbi da plausi, curata nei dettagli senza eccedere mai (in particolare modo i costumi del pluripremiato Parrini), risaltata da una fotografia che spazia tra classicismo e la ricercatezza del cinema di una vera e propria autrice.

Nonostante sia indubbia una capacità dell’intero cast, mattatrice resta la sua protagonista, Romola Garai, che ha saputo far proprie le due anime del film riversandole in un ritratto imperfetto ma veritiero della Marx, perennemente in equilibrio tra la donna emancipata e la donna innamorata, lo ieri e il domani, lo storico e il privato; dalla sua morte, Eleanor Marx e le sue idee non sono mai state così vive come lo sono oggi grazie a questo film.

VOTO: 8/10


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