The Fabelmans, due o tre cose sul film di Steven Spielberg

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Di Simone Fabriziani

In occasione della 17° Festa del Cinema di Roma abbiamo avuto l’occasione di vedere in anteprima italiane l’atteso The Fabelmans, il nuovo film diretto da Steven Spielberg, qui anche co-scritto dallo stesso regista assieme al drammaturgo Tony Kushner, che per il cineasta premio Oscar si era già occupato degli script di Munich, Lincoln e West Side Story.

Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle) è un giovane che cresce a Phoenix, in Arizona, insieme allo zio (Seth Rogen) con il quale va molto d’accordo, e con la madre (Michelle Williams) e il padre (Paul Dano), con il quale il rapporto è invece più controverso. Il film semi-autobiografico è liberamente ispirato all’infanzia e all’adolescenza dello stesso regista, cresciuto all’interno di una famiglia di ebrei ortodossi a Pheonix, in Arizona. Il film è anche la rara occasione in cui Steven Spielberg si cimenta nella scrittura di una sua stessa pellicola, coadiuvato dal suo fido Tony Kushner; l’ultima volta che era accaduto risale al 2001, quando Spielberg firma anche lo script del suo A.I. Intelligenza Artificiale.

Insomma, cosa ne pensiamo dell’ultimo film diretto dal più popolare regista di tutti i tempi? E quali sono realisticamente le sue chance in vista della stagione dei premi? The Fabelmans è senza dubbio il lungometraggio più intimo di Steven Spielberg, uno spaccato spietato e al contempo ricco di umanità della sua infanzia, della sua crescita e delle peripezie che ha vissuto assieme alla sua amorevole ma problematica famiglia. Certo, un topos narrativo di stampo autobiografico di cui abbiamo già imparato a familiarizzare grazie alle recenti opere personali di Paolo Sorrentino con il suo “È stata la mano di Dio” e non ultimo il britannico Kenneth Branagh con Belfast. Ma in The Fabelmans c’è molto di più.

Difatti il film scritto e diretto dal regista tre volte premio Oscar celebra la magia del cinema in forma predistinatoria, enfatizzando lo speciale rapporto che si crea tra l’irresistiibile malia del grande schermo e il piccolo Sammy sin dai suoi primissimi anni. La passione e la fascinazione per il voler raccontare, per imprimere idee, fantasie e storie su una pellicola sono gli ingredienti fondamentali che hanno reso Steven Spielberg quello che è oggi: un talento dietro la macchina da presa fuori portata nel saper narrare con inusitata maestria grandi e piccole storie che hanno fatto nel tempo la storia della settima arte. Senza ovviamente sacrificare le vicende famigliari che hanno segnato la crescita del piccolo Sammy/Steven: dal difficile trasferimento dall’Arizona alla California fino al doloroso divorzio della madre dal padre, sino a toccare le esperienze di bullismo subite dal giovane protagonista nel nuovo liceo, vittima di ostracismo solo perché di famiglia ostentatamente ebraica.
Forse per la prima volta nella sua carriera dietro la macchina da presa Steven Spielberg sceglie coscientemente la strada dell’asciuttezza narrativa, qui priva di fronzoli e virtuosismi, lasciando deliberatamente decantare la straordinaria scrittura a quattro mani e le emozioni dei suoi umanissimi personaggi. A svettare su tutti, per incisività e bravura attoriale, Michelle Williams nei panni della fragile mamma Mitzi e il veterano Judd Hirsch, in quelli del circense Zio Boris, protagonista di uno dei camei cinematografici più commoventi dell’anno. Comparsata di lusso per il leggendario regista David Lynch, nei panni del maestro del cinema western John Ford.
The Fabelmans dovrebbe fare sfracelli alla prossima stagione dei premi con grande facilità, ottenendo possibili candidature all’Oscar nelle seguenti categorie: film, regia, sceneggiatura originale, attrice protagonista, attore non protagonista (probabilmente Judd Hirsch), fotografia, montaggio e colonna sonora, curata quest’ultima da John Williams alla sua collaborazione finale con il regista.

The Fabelmans arriva nelle sale italiane con 01 Distribution e Leone Film Group a partire da giovedì 22 dicembre

VOTO: ★★★★


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