La Sirenetta, il live-action Disney più riuscito degli ultimi anni [Recensione]

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Di Massimo Vozza

La saga sulle corse di automobili supera la decina di titoli, l’universo espanso sulla galassia lontana lontana mette in pausa i prodotti per la sala ma si arricchisce attraverso lo streaming e la carta stampata, i supereroi si espandono (o ricominciano da capo) con il multiverso e la Disney ripropone i suoi classici più amati in live action: insomma, che siano remake, sequel, prequel, spin-off o reboot la tendenza principalmente hollywoodiana di spremere fino all’ultima goccia diversi successi commerciali è talmente evidente al punto che molti di questi titoli tendono a venire respinti da parte della platea già molto prima che addirittura venga girata la prima scena. Ed è un peccato perché il cinema da sempre finisce con il tornare sui propri passi, scrivendo e riscrivendo le stesse storie, e bisognerebbe ogni volta attendere il risultato finale prima di poter esprime un parere. Non neghiamo che non ci sia in questo preciso momento storico una bulimia di determinati progetti ma quel che chiediamo è di cercare di dimenticarsene di volta in volta. E di magari iniziare a farlo proprio con il remake live action de La Sirenetta.

Nell’anno del suo centesimo anniversario, la casa di Topolino distribuisce una nuova versione di una delle sue gemme più preziose, il titolo che diede inizio al rinascimento del Walt Disney Animation Studios. E lo fa superando ogni aspettativa: tralasciando Crudelia (il live action sicuramente realizzato più liberamente, soprattutto nei confronti del classico d’animazione da cui è tratto), l’ultimo titolo del regista Rob Marshall è nettamente il migliore film realizzato di questo filone, una vera e propria festa di musica e colori, capace di trovare il giusto equilibrio per accontentare sia chi voleva rivivere le emozioni provate la prima volta che ha scoperto la storia di Ariel (molto probabilmente con gli occhi di bambino o bambina), sia chi cercava anche qualcosa di diverso, maggiormente al passo con i tempi.

Non stiamo dicendo che il film non sia privo di difetti ma che questi vengono ampiamente compensati con il risultato nel suo insieme e l’impatto emotivo che l’esperienza della visione suscita. Gli stessi effetti speciali tanto criticati stando ai trailer e ai dietro le quinte rilasciati sui social non sono così male. Certo, un ricercato realismo a tutti i costi (soprattutto per il personaggio di Flounder) lascia un po’ a desiderare e il paragone con altri blockbuster (a budget decisamente più alto e con anni di lavoro in più alle spalle) è sicuramente perso in partenza sul fronte della CGI, ma è davvero questo che bisogna andare a guardare in un’operazione del genere?

Probabilmente a contare di più sono le interpretazioni: la debuttante Halle Bailey incarna Ariel alla perfezione, dimostrando che, con la bravura, la somiglianza estetica con la sirenetta disegnata per il classico del 1989 può essere compensata (nel caso ve ne abbia mai importato qualcosa di questa non somiglianza), mentre l’Ursula di Melissa McCarthy ruba la scena ogni qualvolta che le viene data l’occasione. Convince anche Jonah Hauer-King nel ruolo di Eric, probabilmente il personaggio che ha avuto maggiori revisioni e ampliamento a livello di scrittura (nonostante fosse già nella versione animata maggiormente tridimensionale rispetto ai principi che l’avevano preceduto) con il quale Bailey ha decisamente chimica. Fa il suo il re Tritone di Bardem, anche se troppo contenuto, minimale, rispetto alle altre interpretazioni.

Va anche detto, per quel che riguarda la versione italiana, che alcune scelte di doppiaggio non convincono e fanno perdere, in primis nella parti cantate, molto di quello che viene dato dalle voci originali (entrambe le soundtrack sono già disponibili) e la scelta di lasciare gli adattamenti dei testi praticamente identici a quelli del cartone animato magari eviterà pure le polemiche ricevute dal remake live action de La bella e la bestia ma mostrerà una mancata sincronizzazione tra labiale e voce fastidiosa. Tornando al lavoro di riscrittura dello script originale è evidente che in dei momenti era necessario e in altri evitabile ma anche qui si è finito con il ricercare un equilibrio. Il personaggio stesso della Ariel animata è stato una figura di passaggio tra un determinato tipo di principessa, per così dire, in difficoltà e una principessa, diciamo, d’azione e qui si è deciso di spostare maggiormente l’asticella più sulla seconda, con risultati a volte prevedibili ma in piena linea con i tempi odierni e il progetto d’insieme.

La musicalità della regia di Ron Marshall non poteva non sposarsi bene con le musiche originali di Menken e Ashman (e le nuove di Miranda), i fondali marini in cui far muovere la telecamera e i nuovi paesaggi dal sapore caraibico della terra ferma. Si può probabilmente realizzare sempre di meglio e di più rispetto al prodotto finale che vediamo sul grande schermo ma ci sono delle volte in cui è molto più importante provare a guardare principalmente con il cuore, scordarsi del resto, per ritornare con il giusto spirito in fondo al mar.

La Sirenetta sbarca nelle sale italiane con Walt Disney Pictures a partire da mercoledì 24 maggio.

VOTO: ★★★½


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