American Horror Story: Quale potrebbe essere il destino della serie

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Di Edoardo Intonti

Se è vero che i numeri contano qualcosa, sopratutto nello spietato mondo di Hollywood dove significano guadagno, e tale guadagno determina quando e come continuare un progetto, i numeri di American Horror Story, al momento, non fanno ben sperare.

Come nella pagella di uno studente brillante ma dalla carriera scolastica traballante, American Horror Story ha iniziato le elementari in modo ampiamente sorprendente (Murder House e Asylum), ha continuato le medie in modo traballante (Coven e Freak Show) arrivando a superare il ginnasio per il rotto della cuffia (Hotel e Roanoke).
Il momento di affrontare il “liceo” è vicino, lo zoccolo duro dei fan, per quanto siano i più difficili da accontentare, alla fine, accetteranno muti ogni scelta propostagli, non guastando più di tanto i numeri di AHS. Ma non è su di loro che Ryan Murphy e co. dovrebbero concentrarsi, bensì su i non fan, coloro che effettivamente costituiscono gli spettatori casuali  e che, più o meno ignoranti delle logiche del mondo di AHS possano decidere nei mesi prossimi di seguire la tanto attesa settima stagione.
Come può quindi American Horror Story  (presupponendo che Murphy possa comunque patteggiare con FX un numero di episodi conclusivi, incurante dei risultati degli ascolti) salvarsi dal baratro della cancellazione  che attende normalmente quasi ogni serie televisiva superata la sesta stagione?

In termini numerici nemmeno l’immenso lavoro di segretezza e di mistero costruito attorno alla fantomatica sesta stagione hanno giovato agli ascolti, che sono stati  i più bassi delle ultime 4  prime puntate di inizio stagione (Roanoke: 5.14 milioni di spettaori, Hotel: 5.8, Freak Show: 6.13, Coven: 5.54). Quindi una prima risposta è con una migliore comunicazione. Pubblica, facilmente fruibile e chiarezza sul tema della stagione (che rende più facile identificarla dalla massa), meno teaser trailer più chiari e via dicendo.
La seconda risposta è il cast: Murphy negli anni ha tessuto una rete di grandi nomi di collaboratori, con i quali ha lavorato sia per altre serie che per suoi piccoli riusciti tentativi cinematografici. Ha quindi un’invidiabile ventaglio di possibilità, dal quale però, attinge sopratutto per i progetti più recenti che lo interessano di più  (American Crime Story e Feud su tutti). Si crea quindi una situazione stagnante e che rischia di cadere nel baratro della serie fandom-oriented, ovvero con l’obbiettivo di accontentare i fan (stessa scelta che fu tra i motivi della graduale caduta di qualità di Glee). In sostanza Murphy dovrebbe avere il coraggio di separarsi o ridurre lo spazio dedicato ai preferiti dai fan, sfruttando le sue conoscenze per introdurre nuova linfa per lo show. Aver costruito le stagioni centrali sul personaggio di Jessica Lange ha reso evidente come l’eccessivo attaccamento ad un’interprete non abbia giovato al resto della produzione, esattamente come non è utile l’obbligo di includere ogni anno determinati volti, cari certamente ai fan, costretti però in brevi ruoli secondari per i quali non sarebbero normalmente adatti.

La terza risposta è la paura: AHS si dimentica fin troppo facilmente il suo obbligo di spaventare il pubblico. Nonostante Roanoke sia stata effettivamente ricca di scelte generalmente horror (cannibali, grudge, fantasmi ecc) rischia spesso di cadere nel drammone familiare, nella lotta LGTB o melò sentimentali improbabili. Certo, questo è parte del fascino di AHS, ma il bilanciamento di questi elementi e della componente horrorifica rischia di compromettere personaggi ben scritti e scenari interessanti. Hotel ha rinunciato a metà stagione al mistero e all’intreccio, favorendo invece interminabili dialoghi, situazioni para-comiche in ambienti claustrofobici e il glamour enfatizzato a tutti i costi, segnando la punta di più bassa della serie (rimanendo un prodotto televisivo interessante, ma fuoristrada rispetto all’idea originale).

La quarta e ultima risposta è il tema: La creazioni di grandi personaggi è sicuramente uno dei punti forti della serie, che sopratutto in alcune stagioni, ha contribuito al successo dell’intera annata, e che a piacimento, gli autori possono decidere di mostrare ad anni di distanza come collegamento tra tutte le stagioni (alcuni tentativi riusciti come nel caso di Pepper, altri  ruffiani tentativi di ingraziarsi il pubblico come il ritorno di Lana Winters quest’anno). Eppure insistere con i collegamenti tra le varie stagioni, rinforza sì l’apprezzamento della serie da parte dei fan, ma allo stesso tempo scoraggia il nuovo spettatore che è demotivato dalla mole di collegamenti pre-esistenti e di cui potrebbe non cogliere i riferimenti.
Gli autori devono dunque essere parsimoniosi con questa logica del “tutto collegato”, scegliendo un tema che possa slegarsi parzialmente dalle logiche pre-introdotte gli anni precedenti, anziché rafforzarle (fantasmi-visibili, streghe-xmen, vampiri-fashionisti ecc). L’alternativa a grandi temi come il circo e la congrega, potrebbe essere quella del non-tema, che permetterebbe la rivoluzione del format, sempre antologico, ma non obbligato a ruotare per tutti e 10 gli episodi attorno ad una sola location, un solo spunto narrativo e un solo periodo storico. Certamente è necessario un lavoro di scrittura meglio coordinato, per evitare incongruenze da un episodio all’altro o sfruttare al meglio gli elementi a disposizione (mediando tra le situazioni  dal bouquet eccessivamente vasto come in Asylum o quelle eccessivamente ripetitive come Freak Show).

Murphy ha parlato di una settima stagione ricca di riferimenti alle scorse stagioni e dalla struttura narrativa inedita (ma con nulla a che fare con l’esperienza mediata di Roanoke). Non resta dunque che sperare in un’ulteriore rivoluzione all’interno di AHS, che quest’anno sembra già aver imparato dagli errori passati e saputo di mostrare di saper cambiare in meglio.



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