Da fidanzatina d’america a drama actress: I ruoli chiave della carriera di Julia Roberts

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Di Giuseppe Fadda

Forse la generazione
contemporanea non può comprendere appieno l’importanza che Julia Roberts ha avuto nel panorama cinematografico degli anni ’90.
Da un lato perché i suoi più grandi successi sono veri e propri prodotti del
loro tempo, film che oggi risultano fortemente datati pur essendo relativamente
recenti (Il matrimonio del mio migliore
amico
, all’epoca campione d’incassi, apparirebbe ad una sensibilità moderna
come misogino).

Dall’altro perché nessuna star di oggi esercita quel tipo di
fama e adorazione di cui l’attrice godette nei suoi anni d’oro. La critica nei
suoi confronti non è unanime, e i suoi detrattori accusano le sue interpretazioni
comiche come stucchevoli e quelle drammatiche come monocorde. Questo in certi casi
è vero: la sua interpretazione in Erin
Brockovich – Forte come la verità
, per quanto premiata con l’Oscar, è un ritratto monodimensionale e
quasi caricaturale; quella in Closer
impallidisce di fronte alle intense prestazioni di Clive Owen e Natalie Portman.

Ma quello che è indiscutibile è il suo coraggio, la sua disponibilità a confrontarsi
con ruoli diversi ed esigenti, anche se i risultati non sono sempre perfetti. E
l’impronta che ha lasciato nell’immaginario collettivo è indelebile: titoli
come Pretty Woman, A letto con il nemico, Il matrimonio del mio migliore amico, Notting Hill e Ocean’s Eleven sono tutti titoli che hanno avuto un successo strepitoso
tra il pubblico.

Oggi, in onore dei suoi 51 anni, ricordiamo
le interpretazioni più memorabili di questa star.
Shelby Eatenton in Fiori d’acciaio (1989)
Fiori d’acciaio è un delizioso film corale al femminile, che riesce
a compensare la melodrammaticità del copione con le splendide interpretazioni
delle sue attrici. Julia Roberts interpreta
Shelby, la figlia diabetica della protagonista interpretata da Sally Field. Non è un ruolo facile, e
ci sono momenti un po’ stridenti nella sua performance (come la scena della
crisi ipoglicemica). Ma nel complesso il suo è un ritratto emozionante di una
giovane donna disposta a rischiare la sua vita pur di avere un bambino e le sue
scene con l’altrettanto brava Field
rappresentano il nucleo emotivo del film. Soprattutto, riesce a portare credibilità
e personalità ad un personaggio che avrebbe potuto essere solo una martire
senza sfaccettature o complessità. Per quest’interpretazione ha ricevuto la sua
prima nomination all’Oscar, nella
categoria di miglior attrice non
protagonista
.
Vivian Ward in Pretty Woman (1990)
Pretty Woman è un film che, per quanto a tratti godibile, non
funziona completamente: originariamente scritto come un film molto più dark,
risulta come una commedia di un’ingenuità che sfocia nel cattivo gusto. A
tenere in piedi il film è Julia Roberts,
che è perfetta nel suo ruolo e regala una prestazione divertente ed esplosiva.
La sua Vivian è una protagonista ideale, in personaggio con cui empatizzare e
per cui tifare. Il film ha molti aspetti poco convincenti (come l’interpretazione
svogliata di Richard Gere) ma la Roberts porta al ruolo tanta
freschezza, spontaneità, imprevedibilità e tenera malinconia che ci appare
impossibile disinteressarci alla sua storia. Negli anni successivi, la Roberts ha cercato di replicare quel
carisma e quel fascino che resero Vivian un personaggio indimenticabile, ma
come spesso è il caso l’originale resta ineguagliabile. Per questo ruolo ha
ricevuto la sua seconda nomination all’Oscar,
questa volta nella categoria di miglior
attrice protagonista
.

Julia Roberts in una scena di “A Normal Heart”.

Barbara Weston ne I segreti di Osage County (2013)
Questo sottovalutato film corale
vede Julia Roberts regalare quella
che è forse la sua miglior interpretazione. Il ruolo è quello di Barbara, una
donna in procinto di separarsi che si trova a dover affrontare l’instabile,
alcolizzata e morente madre in seguito al suicidio del padre. Sono molte le
interpretazioni notevoli del film: Meryl
Streep
è contemporaneamente terrificante e devastante nel panni della madre
malata; Julianne Nicholson, nel
ruolo della figlia solitaria che ha rinunciato a tutto per prendersi cura dei
suoi genitori, spezza il cuore; Margo
Martindale
interpreta il personaggio della zia con la giusta dose di
esuberanza e risentimento; e Julia
Roberts
mette in luce tutte le sfaccettature della complicata Barbara,
rivelando il malessere e il dolore che si celano dietro alla sua corazza dura e
ostile. Mai nella sua carriera è stata così brutale, intensa e viscerale. La sua performance funziona in maniera perfettamente complementare a quella della Streep: le due attrici interpretano i loro personaggi come due facce della stessa medaglia, due donne ugualmente ferite e amareggiate che però gestiscono il loro dolore in maniera indifferente. Se la madre non ha paura di distruggere le persone che ha intorno, Barbara fa appello al suo ultimo brandello di umanità per non diventare come lei. Per questa interpretazione, riceve la sua quarta nomination al
Premio Oscar, tornando nella
categoria supporting.
Dr. Emma Brookner in The Normal Heart (2014)
The Normal Heart mette in scena le sofferenze della comunità gay
di fronte ad un governo impassibile che si rifiuta di prendere provvedimenti contro la diffusione dell’AIDS. Questo film televisivo, che beneficia di un’intelligente sceneggiatura e di un ottimo cast, si inserisce sicuramente tra i migliori lavori di Ryan Murphy. La Roberts interpreta la Dr. Brookner (personaggio basato su Linda Laubenstein), una dottoressa paralitica a causa della poliomielite nonché unica a battersi affinché il governo finanzi le ricerche per la cura contro il virus. La Roberts interpreta il ruolo con la giusta dose di ferocia, grinta e determinazione, una leonessa pronta a tirare fuori gli artigli per difendersi quando la sua ricerca e il suo lavoro vengono costantemente svalutati e ostacolati da un governo indifferente nei confronti di quella che è percepita come la “malattia dei gay”. E’ un’interpretazione che non ruba la scena e non vuole farlo: si inserisce alla perfezione all’interno di dell’ensemble del film ed è uno dei tasselli che gli permettono di funzionare così bene. 
Julia Roberts in una scena di “Il segreto dei suoi occhi”.

Jess Cobb ne Il segreto dei suoi occhi (2015)

Il segreto dei suoi occhi, remake dell’omonimo film argentino del 2009, è un film non necessario, che aggiunge ben poco all’originale e anzi lo riduce ad un thriller pulito ma insipido. Chiwetel Ejiofor è un protagonista efficace, mentre Nicole Kidman si difende bene in un ruolo blando e indegno del suo talento. L’aspetto più memorabile del film è l’interpretazione di Julia Roberts in un ruolo insolitamente dark per lei, quello di una detective in cerca di giustizia per lo stupro e l’omicidio di sua figlia adolescente. La Roberts non ha moltissime scene sullo schermo, eppure regala un’interpretazione memorabile e toccante che si fa portatrice del tema portante del film, la labilità del confine tra giustizia e vendetta agli occhi del genitore di una vittima. E’ particolarmente efficace il contrasto tra le scene ambientate prima dell’omicidio, in cui la Roberts è solare e allegra, e quelle ambientate dopo, in cui la Roberts ritrae Jess come lo spettro pallido e inaridito della donna che era una volta. 
Isabel Pullman in Wonder (2017)
Il regista Stephen Chbosky fa in Wonder ciò che era riuscito ad evitare in Noi siamo infinito (2012): scadere nel melodramma stucchevole e ruffiano, che nel ricercare la commozione da parte dello spettatore finisce per perdere di sincerità. Alcuni singoli aspetti funzionano, come la caratterizzazione dei personaggi principali e la recitazione degli interpreti, soprattutto Jacob Tremblay, Izabela Vidovic e Julia Roberts. Quest’ultima interpreta Isabel, la premurosa madre di un bambino con una malformazione craniofacciale. Non è un ruolo particolarmente complesso dal punto di visto psicologico, ma la Roberts diverte e commuove portando al ruolo la giusta dose di tenerezza, empatia e pazienza. L’attrice trasmette alla perfezione i sentimenti contrastanti di una madre consapevole delle difficoltà a cui suo figlio dovrà andare incontro ma determinata a non crescerlo come diverso dagli altri. 

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