I migliori momenti cinematografici del 2019 secondo Awards Today

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Di Daniele Ambrosini
Continua il nostro viaggio alla riscoperta del meglio della passata annata televisiva e cinematografica, con la nostra classifica dedicata alle migliori scene del 2019. Abbiamo selezionato dieci momenti tratti da film che, per un motivo o per un altro, sono rimasti impressi nella nostra memoria di spettatori, dieci momenti intensi, divertenti, commoventi, inaspettati che, siamo sicuri, avranno colpito tanti nel buio della sala cinematografica.
Per la nostra classifica abbiamo scelto, tenendo conto solamente dei film distribuiti nelle sale italiane nel corso dell’anno, quattro scene da film non in lingua inglese, una da un cartone animato campione d’incassi, e due tratti da film di grandi major, tra cui una delle sequenze più discusse ed amate dell’anno. Ci sono tre aggressioni con coltello, un’esibizione canora e un monologo teatrale, ma anche un incendio, una festa di compleanno e un’intensa scena d’amore. 
Laddove è stato possibile reperire una clip o una featurette della scena presa in analisi, abbiamo aggiunto il video, contiamo di aggiornare l’articolo qualora saranno disponibili online i video delle scene mancanti. Ovviamente l’articolo contiene spoiler, perciò vi invitiamo a leggere solamente i paragrafi dedicati ai film che avete avuto modo di visionare.
10. John Wick 3 – Parabellum – La battaglia con i coltelli
I primi due film di John Wick ci hanno regalato alcune delle scene d’azione più folli dell’ultimo decennio, se non di sempre, basti pensare alla sequenza del secondo capitolo in cui il personaggio di Keanu Reeves uccide due persone armato solamente di una matita, e il terzo capitolo non è assolutamente da meno. Parabellum, infatti, è un film d’azione volutamente e fieramente eccessivo, grafico ed elegantemente coreografato dove possiamo vedere, ad esempio, Reeves e Halle Barry uccidere 70 persone nella stessa sequenza o Wick usare un libro come arma, ma la scena più iconica del film, è sicuramente quella più folle e divertente del film, ovvero la battaglia con i coltelli. Diventato l’uomo più ricercato al mondo, Wick si ritrova alle calcagna orde  di sicari e assassini, alla ricerca della gloria e del favore della Gran Tavola, e questo lo porta a mettersi in un fuga per salvare la sua vita. Questa fuga lo porta… in una stanza piena di pugnali e coltelli, che nelle mani di John Wick sono ben più letali delle armi da fuoco dei suoi numerosi avversari.

9. Border – L’amore nel bosco
Tina è una troll, non consapevole della propria natura, essendo cresciuta in una famiglia di umani, che non le ha mai parlato del suo passato. Ha un aspetto diverso, intimidatorio in qualche modo, e un fiuto incredibile per le emozioni umane. Un giorno incontra Vore, un troll come lei, che le apre un mondo e le fa scoprire la sua vera natura, tra loro c’è un’attrazione quasi animalesca, molto primitiva, che li porta, nella scena più sorprendente, fantasiosa e genuinamente strana di Border, a fare l’amore nel bosco. I ruoli sociali di uomo e donna, gli equilibri di potere e dominazione in ambito sessuale vengono stravolti in questa breve ma magica sequenza che vede Tina scoprire di avere l’abilità di farsi crescere un pene per l’attività sessuale. Ciò che segue è selvaggio, senza freni ed incredibilmente liberatorio. Difficile da dimenticare.
8. Toy Story 4 – Plush Rush
In Toy Story 4 c’è il minuto di cinema più divertente dell’ultimo anno. Nell’arco di poco più di una sessantina di secondi è contenuta la gag più esilarante e inaspettata del film, che sfrutta un’ironia che fa della ripetizione il suo punto forte, un tipo di gag che forse ci aspetteremmo dai Griffin, ma che in Toy Story ci prende un po’ alla sprovvista, e proprio per questo risulta esilarante. Stiamo parlando della sequenza in cui i due nuovi arrivati, Ducky e Bunny, espongono a Buzz il loro piano per rubare le chiavi dalla proprietaria del negozio di antiquariato. Il quale consiste semplicemente nell’attaccare violentemente la povera vecchietta. Buzz resta esterrefatto e dubbioso la prima volta, ma lascia che i due ripropongano il loro piano, con delle piccole varianti, altre due volte. Ed ogni volta diventa sempre più divertente. Le risate sono assicurate.

7. C’era una volta a… Hollywood – L’incursione
Il momento dell’attacco alla casa di Rick Dalton da parte dei fanatici della family di Charles Manson è sicuramente il momento più squisitamente tarantiniano dell’ultimo film del regista di Pulp Fiction e Le Iene. Lì emerge fortissimo il suo approccio divertito nei confronti della violenza grafica, nonché la sua fascinazione nei confronti della rielaborazione storica in ambito cinematografico, che ha un precedente illustre in Bastardi senza gloria. In questa sequenza un Cliff Booth strafatto riesce a sconfiggere la banda di criminali con l’aiuto della sua cagnolina, Brandy, e di una scatoletta, per l’appunto, di cibo per cani. Rick conclude il lavoro utilizzando un lanciafiamme. Un lanciafiamme. Un vezzo assolutamente innecessario che dona alla scena quel quid in più, quella punta di ironia sfacciata che rende la scena ancora più intrigante. Il risultato finale è un esilarante pezzo di grande intrattenimento. 

6. Ritratto della giovane in fiamme – Finale
Sono svariate le scene di Ritratto della giovane in fiamme che meriterebbero un posto su questa lista. Ma nessuna è potente quanto la sequenza finale, in cui la pittrice Marianne (Noémie Merlant) vede la sua amata Heloïse (Adèle Haenel) l’ultima volta. Il crescendo di intensità che prelude la scena finale è già di per sé magistrale. Lo spettatore assiste allo straziante addio delle due protagoniste, seguito da un momento di devastante delicatezza in cui Marianne vede ad una mostra un ritratto di Heloïse, in cui l’amata tiene in mano un libro e segna col dito la pagina 28 – sulla quale, anni prima, Marianne aveva disegnato un suo ritratto. Poi udiamo la voce di Marianne dirci: “L’ho vista un’ultima volta”. E l’ambientazione si sposta in un teatro, dove Marianne scorge Heloïse che però rimane ignara della presenza dell’altra. La cinepresa si sposta gradualmente sul viso di Heloïse mentre l’orchestra suona le Quattro Stagioni di Vivaldi, che una volta Marianne aveva suonato per lei. La Haenel, in una delle interpretazioni più memorabili dell’anno, cattura ogni singola emozione del personaggio, che sembra rivivere nell’arco di qualche minuto tutta la storia d’amore – e noi spettatori con lei. Sul suo volto si alternano dolore, amarezza e rimpianto, ma anche un’indescrivibile gioia nel ricordare quelli che sono stati i giorni più belli della sua vita. È un momento tanto devastante quanto catartico, e il perfetto coronamento di un film straordinario. (Di Giuseppe Fadda)
5. Joker – Danza
Arthur Fleck sta facendo ritorno a casa, dopo essere stato licenziato per aver portato una pistola con sé mentre si trovava in un ospedale per fare il clown per dei giovani pazienti. In metropolitana ha uno dei suoi attacchi e tre uomini lo prendono di mira, dapprima prendendosi gioco di lui verbalmente, poi prendendolo a calci e pugni. In quel momento Arthur perde la pazienza, tira fuori la pistola e spara a due di loro, uccidendoli sul colpo. Il terzo, ferito ad una gamba, si dà alla fuga. Arthur lo segue ed in un impeto di rabbia scarica l’intero caricatore sul suo corpo. Successivamente scappa via e si rifugia in un bagno pubblico. Qui inizia a danzare. È in quel momento che Arthur diventa Joker. Todd Phillips e Joaquin Phoenix in questa scena improvvisata trovano il modo perfetto per rappresentare al meglio la frammentarietà della fragile psiche di un personaggio giunto al momento di rottura. Da qui non si può più tornare indietro, il processo di l’interiorizzazione di tutto male ricevuto fino fino a quel momento è ormai giunto al suo apice ed è irreversibile. In seguito ad una carneficina, il Joker balla sulle note di una sinfonia immaginaria, perché lui è in grado di vedere la bellezza nell’orrore. E quale miglior modo di fare emergere questo aspetto della sua personalità?

4. Midsommar – Finale


Che Midsommar non potesse finire bene e che ci fosse del marcio in Svezia, era più che evidente fin da subito, dalle premesse stesse del film. Il viaggio pensato ed architettato da Ari Aster, infatti, si conclude con una nota macabra, che rimette tutto il film in prospettiva e ci chiede di rielaborarlo metaforicamente. Dopo che la Dani di Florence Pugh è incoronata Regina di Maggio, assistiamo all’ultimo rituale della festa di mezza estate che prevede un sacrificio umano, anzi, numerosi sacrifici umani. Così Christian drogato, paralizzato e infilato con la forza dentro la carcassa di un orso muore bruciato dalle fiamme. Il fienile dove sono stati stipati i corpi inizia a cadere a pezzi, quando a questo viene sovrapposta l’immagine del volto di Dani, sul quale compare un sorriso. Tutto il film si risolve lì, nell’ultimissima inquadratura che ci invita a ripensare a quanto visto fino a quel momento sotto una lente diversa, ci invita a pensarlo come una metafora sulla vita di coppia. E per farlo scomoda immagini dal forte valore simbolico, come le fiamme, simbolo di espiazione e rinascita, una rinascita  qui indissolubilmente legata alla vendetta, alla violenza emotiva.

3. Storia di un matrimonio – Being Alive
Storia di un matrimonio ha almeno un paio di scene emotivamente cariche, che non possono che colpire lo spettatore, come la bellissima apertura dove i protagonisti elencano le cose che amano l’uno dell’altra, o il rabbiosissimo confronto che si trova circa a metà del film, ma la nostra scelta per questa classifica ricade su un altro momento del film, uno sempre emotivamente carico, ma più inatteso, uno che rappresenta, a livello di scrittura, la perfetta quadratura del cerchio su Charlie, il protagonista interpretato da Adam Driver. Dopo aver firmato il divorzio, ed essersi fatto tagliare i capelli da qualcuno che non fosse Nicole, per la prima volta in molti anni, Charlie si reca in un karaoke bar con un gruppo di amici, lì si lancia in una performance a cuore aperto di “Being Alive”, scritta da Stephen Sondheim per il musical Company. Noah Baumbach regala al suo personaggio un un momento di esuberanza e sovracompensazione emotiva, dove questo è realmente in grado di entrare in connessione con quella parte di sé stesso che in quel momento cerca di reprimere attraverso il linguaggio a lui più congeniale: il teatro. Una scelta miratissima, che è frutto di una scrittura molto attenta alla caratterizzazione dei personaggi. La sua è una performance genuinamente imperfetta, che funziona proprio perché non sembra artificiosa.

2. Dolor y Gloria – Il monologo



Il miglior attore non è chi piange, bensì chi lotta per trattenere le lacrime” dice il Salvador Mallo di Antonio Banderas quando consegna il copione che ha scritto per rielaborare la sua dipendenza dall’eroina ad Alberto Crespo, un attore con il quale ha avuto un rapporto molto complicato nel corso degli anni per via dei risultati, a sua detta insoddisfacenti, di un film fatto insieme trent’anni prima. Il momento più toccante di Dolor y Gloria, nonché il più memorabile, è quello dedicato al monologo teatrale ottimamente interpretato da Asier Etxeandía, una scena dove il protagonista interpretato da Antonio Banderas viene momentaneamente messo da parte e a parlare sono le parole che lui non ha il coraggio di riconoscere come proprie, ma che ci dicono di lui più di quanto non faccia il resto del film. E, forse, è proprio in questo momento che la figura del narratore, quello vero, quell’Almodovar che tutti noi sappiamo nascondersi dietro Salvador Mallo, emerge maggiormente. Sembra rompere la finzione scenica, o meglio, forzarla un po’ per parlare al suo pubblico, quello che lo conosce e che sa che lì, a saperlo ascoltare, c’è molto di lui e della sua storia personale, e che condividerla non è facile, anzi, è un atto d’amore, nei confronti del pubblico, sì, ma soprattutto nei confronti del cinema, quel cinema che è luogo della memoria e sa di “pipì, di gelsomino e di brezza d’estate“.

1. Parasite – Il compleanno
Parasite è innegabilmente uno dei film di maggiore impatto di questo 2019, uno di quelli che ricorderemo anche ad anni e anni di distanza. Uno degli elementi vincenti del film di Bong Joon-ho è sicuramente la sua capacità di combinare in modo armonico diversi generi cinematografici e di creare qualcosa di unico, tanto che molti da Cannes sono arrivati addirittura ad asserire che Parasite faccia genere a sé. Complice il sapiente uso di elementi propri di generi diversi e un intreccio particolarmente ingegnoso, Parasite risulta imprevedibile e sorprendente. E se c’è un momento del film che rappresenta questa imprevedibilità e l’ottima gestione di generi e toni è proprio la scena dedicata alla festa di compleanno del piccolo Da-song, dove il dramma esplode e una vena gore/pulp con una sottile traccia di ironia prende il sopravvento. Si tratta del punto focale del film, del momento in cui i contrasti sociali tra i tre nuclei familiari protagonisti raggiungono il loro apice, in cui quanto costruito fino a quel momento arriva alla sua naturale, esplosiva, eccellente conclusione. Cinque minuti di puro, purissimo cinema che sono rappresentativi di un film altrettanto straordinario. All’odore, elemento ricorrente all’interno del film per rappresentare la condizione sociale dei personaggi, è legato il colpo di scena vero e proprio di questa scena, quello che stravolge il film, ancora una volta.

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