Di Pietro Lafiandra
C’è una sostanziale differenza tra L’Esperimento del Dottor K di Kurt Neumann e La Mosca di David Cronenberg, una differenza che ha sì a che fare con l’estetica della carne proposta dal regista canadese attraverso i meravigliosi effetti speciali e trucco (premio oscar 1987 per Chris Walas e Stephan Dupuis) ma che investe in particolar modo il diverso approccio dei registi allo stesso materiale narrativo di partenza, La Mosca (La Mouche, George Langelaan, 1957).
Se nel film di Kurt Neumann la moglie di André Delambre sottolineava i limiti della scienza e dello scienziato, invitando il marito a non oltrepassare la linea di demarcazione tra ciò che è proprio dell’uomo e ciò che è proprio di Dio, nel film di Cronenberg il dramma fantascientifico di Langelaan viene completamente drenato dal suo carattere morale, e l’apologo lascia spazio al body horror totale per una riflessione tipicamente cronenberghiana sulla carne, sul suo rigetto, sulla sua mutazione, sulla comunanza organica tra l’uomo, l’animale e la macchina in qualità di Diverso, Altro, e che per questo assume più volte connotati zoomorfi.
Questi tre elementi (uomo/animale/macchina) sono presenti sin dalla prima inquadratura de La mosca, un campo lungo che accompagna i titoli di testa composto a partire da una macchina da presa inclinata dall’alto verso il basso e che per questo dichiara allo spettatore la sua presenza fisica all’interno dello spazio (ma anche la sua reticenza nell’avvicinarsi ai corpi organici) come quello di una mosca che osserva in lontananza. Cronenberg riprende i conversanti all’interno di una sala muoversi come se fossero tanti piccoli insettini o delle cellule che mutano colore. Il montaggio svolge un ruolo importante nell’incipit, mettendo in scena la prima mutazione estetica del film attraverso la variazione delle cromie e dei loro accostamenti nel quadro: un passaggio sinusoidale da una forma che sembra riprodurre una soggettiva non umana, l’apparato visivo delle mosche con i suoi ommatidi, procedendo e riavvolgendosi dalla visione caleidoscopica-reticolare di minuscole masse informi rosse, verdi e blu, a una psichedelia ocra-muschio per poi, infine, una volta terminati i titoli di testa, condurre in fade in alle luci “naturali” all’interno della sala predisposta per un meeting tra personalità del mondo scientifico. Qui Seth Brundle (Jeff Goldblum), un misterioso scienziato, sta discutendo con Veronica Quaife (Geena Davis), giovane giornalista, di un progetto che lo occupa da anni e che, a suo dire, rivoluzionerà “il mondo e la vita umana per come la conosciamo”: sarebbe a dire, il teletrasporto. La donna, tra il serio e il faceto, risponde con una frase che assomiglia a un oracolo, la predizione del fallimento dell’esperimento che avrà ripercussioni sul solo Seth e su nessun altro: “lo cambierà molto o solo un pochino? Devi essere più specifico”.
Cronenberg si diverte a disseminare indizi per tutte la prime sequenze, a lasciare dietro di sé le briciole attraverso cui, a una seconda visione, ricostruire a ritroso il dramma del corpo di Seth (il nome del protagonista, per esempio, cambia da Andrè Delambre, come era chiamato nell’originale di Neumann, in quello del più famoso tra gli dei ibridi uomo-animale). Così, anche quando la giornalista accetta di seguirlo al suo laboratorio, mentre lo riaccompagna in macchina, l’uomo, seduto sul sedile del passeggero, manifesta i primi segni di rigetto del teletrasporto: “stai male?”, “oh, ovviamente”, “non sei un abile ubriaco”, “no, no, sono sempre così. È chinetosi. Quando ero piccolo, ho vomitato sul mio triciclo”. Il discorso si potrebbe estendere, partendo dalla chinetosi, fino al completo rifiuto del macchinico, del tecnologico. quando, qualche inquadratura più tardi, lo scienziato spiega a Veronica come lui non lavori a diretto contatto con la tecnologia: “c’è molta roba lì dentro che non capisco, io sono letteralmente un sistema di controllo umano. Io estraggo briciole e frammenti da persone che sono molto più brillanti di me. Dico: “costruitemi un laser così, disegnate un analizzatore molecolare qua. Loro lo fanno e io li metto semplicemente insieme”.
Seth difficilmente entra in contatto con le apparecchiature del suo studio. Non utilizza un proprio oggetto personale per dimostrare a Veronica il funzionamento delle telecapsule, ma le chiede di sfilare dalla gamba una della sue collant. Fa assaggiare a lei la bistecca sintetica teletrasportata per assaporarne il gusto. Soprattutto, perché il processo di teletrasporto possa avere luogo, dialoga costantemente con un computer che risponde solo ai suoi comandi vocali attraverso un pattern di riconoscimento timbrico che gli consente di non utilizzare la funzione manuale e restare a una distanza di sicurezza da ogni apparecchiatura tecnica.
Nonostante non sia mai caratterizzato “umanamente” con una soggettiva, il computer de La mosca è l’Hal 9000 dell’immaginario cronenberghiano, poiché capace di restituire lo stesso senso di presenza fisica e di minaccia incipiente dato dalla voce di Douglas Rain in 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrick, 1968), qui (ri)costruita attraverso delle inquadrature oggettive, dei dettagli che sembrano i primi piani di un dialogo tra uomini, tra corpi di diversa natura ma con una matrice comune, in cui il computer produce le proprie riflessioni e formula le sue sentenze mute per mezzo delle lettere che compaiono sulla sua interfaccia. Il computer di Seth non ha però una volontà propria, è obbligato a eseguire gli ordini che gli vengono impartiti, è totalmente dipendente dalla voce e quando questa viene a mancare, la macchina dimostra la sua subordinarietà all’essere umano.
Le proprietà linguistiche segnano i confini tra l’umano e l’animale e l’apprendimento di un linguaggio comune è uno dei mezzi che permette la rottura delle barriere di specie: lo si vede in molti film sull’ibrido uomo-animale (da L’isola delle anime perdute a Splice fino a La forma dell’acqua). La mosca non è da meno perché, nel momento in cui Seth ha quasi totalmente completato la sua trasformazione in insetto, è proprio l’impossibilità di utilizzare il comando vocale, unito alla perdita dell’uso delle mani, a decretarne la totale metamorfosi. Privato della manualità e con la voce marcescente, Seth non potrà più essere riconosciuto come uomo dal computer che mette fine alle ultime speranze di una “controfusione” che avrebbe invertito il processo di trasformazione riportandolo alla sua stato organico originale. È quindi la tecnologia a decretare in maniera definitiva la sua natura animale.
Nel film di Cronenberg il corpo macchinico, quello umano e quello animale significano esattamente la stessa cosa, come se il corpo, che sia tecnologico o organico, abbia lo stesso identico valore degli altri corpi, come se, con la loro fluidità e indeterminatezza, l’uomo, la macchina e l’animale fossero l’uno lo specchio dell’altro e contemporaneamente l’Estraneo, tanto che, in fondo, non è ben chiaro chi sia a rigettare chi. È Seth che rifiuta la mosca, o la mosca che rifiuta Seth? O è ancora la macchina che è incapace di accettare l’organismo?
Inizialmente, si ha persino l’impressione che non ci sia niente da rigettare, che questo remake di Cronenberg possa diventare un super-hero movie perché, esattamente come accadeva al Peter Parker di Sam Raimi, la fusione genetica con un insetto causa un upgrade nelle facoltà fisiche del protagonista. Però, mentre i super poteri di Spider-Man si presentavano in seguito alla febbre, alle palpitazioni e ai tremori, una malattia necessaria per la traslazione da uno stato all’altro, il processo di acquisizione e perdita dei poteri di Brundle funziona in maniera antitetica: sono i super poteri che conducono alla malattia. Dopo aver avuto un rapporto sessuale, Seth viene svegliato di notte dal fastidioso ronzio di una mosca che, ancora nel dormiveglia, afferra nel pugno chiuso per poi liberarla. Esterrefatto dai suoi riflessi, molto simili a quelli donati a Peter Parker dal senso di ragno, l’uomo si alza e si reca nella stanza principale della casa. Veronica, non vedendolo affianco a lei una volta svegliatasi, si alza dal letto e lo trova intento a eseguire delle acrobazie utilizzando i braccioli di una sedia come sostegno, poi, come un trapezista, si lancia su una sbarra ed effettua trazioni, capriole, volteggi. La donna è stupita, ed è ancor più stupita nel constatare la sua resistenza durante il coito, tanto che è lei stessa a doverlo supplicare di interromperlo.
I poteri di Seth sono inebrianti, una droga che lo rende euforico, iperattivo, logorroico e, super forte. Talmente forte da non riuscire a gestire la rabbia. Dopo aver litigato con Veronica si reca in un pub dove viene sfidato a una gara di braccio di ferro. Sentendosi insultato, Seth accetta la sfida e lacera con facilità il polso e avambraccio dello sfidante. Da questo momento in poi il corpo di Seth entrerà in possesso, sì, di nuovi poteri (come, ad esempio, la capacità di camminare sui muri), ma al contempo andrà in contro alla totale rovina. La mutazione era già iniziata con la comparsa di peli simili a crini da una ferita alla schiena inflittagli da uno strumento tecnico dimenticato nel letto. I peli, una sfumatura stonata sul corpo quasi glabro di Goldblum, ancora una volta, dopo la voce, identificano la comparsa dell’animale, quella componente bestiale che da subito Veronica, attratta dai modi gentili e dall’intelligenza di Seth, cerca di evirare, tagliandoli con delle forbici. La donna assiste all’ascesa e alla repentina discesa di Seth, assistendolo in tutte le fasi, senza mai distogliere lo sguardo, insieme allo spettatore.
Si ha sempre la sensazione di uno sguardo-altro durante il film. Come se ci fosse un occhio diverso ed estraneo, lontano dall’azione ma partecipe agli avvenimenti. Come se lo sguardo della telecamera, quello dello spettatore e quello di una mosca potessero coincidere, decomponendo e moltiplicando l’immagine di Seth fino a creare una nuova unità fatta delle diverse mediazioni dell’occhio: l’occhio di Veronica su Seth e Seth-mosca, l’occhio di Seth sulla sua componente mosca, l’occhio della telecamera interna alla diegesi, l’occhio di Stathis (John Getz) che vede Seth marcire attraverso i videotape, l’occhio della macchina da presa di Cronenberg sulla vicenda narrata, l’occhio dello spettatore sulla macchina da presa del regista.
Da questo quadro multistratificato emerge un Seth inafferrabile, liquido, diverso a seconda dello sguardo che lo sta studiando. Prima di assimilare l’insetto e, nella scena finale, la macchina, Seth riversa se stesso a tutti gli effetti (per sua scelta o meno) nella tecnologia. Cronenberg rinuncia allo sdoppiamento dell’uomo-mosca e della mosca-uomo presente nell’originale, ma non per questo il corpo di Jeff Goldblum non viene moltiplicato, anzi viene sdoppiato e decostruito più volte durante il film in tutti quegli strumenti che portano a una fusione del corpo con la macchina, a partire dalla voce impressionata su un nastro magnetico nascosto nella giacca di Veronica, desiderosa di divulgare le prime scoperte dell’uomo e ottenere riconoscimenti con il suo articolo. Scoperto il nastro, Seth prova a fermarla ma lei si reca dall’editore (nonché suo ex fidanzato) e gli fa ascoltare quanto scoperto: l’uomo però non trova di suo interesse le poche dichiarazioni intrappolate, invitandola a lasciar perdere. Quando Seth la raggiunge la accusa: “non hai perso tempo” e la donna risponde “non sto certo ringiovanendo”, a dimostrazione di come anche la donna percepisca l’erosione del corpo dettata dal tempo.
Successivamente, il corpo di Seth viene frammentato e sdoppiato nuovamente all’interno della videocamera con cui Veronica annota il procedere dell’esperimento di teletrasporto organico, e lo fa sia nella versione vergine di Seth che nella sua versione zoomorfizzata. Se nel primo tape sono le parole a suscitare interesse, il mero fattore vocale, nel secondo è invece l’obsolescenza dell’immagine che viene imprigionata e data ai posteri. Prima Seth viene ripreso nello spiegare il ruolo di subordinazione all’umano della tecnologia parlando del primo tentativo di teletrasporto fallito di uno scimpanzè: “non riesce ad avere a che fare con la carne. Sembra riuscire a lavorare solo con oggetti inanimati e con niente che sia vivo. Deve essere colpa mia… I computer sono stupidi. Fanno solo quello che gli dici. Probabilmente non ne so io abbastanza della carne. Devo imparare”. Successivamente, Veronica riprende il Brundle-mosca in una dimostrazione dei nuovi atteggiamenti a cui lo costringe il suo nuovo corpo. In particolare Brundle-mosca mostra come scomponga il cibo con la sua saliva da insetto, perché ingoiarne di solido gli farebbe del male.
La nutrizione è uno dei simboli che identificano l’inizio della metamorfosi. Il cibo è molto presente nelle prime sequenze. Seth invita Veronica a prendere un cheesburger per due volte e poi la obbliga a mangiare il filetto di carne teletrasportato. Nonostante questo, e nonostante dica di non voler spiegare gli inconvenienti del teletrasporto organico mentre i due stanno mangiando, non si vede mai Seth masticare del cibo, se non quando la trasformazione ha inizio, cibo non solido a dire il vero: con un particolare la macchina da presa riprende la mano di Seth inserire diversi cucchiaini di zucchero all’interno del proprio caffè-cappuccino e portarsi la tazza alla bocca per assaggiare la bevanda. Stupita, Veronica gli dice: “vuoi anche del caffè nel tuo zucchero?”. Per il resto si vede Seth muovere la bocca come se avesse qualcosa al suo interno, ma non si vede mai cosa. Si vede Seth infilare il cucchiaio nel gelato, ma non ingerirlo. Si vede Seth parlare di cibo, ma senza toccarlo. Nella sequenza nel fast-food, Jeff Goldblum stringe una patatina fritta che fa volteggiare in aria, ma che lo spettatore non vede infilarsi in bocca. Mentre Veronica addenta il suo panino e fa grandi sorsi di una bibita gasata, l’unica cosa che Seth si porta alla bocca sono le dita per mangiarsi le unghie, la macerazione del corpo. L’uomo rifiuta qualsiasi cosa sia organico e non provenga direttamente da lui, come se l’insetto fosse sempre stato sopito dentro di lui, pronto a macerarlo. Anche quando si propone di dimostrare il funzionamento del suo apparato succhiante nel video mostrato a Stathis da Veronica, Cronenberg stacca dal campo, il dettaglio dello schermo, al controcampo, il piano medio di uno Stathis disgustato che guarda il televisore. Ancora una volta Cronenberg impedisce allo spettatore di vedere la macerazione dell’organico, facendo concretizzare ciò che il video si limitava a evocare nelle sequenze finali, quando con la sua saliva corrosiva, Brundlemosca mutilerà Stathis del piede destro e della mano sinistra.
“In fondo il film racconta la storia di un amore che si rivela impossibile perché il corpo di uno dei due amanti muta e si trasforma diventando “mostruoso”: metafora, peraltro neanche particolarmente originale, dei tanti amori che — almeno sugli schermi del cinema — finiscono per la malattia, l’invecchiamento o la corruzione che colpisce uno dei due partner. Com’è possibile continuare ad amare un “io” che diventa un altro? Come amare quell’io anche nella sua “alterità”? […] Ma La mosca non è solo questo. Cronenberg vi riprende e sviluppa quella riflessione sulla “nuova carne” che aveva intrapreso in Videodrome, mescolandola con le potenzialità “mediali” del corpo umano che era al centro di Scanners e di La Zona Morta. Anche in La Mosca il corpo è un organismo esposto alla contaminazione, all’infezione, alla penetrazione di qualcosa che viene da fuori: e se in Videodrome il corpo di Max Renn si apriva con una fessura vaginale all’ingresso di videocassette che lo riprogrammavano, se in Scanners il corpo diventava una “zona franca” aperta alla penetrazione del pensiero, in La Mosca il corpo sperimenta una fusione molecolare-genetica che lo porta a trasformarsi in un insetto” (Canova Gianni, David Cronenberg, 1993).
Ancora una volta il corpo fluido, la carne in divenire, l’organismo umano come struttura aperta. La relazione amorosa e il dramma del corpo che decade e muta e mostra la sua vera forma-non forma. Cronenberg è sì interessato allo sdoppiamento, ma solo nel momento in cui lo sdoppiarsi prevede un’assimilazione, l’infettarsi, la trasfusione parassitaria di parte di se stessi su un altro supporto. L’acquisizione e l’inevitabile perdita di informazione di un corpo che diventa altro, un suo specchio.
“Il teletrasporto da un punto all’altro “è quello del cineasta verso il suo film, dell’attore verso il suo personaggio, del corpo filmato e registrato da una telecamera, punto per punto, atomo per atomo e ricomposto allora sotto la forma di un’immagine di questo corpo. Da questo punto di vista, La mosca è la prima fiction moderna che metta in scena la natura e il meccanismo dell’immagine-video: il corpo filmato e riprodotto in virtù di una definizione a 625 linee al secondo. Il problema, quando il corpo viaggia da A a B, è che la realtà del corpo (la sua materia) diventa nel frattempo un’impressione di realtà: solo un’immagine è più di un’immagine (la combinazione del significante e del referente). […] Che cosa succede passando — attraverso l’immagine — dalla realtà alla sua “impressione”? C’è un guadagno o una perdita di realtà?” (Canova Gianni, David Cronenberg, 1993).
È di centrale importanza sottolineare come il video, la ripresa del corpo di Seth, così cruciale nella poetica del regista canadese rappresenti un ulteriore sgretolamento fisico-identitario che rivela l’essenza animale dell’uomo. Ai fini di questa riflessione, e per dare una veloce risposta alla domanda “c’è un guadagno o una perdita di realtà?” non si può non prendere in considerazione come Seth, nel completare la sua trasformazione in mosca, perda la pelle quasi come Irena perdeva le sue fattezze umane per implosione ne Il bacio della pantera. In entrambi i casi l’animale spinge dall’interno per manifestarsi e lacera la pelle-involucro con uno squarcio. Durante una colluttazione Veronica sradica la mandibola di Seth-mosca come si potrebbe spezzare quella di un burattino. Quest’atto innesca un meccanismo di difesa nella mosca che squarcia il bozzolo costituito dall’organismo dello scienziato, il quale comincia a “perdere pezzi”. Quel poco di pelle che rimaneva si deteriora e cade sul pavimento. Delle sottili zampe prendono il posto delle gambe. Niente più naso, ma le antenne. Niente più iride ma due bocce nere. Il cranio, ancora vagamente umano, lascia il posto a quello di una mosca antropomorfa con il suo apparato succhiante, più animale che uomo.
Sembrerebbe quasi che il video facesse avverare la metamorfosi kafkiana di Brundle e che quindi il cinema — se è vero che il teletrasporto presentato da Cronenberg mima la trasmissione dei dati dalla realtà alla telecamera — fosse davvero uno strumento per la scoperta dell’animalità nell’uomo. È da quando la coppia inizia a riprendere gli esperimenti, i relativi successi e fallimenti, introducendo quindi un elemento estraneo che concorre alla moltiplicazione della sua immagine, che lo scienziato inizia a correre verso l’autodistruzione e l’annientamento definitivo arriva proprio quando l’immagine si moltiplica fisicamente: il teletrasporto non implica solo la riproduzione di un corpo da un punto A a un punto B o la sua trasmissione dal tangibile all’immateriale ma anche la “riproduzione” fisica, la nascita, il teletrasporto genetico: quando Veronica rivela a Seth di essere incinta, Brundlefly vuole impedirle l’aborto e fondersi con lei e il bambino dentro le telecapsule, creando un unico essere inedito, ma il processo viene fermato da Stathis, redivivo, con un colpo di fucile ai cavi che collegano le due celle. Quella di Veronica si apre, liberando la donna, quella di Brundlemosca completa il processo, completando la fusione tra l’uomo-insetto e la macchina. A uscirne è un ibrido uomo-animale-macchina, il prodotto della tecnica che rivela l’animale sepolto nell’umano esattamente come afferma Seth quando comprende che la sua trasformazione è ormai irreversibile: “sono un insetto che ha sognato di essere un uomo e lo ha amato. Ma ora il sogno è finito, e l’insetto si è svegliato”.