Di Gabriele La Spina
Successo clamoroso al box-office sia americano sia italiano, It di Andrés Muschietti è una scommessa vinta su tutti i fronti. Complice la massiccia campagna di marketing della Warner Bros. e la quasi naturale copertura da parte di tutte le testate cinematografiche. Incoronato come degno adattamento dello sfaccettato romanzo cult di Stephen King, sembra aver accontentato puristi e profani. Ma è tutto oro ciò che luccica in questa versione cinematografica?
Fatto assodato è che quello di Muschietti è un giocattolone horror, che si concentra più sulle materializzazioni e gli spaventi provocati da It, piuttosto che sui giovani protagonisti. In nome dell’intrattenimento le psicologie dei personaggi danno spazio a successioni, a volte piuttosto schematiche, di spaventi e di così detti jump scare. Si tratta indubbiamente di un miglior adattamento della miniserie del 1990 ad opera di Tommy Lee Wallace, la caratterizzazione del Pennywise di Bill Skarsgård è notevolmente più fedele rispetto a quello di Tim Curry, seguendo maggiormente le linee descrittive del romanzo.
Eppure si ha la sensazione che l’esigenza di rendere It un film per il pubblico più vasto, da parte degli sceneggiatori Chase Palmer, Cary Fukunaga e Gary Dauberman, abbia sacrificato alcuni degli elementi più interessanti del romanzo d’origine. Eccovi i dieci elementi che sarete sicuramente curiosi di conoscere, e forse un invito a recuperare la splendida opera di Stephen King.
La narrazione temporale
Forse uno dei pochi cambiamenti apprezzabili degli sceneggiatori è la suddivisione temporale del romanzo. In quello di King infatti le storie dei Perdenti adulti e di quelli bambini si intrecciano e vengono sviluppate in parallelo, così come accade nelle miniserie del 1990. Le vicende della loro adolescenza sono infatti una sorta di flashback dei protagonisti, e tutto si svolge in contemporanea. Lo scontro finale dei Perdenti bambini con It, e quello dei Perdenti adulti, vengono esposti insieme, per esempio. Per Muschietti è stato senza dubbio un vantaggio una netta suddivisione, in modo da avere il tempo di lavorare solo alla componente adolescenziale in questo primo capitolo, per poi dedicarsi agli adulti nella seconda parte che vedremo nel 2019. Inoltre gli anni degli eventi sono stati slittati, le vicende degli adolescenti si svolgono nel 1957 e da adulti nel 1984; mentre nella versione di Muschietti abbiamo visto i giovani perdenti scontrarsi con Pennywise nel 1988 e quelle degli adulti saranno ambientati ai giorni nostri.
Le trasformazioni di It
Sicuramente la componente preferita dal regista, e quella su cui ha voluto calcare la mano maggiormente. It è un essere che può prendere qualsiasi forma, oltre a quella del clown Pennywise, che non è assolutamente la sua forma originale. Molteplici le trasformazioni dell’essere nel romanzo, e assenti dal film. Muschietti ha preferito inventare delle sue trasformazioni banalizzando per certi versi l’essenza malefica di It. Dopotutto gli intenti di It non sono così semplicemente sintetizzati nel nutrirsi delle paure dei protagonisti, nel romanzo It vive degli tormento dei Perdenti, e i loro abusi sono la sua fonte. Ogni sua materializzazione ha inoltre una radice ben più psicologica di quella che sembri e che è stata esposta. Per Eddie, condotto all’ipocondria dalla madre e quindi timorato dalle malattie, It è un lebbroso, fortunatamente mantenuto da Muschietti seppur fin troppo grottesco, mentre per Mike, beccato da un corvo nella culla da neonato, l’essere prende la forma di un gigantesco e imprecisato volatile; qui sostituito dal trauma dei genitori vittime di un incendio, inesistente nel romanzo poiché vivi e vegeti. Altra eliminazione è quella del licantropo, paura di Richie, nel film con il pigro terrore dei clown, così come la mummia solamente citata nella battaglia finale. Altre aggiunte non apprezzabili sono state la donna del dipinto di Modigliani, come paura di Stan, quasi direttamente ereditata dai tratti del personaggio del film La madre, esordio di Muschietti, e il bambino defunto dalla caccia alla uova di Pasqua per Ben. Tra eccesso di CGI e concetti demodé, riscontrabili negli horror scult degli anni ’80, come La casa di Sam Raimi.
Beverly Marsh
La scelta di Sophia Lillis per il ruolo di Bev è stata azzeccata, tuttavia il suo personaggio è stato leggermente snaturato rispetto a quello del romanzo. Qui Bev è quasi una femme fatale, spregiudicata e senza paura, fronteggia delle compagne bulle, assolutamente inesistenti nel romanzo, e le suona al padre presunto pedofilo. A differenza nel romanzo Bev è una ragazza remissiva, solamente picchiata dal padre che difficilmente riesce a fronteggiare, quasi isolata dalle compagne e accolta dai Perdenti. Aggiunta evitabile nel film è il taglio di capelli della ragazza, in pieno stile videoclip di Christina Aguilera, a simboleggiare la sua evoluzione ed emancipazione, e il volersi liberare dai tratti apprezzati dal padre, una parentesi adolescenziale del tutto forzata, ma che si colloca nell’armonia generale del film. Inoltre nel romanzo Bev è un perfetto cecchino, è lei che sconfigge It il più delle volte colpendolo con la fionda di Bill e dei proiettili d’argento realizzati dai ragazzi. Rappresenta il vero collante del Club dei Perdenti, qui semplicemente la quota rosa del gruppo, dalla presenza non appropriatamente giustificata.
Henry Bowers
Unico membro esterno al club di notevole importanza nello sviluppo delle vicende. Qui interpretato dall’australiano Nicholas Hamilton, nel romanzo Henry è notevolmente più sfaccettato. Forse traumatizzato da un padre balordo e radicalmente razzista, Henry tormenta i Perdenti anche più di It; è lui il bullo che fa del male a Beverly, aggredisce Ben per non averlo aiutato durante un compito in classe, e trova numerosi pretesti per prendersela con ognuno di loro. It arriva così a manipolarlo, se nel film lo vediamo comunicare con lui attraverso la divertente sequenza di uno show televisivo per bambini, nel romanzo Henry sente la voce dell’essere nella luna. Nel finale lo abbiamo visto scontrarsi con Mike, e cadere nelle profondità del pozzo senza saper altro di lui. Se gli sceneggiatori sceglieranno di eliminarlo del tutto, mancherebbe una componente essenziale della storia dei Perdenti da adulti, poiché Henry cresciuto ed evaso da una casa di cura, torna a Derry per vendicarsi una volta per tutte. In più nel romanzo viene esplicata la repressione sessuale del personaggio, che nasconde la sua omosessualità latente, tra i motori più frequenti del bullismo.
La casa di Neibolt Street
Apprezzata aggiunta dal romanzo, la spettrale casa diroccata diventa il punto di congiunzione tra i Perdenti e It, così come per sommi capi lo è anche nel romanzo. Tuttavia le loro incursioni in essa sono differenti, poiché vi entrano numerose volte rispetto alla pellicola. Triste assenza è l’entrata nella casa di Bill e Richie, dopo che il primo ha mostrato l’album di fotografie animato del compianto Georgie, e in questa vicenda vediamo la materializzazione del licantropo che Richie aveva da prima visto al cinema Aladdin. I Perdenti si recheranno nella casa per scontrarsi con It nuovamente, stavolta con la fionda per mano di Bev, e lo costringeranno a recarsi ferito nelle fogne. Nessun pozzo in stile The Ring nel romanzo di King, e niente bambolotti in stile Annabelle. Forse una delle più rilevanti occasioni mancate dell’adattamento, la casa era quasi un luogo mistico e punto di passaggio di It per l’altra dimensione, come lui riusciva a cambiare la sua forma, ingrandire le sue stanze e mutare il suo ambiente in modo quasi psichedelico.
Il braccio di Eddie
Un piccolo particolare apparentemente irrilevante che invece avrebbe aperto una parentesi emotiva, ad affermare il legame forte tra i perdenti. Nel film vediamo Eddie cadere nella casa di Neibolt Street e rompersi il braccio, al contrario nel romanzo è Henry Bowers a fratturarglielo, mentre gli abitanti di Derry ignorano la violenza. Eddie passa così un lungo periodo in ospedale, tra i tormenti di Pennywise e quelli della madre che in tutti i modi cerca di tenere lontani i suoi amici. Qui ha un forte confronto con lei: prima di scontrarsi con Henry si era recato in farmacia per ricaricare il suo inalatole, e lì l’inquietante farmacista gli ha rivelato che si tratta di un semplice placebo, cosa che nel film viene meramente elargita dalla bulletta di Beverly. È nel letto dell’ospedale che ha un intenso confronto con la madre che riesce a portare i due a un compromesso e a una toccante consapevolezza del loro rapporto.
Il rito di Chüd
Prima ancora di cimentarsi nello scontro con It, una decisione non persa alla leggera da Bill e dal club come avviene nel film, Ben, assiduo frequentatore della biblioteca, si documenta sulla cultura dei nativi americani e i loro riti per scacciare le presenza maligne. È così che scopre il rito di Chüd, un rituale in cui uno dei Perdenti e It si sarebbero dovuti mordere la lingua a vicenda, e avrebbero dovuto far ridere l’essere per scacciarlo in un’altra dimensione; un rituale apparentemente impossibile che solo alla fine del romanzo verrà del tutto chiarito. Interessantissima componente che si spera ancora abbia un suo spazio nel secondo capitolo, per sconfiggere definitivamente Pennywise.
Le origini di It
Sempre attraverso le conoscenze di Ben sulla cultura dei nativi americani, i Perdenti cercano di scoprire la vera entità di It, e nel loro club, una casa improvvisata in un fossato dei Barren, nel film assente, si cimentano in un rito mistico del fumo. Tutti i giovani protagonisti si chiudono all’interno della casetta appiccando un piccolo fuoco che genererà una notevole quantità di fumo, quasi nessuno riesce a resistere, uno ad uno escono dal club, restando solo Richie e Mike. Quasi allo stremo della loro resistenza, i due iniziano improvvisamente un viaggio mistico che li condurrà alle origini più primordiali di Derry. Una realtà di migliaia di anni prima, dove vedono incredibili creature preistoriche, finché a un tratto il cielo si oscura e un oggetto, quasi come un meteorite ma più simile a una bolla di energia, viene scaraventato sulla terra dallo spazio. Da lì esce un’indecifrabile creatura: It. Una scena che con molta probabilità non vedremo nemmeno nel secondo capitolo del film, poiché richiederebbe una lunga serie di flashback o un’inclusione estremamente forzata.
La Tartaruga
Altro elemento sacrificato dalla mitologia del romanzo, è quello della Tartaruga. Lo avrete visto nel corso della pellicola sotto forma di easter egg: Bill tiene in mano una tartaruga di lego nella stanza di Georgie, e quando i ragazzi fanno il bagno insieme nel lago dicono di vedere una tartaruga. Al contrario nel romanzo è un essere divino che veglia sui ragazzi, eterno nemico di It. L’Altro, un essere superiore, ha creato la Tartaruga, un gigantesco essere che dalla sua bocca ha generato l’universo. Lei assiste i ragazzi e li rassicura in numerose occasioni, la vede Georgie nella cantina fin dai primi istanti della storia, e la incontra Bill, in tutta la sua immensità, nello scontro finale ma in una realtà parallela. Un personaggio forse fin troppo difficile da rendere sul grande schermo senza scadere nel ridicolo, e che forse avrebbe orientato il pubblico verso un’identificazione di It come una storia fantasy più che horror. Eppure il romanzo di King riesce a mescolare con maestria tutti questi elementi, senza nessuna sbavatura.
Lo scontro finale
Nel romanzo vediamo Beverly vittima del bullo Henry, cercare rifugio e protezione dai suoi amici, che si ritrovano costretti dalla banda di Henry, a doversi calare nelle fogne trovando così il coraggio di fronteggiare It. Qui Eddie, quello che tra i Perdenti ha il miglior senso dell’orientamento nonché una sorta di potere superiore nel riuscire a trovare sempre la giusta strada, li conduce verso la tana dell’essere. Vengono intercettati da un gigantesco e inquietante occhio, che è Eddie a sconfiggere, e arrivano alla porta del rifugio di Pennywise, non trovando ciò che si aspettavano e ciò che viene mostrato nel film: un groviglio di ragnatele, e una lunga serie di giganteschi bozzoli, che nel film viene sostituito da una spirale di corpi galleggianti. I Perdenti si ritrovano così faccia a faccia con la versa forma di It, una forma che nessuno riesce a comprendere, insieme di luce e bestia, che Richie immagina come un ragno, ed è quella la trasformazione di It, la forma che loro sempre vedranno come la sua originale. I ragazzi lottano contro di lui, ma è Bill che compie il rito di Chüd contro l’essere, scoprendo che si tratta di uno scontro mentale che lo trasporta in una realtà parallela, un vuoto infinito, dove incontrerà la Tartaruga. I ragazzi feriscono mortalmente il gigantesco ragno che si rifugia. Convinti di averlo ucciso, i Perdenti fuggono, ma non riescono più a trovare l’uscita cadendo nel panico. È qui che Berverly decide di compiere una sorta di rito, che segna il loro passaggio definitivo verso l’età adulta, ma che allo stesso tempo ristabilisce quel legame spirituale che rappresenta il loro cerchio, forse spezzato dal traumatizzante scontro con It. Ragazza ha così un rapporto sessuale con ognuno dei ragazzi, che successivamente tornano in sé riuscendo a trovare l’uscita dal labirinto delle fogne. Scena fin troppo forte per essere rappresentata nel film, viene sostituita da qualche innocente bacio, mentre l’importante cerchio spirituale viene affermato con il legame di sangue tra i Perdenti.
È importante sottolineare che l’adattamento di un romanzo per il grande schermo, necessità di licenze e di cambiamenti. Forse si può rimproverare la versione di Muschietti di aver utilizzato le suddette licenze per la commerciabilità del racconto, tuttavia It è un film degno del suo nome, è una prima base di partenza. L’augurio è che con il suo secondo capitolo, Muschietti abbia più coraggio, si prenda più rischi, e crei un ritratto cupo e più sfaccettato così come lo è il romanzo di King. Le potenzialità di un racconto incentrato sull’età adulta dei Perdenti, sono infinite. Alla fine del 2019 saremmo indubbiamente tutti in sala, per scoprire cosa ci riserverà l’epilogo di questo adattamento, che si è cimentato con successo nella trasposizione di uno dei racconti più amati da generazioni di lettori.