Perché sempre più attori e registi scelgono la televisione, e perché è una buona cosa

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Di Gabriele La Spina

Vi capiterà di sentire, in questi ultimi mesi molto più che in passato, notizie su notizie riguardo attori e registi che scelgono di migrare al piccolo schermo per i loro progetti. Già da qualche anno partecipare a una serie tv, per gli attori hollywoodiani, è un trend e sembra paradossale che in passato la televisione fosse un mezzo riservato solo ai nomi ormai non più in auge poiché rigettati dalle produzioni cinematografiche. Ma qual è in fin dei conti il vero motivo per cui numerosi artisti decidono di partecipare alla realizzazione di un prodotto televisivo?


Sull’argomento le opinioni dei più grandi registi in circolazione sono piuttosto discordanti. Infatti se David Lynch, da maggio di nuovo su Showtime con il revival di Twin Peaks, dichiara a Time Out che “la televisione via cavo è il nuovo cinema d’autore“, vi sono pareri contrari come quello di Woody Allen, reduce dalla cocente delusione di Crisis In Six Scenes per Amazon, che ha rivelato al Corriere della sera: “il cinema che è stanco, vola basso, la tv ha fatto scendere la media del gusto“. La verità si trova probabilmente a metà strada, non tutto quello che passa dall’ex tubo catodico è oro, ma la serialità si è rivelata oggi il miglior mezzo d’espressione artistica se in buone mani. 
La prima motivazione da considerare, di estrema rilevanza, è la libertà d’espressione concessa a registi e sceneggiatori: prima tra tutte le reti la HBO ha dimostrato lungimiranza nel dare carta bianca ai suoi autori, per poter raccontare storie senza filtri o censure, una possibilità prima riservata solo al cinema indipendente, libero dalle restrizioni delle major obbligate a rendere il loro “prodotto” di facile distribuzione, agendo anche sulla lunghezza delle pellicole. Non è dunque inusuale che un network fruisca a milioni di spettatori serie come United States of Tara, su una donna con il disturbo dissociativo dell’identità, o porti nelle case dei suoi abbonati l’irriverenza delle protagoniste di Girls. Storie che con assoluta certezza, non avrebbero avuto modo di nascere nel grande schermo, se non tramite un film di stampo indie che di certo sarebbe stato visto da pochi spettatori a seguito di uno screening del Sundance Film Festival.

La ragione principale per cui gli attori e i registi della a-list scelgono televisione è ovviamente il tempo. Nel caso di un attore il formato della serie e della miniserie, gli permette di sviluppare il proprio personaggio con gradualità, spezzettare e dosare la propria performance mostrando in ogni episodio diversi aspetti del personaggio. Un lusso non sempre permesso nei film, dove le performance attoriali sono soggette a tagli, nella maggior parte dei casi sempre a favore dei protagonisti; nel caso della televisione è ben applicabile la celebre frase di Stanislavskij: “Non esistono piccole parti, soltanto piccoli attori“, l’unico limite in tv infatti non è più la post-produzione della pellicola soggetta alla direttiva della casa di produzione, ma il reale talento dell’interprete.  Non ci si sorprende dunque apprendere che attrici come Jessica Chastain, Carey Mulligan, Meryl Streep, Amy Adams e Hilary Swank, stiano pianificando il loro debutto (o in alcuni casi il ritorno) televisivo. Basti pensare ai meravigliosi personaggi femminili riservati a Nicole Kidman, Reese Witherspoon e Laura Dern in Big Little Lies, la nuova serie diretta da Jean-Marc Vallée in onda su HBO; quanti film vengono prodotti ad oggi con protagoniste donne alla soglia dei 50 anni?
Il lavoro di Jean-Marc Vallée in Big Little Lies, è l’esempio calzante per spiegare il perché un regista possa preferire la televisione al cinema, il regista canadese ha infatti avuto modo di esprimere un’idea regista differente in ogni episodio basandone ad esempio uno sulla musica come parte integrante della quotidianità dei protagonisti e uno sulla manifestazione dei loro pensieri; ed è un caso agiato anche quello di sceneggiatori come David E. Kelly, che ha utilizzato determinate parole chiave come argomenti a mo’ di filo conduttore di singoli episodi. 
Nel futuro registi di enorme calibro come Danny Boyle e Alejandro González Iñárritu lavoreranno per il piccolo schermo, ma allo stesso tempo anche registi controversi, prima riservati a un pubblico di nicchia, come Nicholas Winding Refn e Yorgos Lanthimos.
In questi ultimi anni la televisione ci ha regalato magnifiche produzioni ad alto budget come Il trono di spade e Westworld, ma anche piccole produzioni, serie divenute rapidamente di culto come True Detective e Stranger Things. Abbiamo visto brillare nuovamente vecchie glorie di Hollywood come Jessica Lange grazie alla serie antologica American Horror Story, e avuto ulteriore prova dei talenti di attori come Billy Bob Thornton in Fargo, Tom Hardy in Taboo e Matthew McConaughey nel già citato True Detective. Il cinema resterà sempre e comunque la più grande macchina dei sogni, e l’emozione della sala non potrà mai essere sostituita a quella del salotto di casa, le incredibili produzioni passate finora dal piccolo schermo sono però la prova che in alcuni casi non è il mezzo a contare, ma il messaggio, e che arrivi al maggior numero di persone possibili.