Di Gabriele La Spina
Con sette nomination all’Oscar, di cui due vinti, Cate Blanchett rientra nella cerchia delle attrici più amate dagli Academy. Eppure la sua è stata una carriera singolare, esplosa, per così dire, solo negli ultimi anni. Con i suoi 46 anni di età la Blanchett è ad oggi l’attrice over 40 più richiesta di Hollywood, chiamata per pellicole di grandi nomi autoriali come di blockbuster. Destreggiandosi nel corso degli anni in ruoli di supporto, seppur incisivi, ma sempre di contorno, alternandoli a ruoli di imponenti regine inglesi. Fino a cinque anni fa lo spettatore medio non avrebbe saputo rispondere probabilmente alla domanda:”Chi è Cate Blanchett?”. Oggi per fortuna non è così.
Dallo stile invidiabile e dal metodo recitativo impeccabile, senza sbavature, con realismo, sempre convincente, le sue performance non lasciano mai deluso lo spettatore. In molti la paragonano alle dive della Hollywood d’oro, e ironicamente il suo stile ricorda bene una che ha interpretato vincendo il suo primo Oscar, Katherine Hepburn, impersonata per Martin Scorsese in The Aviator nel 2004. Siamo sicuri che una terza statuetta non tarderà ad arrivare, ma ecco quali sono le performance chiave della sua carriera, che in un mondo perfetto sarebbero dovute essere premiata con numerose statuette.
Inghilterra 1554 Quando la regina Maria muore, la giovane Elizabeth I Tudor sale al trono e come prima mossa fa tornare dall’esilio l’uomo che ama fin da piccola, Robert Dudley. Sir William Cecil, il capo della Segreteria, le consiglia di sposarsi per rafforzare il paese. Anche se Elizabeth ama solo Dudley capisce che, se vuole sopravvivere deve esercitare la sua autorità energicamente. Testimonianza di quanto bene all’America facciano le esportazioni dall’Australia, in quanto attrice australiana doc, assurdo forse vederla impersonare il personaggio più importante della Storia del Regno Unito: la regina Elisabetta I. Due performance iconiche, ad oggi le sue più imponenti e di rilievo, entrambe nominate all’Oscar, il che la fa rientrare nel curioso circolo di attori nominati all’Oscar due volte per lo stesso personaggio. Anche se il sequel non risulta riuscito come la pellicola di quasi dieci anni prima, la performance di Cate non ha eguali, è la perfetta Regina d’Inghilterra.
La storia di Howard Hughes, giovane erede della compagnia petrolifera “Hughes Tool Co.”, produttore cinematografico, regista e aviatore. Oltre agli aerei ha la passione per le donne (tra le sue conquiste ci sono Jean Harlow, Katharine Hepburn, Ava Gardner). Ma Hughes ha manie e fobie che a poco a poco prendono il sopravvento. Vestire i panni di un’icona non è affatto semplice, se poi è Martin Scorsese a chiedertelo il peso delle responsabilità potrebbe anche sopraffarti, Cate però supera questa sfida, in un ruolo di supporto del tutto ingombrante, al fianco di un Leonardo DiCaprio nel ruolo di una carriera, veste in modo perfetto i panni dell’attrice Katherine Hepburn, mito per eccellenza di Hollywood. Ne dipinge un ritratto inedito e in qualche modo riesce a catturarne l’essenza. La sfida viene ulteriormente vinta però, con la sua prima statuetta.
Sheba Hart è la nuova professoressa di arte nella scuola di St. George, in un quartiere popolare di Londra. Stringe amicizia con Barbara Covett, una collega più anziana, ormai prossima alla pensione. A lei confida anche i suoi segreti più nascosti, come la relazione con Steven, uno studente minorenne. Con il passare del tempo, quella che credeva un’amica si trasforma nella sua peggiore nemica. Si tratta di uno dei ruoli più borderline della carriera di Cate. Incentrato su un tema abbastanza discusso soprattutto in quegli anni, la Blanchett si fa carico dei demoni di un insegnante che intrattiene una relazione con un suo studente, e tiene testa a una magnifica Judi Dench, anch’essa in una delle migliori performance della sua carriera. Un duetto incredibile.
Il mito di Bob Dylan sviscerato per fasi: dagli esordi al suo successo di folksinger, poi la contestata svolta rock, il fermento religioso e l’impegno politico. Tutto mescolato con la vita privata, a volte tumultuosa. Vestendo i panni di Bob Dylan nella magnifica pellicola di Todd Haynes, biopic del tutto atipico, la Blanchett ha dimostrato anche di possedere capacità mimetiche uniche. Chiunque alla prima visione di I’m Not There. ha strabuzzato gli occhi per l’incredulità. Si tratta forse di una tra le migliori trasformazioni viste negli ultimi anni sul grande schermo, e solo una come Cate poteva bilanciare al meglio la ricerca sulle caratteristiche della figura enigmatica di Dylan, con la personalità, spesso grande mancanza negli attori che interpretano personaggi realmente vissuti in pellicole biografiche, sconfinando nel “compitino” accademico. Da Oscar.
Dopo aver visto la sua vita distrutta e il matrimonio con il ricco uomo d’affari Hal andare incontro a guai seri, Jasmine lascia la sua mondana e raffinata New York per trasferirsi a San Francisco. Stabilendosi nel piccolo appartamento della sorella Ginger, Jasmine tenterà di fare ordine nella sua esistenza. Arriviamo al dunque, alla svolta, a uno degli Oscar più giusti degli ultimi anni. Nessuno avrebbe mai pensato che proprio Woody Allen avrebbe scritto per Cate Blanchett, non solo uno dei suoi più curati personaggi femminili, forse subito dopo Annie Hall, ma anche un ruolo da Oscar in una pellicola non del tutto brillante. Jasmine è una donna la cui vita sorretta da falsità e finzione viene distrutta dall’arresto del marito per frode, e dalla perdita di tutte le sue ricchezze. Al limite dell’isteria, la Blanchett raggiunge registri drammatici e allo stesso tempo tragicomici mai toccati prima. Perfetta in ogni gesto ed espressione, la sua Jasmine ricorda a molti la Blanche di Un tram chiamato desiderio. E’ un terzo meritatissimo Oscar, e da qui la carriera di Cate prende la svolta tanto attesa, riceve la fama dovuta, e testimonia che dopo in quarant’anni un’attrice può splendere nel firmamento di Hollywood, come non mai.
Qual è la vostra performance preferita di Cate Blanchett? Diteci la vostra nei commenti.