Nonostante sia attiva nell’ambiente cinematografico dagli anni ’70, sembra che il mondo si sia accorta di lei solo lo scorso anno, alla soglia dei 64 anni. Il merito è attribuibile alla pellicola di Paul Verhoeven, Elle; poiché anche se quella di Isabelle Huppert nel film è una grandiosa performance, il pubblico l’avrebbe già dovuta notare attraverso i numerosi iconici personaggi che ha impersonato nel corso della sua lunga carriera. Una lacuna che cercheremo di aiutarvi a colmare.
Indiscussa musa di Michael Haneke, che l’ha diretta in quattro pellicole, una delle quali arriverà nelle sale quest’anno con il titolo Happy End, la poca popolarità della Huppert tra il grande pubblico è riconducibile probabilmente al fatto che la protagonista di Elle è un’attrice da festival europei. Infatti le pellicole che la vedono protagonista hanno fatto discutere ai festival di Berlino, Venezia e soprattutto a Cannes. Role model di grandi attrici come Nicole Kidman e Cate Blanchett, la Huppert ha affrontato ogni ruolo della sua carriera con coraggio, offrendo performance di notevole impatto emotivo e introspezione psicologica.
Partendo dal suo esordio fino ad arrivare alla sua consacrazione a livello internazionale, esploriamo insieme la carriera di questa incredibile interprete francese, che è stata finora protagonista di quasi 100 pellicole, dove ha dimostrato versatilità e capacità interpretative senza eguali, provando di saper ricoprire qualsiasi tipologia di ruolo possibile. Quelle che dovreste recuperare sono almeno 10.
La merlettaia (1977)
dir. Claude Goretta
Il ruolo d’esordio di Isabelle Huppert è la prova tangibile del suo innato talento. Si tratta di una storia d’amore che vede protagonista il personaggio di Béatrice, una ragazza giovane e impacciata, che vive con la madre a Parigi, lavora come parrucchiera e ha un’amica un po’ troppo esuberante. Questa la porta con sé in Normandia, in vacanza. Qui Béatrice si innamora di François, uno studente borghese. Tornati a Parigi, i due si mettono insieme, ma lui presto si stanca. Abbandonata, Béatrice finisce in manicomio, dove trascorre il suo tempo ricamando silenziosamente.
Madame Bovary (1991)
dir. Claude Chabrol
Uno dei tanti adattamenti del romanzo di Flaubert, confezionato con mastria da Chabrol. La Huppert incarna perfettamente il dramma esistenziale di Emma Bovary, una donna sposata troppo presto a un medico di provincia, sogna ben altri orizzonti. Dopo essere stata sedotta e abbandonata dal libertino Rodolphe, si trova un altro amante in Léon. Quando, rovinata dai debiti, cerca l’aiuto finanziario di Rodolphe, senza trovarlo, decide di suicidarsi con l’arsenico.
Il buio nella mente (1995)
dir. Claude Chabrol
Qualche anno dopo il successo di Madame Bovary, la Huppert torna a essere diretta da Chabrol. Il film le frutta la sua prima e unica vittoria del premio César, nel corso della sua carriera avrebbe accumulato poi 16 nomination al prestigioso premio francese. Il buio nella mente inizia con un mattino d’inverno alla stazione di Saint-Malo, dove la signora Lelièvre accoglie Sophie, la nuova cameriera. Subito apparentemente a suo agio nella gestione delle faccende domestiche, Sophie riesce a fare tutto e a soddisfare tutti. Se non fosse per quella sua strana mancanza di emozioni. Jeanne, la spigliata e curiosa postina del paese, riesce a fare amicizia con la nuova arrivata; i segreti delle due giovani donne, diversi ma ugualmente inconfessati, trasformano l’amicizia in una alleanza. La famiglia Lelièvre, senza saperlo e senza volerlo, si avvicina pericolosamente allo svelamento di questi segreti.
La pianista (2001)
dir. Michael Haneke
Capolavoro di Haneke da cui lo stesso regista Darren Aronofsky ha preso diretta ispirazione per la realizzazione de Il cigno nero. Voyeurista, autolesionista e ninfomane, la Huppert interpreta il ruolo di Erika Kohut, legnosa e super borghese insegnante di pianoforte di Vienna, che frequenta sale porno e peep show, dando sfogo a una sessualità fatta di voyeurismo e di perversioni sadomasochistiche. Walter, un suo allievo giovane e talentuoso, si mette in testa di sedurla. Probabilmente uno dei ruoli femminili più audaci mai visti sul grande schermo. La sua è facilmente inseribile tra le più grandi performance femminili del secolo.
8 donne e un mistero (2002)
dir. François Ozon
Nel corso della sua carriera la Huppert ha sempre alternato ruoli di estrema drammaticità e tensione emotiva a ruoli spigliati e tragicomici. Ne è una caso la deliziosa commedia mystery di Ozon, che la vede affiancata da alcune delle migliori attrici francesi tra cui Danielle Darrieux, Catherine Deneuve e Fanny Ardant. Anni Cinquanta: in una grande dimora borghese della campagna francese ci si prepara a festeggiare il Natale. La situazione precipita quando il capofamiglia viene trovato cadavere. L’assassina si cela tra le otto donne che frequentavano regolarmente la vittima: inizia una giornata di litigi, tradimenti e rivelazioni.
Il tempo dei lupi (2003)
dir. Michael Haneke
La sua seconda collaborazione con il geniale Haneke, è per un thriller-horror ambientato in un futuro distopico. Qui la Huppert interpreta Anna che insieme alla sua famiglia arriva nella casa dove trascorrerà le sue vacanze, che però trova occupata da poveri profughi aggressivi perché affamati. Il confronto con questi individui sconosciuti è l’inizio di un doloroso processo di conoscenza. Con un’assoluta mancanza di retorica, Haneke realizza ancora una volta un film sulla propensione dell’essere umano verso la violenza, in un ambiente dove vige la quasi totale assenza di convenzioni sociali. La Huppert, completamente al servizio del regista, offre per l’ennesima volta un’interpretazione di estremo coraggio.
White Material (2009)
dir. Claire Denis
Si tratta forse della migliore collaborazione al femminile, tra regista e attrice. La Huppert è una donna ossessiva, che nasconde un’immensa fragilità. Il film della Denis è ambientato in una provincia agricola del Camerun, durante un periodo di gravi disordini e ribellioni, Maria – una coraggiosa donna bianca – rifiuta di rinunciare alla raccolta del caffè nella sua piantagione. André, il suo ex-marito, teme però la sua cocciutaggine, e a sua insaputa decide di organizzare la fuga della famiglia, rimpatriando tutti in Francia.
dir. Michael Haneke
Nell’ultima collaborazione con Haneke, la Huppert si ritaglia un piccolo ruolo di supporto, quello della figlia dei due protagonisti, e con pochissime scene riesce a catalizzare l’attenzione, grazie anche all’intensità del racconto di Haneke. Amour segue le vite di Georges e Anne che, ormai ottantenni e, dopo una vita passata a insegnare musica, si sono ritirati in pensione, soddisfatti anche della carriera della figlia Eva, musicista che vive all’estero con la sua famiglia. Ma l’amore che lega i due anziani coniugi sarà messo a dura prova nel momento in cui Georges dovrà rapportarsi con l’umiliazione e la degradazione fisica per via di un ictus semi-paralizzante che colpirà all’improvviso la moglie Anne, costringendolo a ridefinire gli equilibri familiari, sia con la moglie sia con la figlia.
dir. Hong San-soo
Una giovane donna scappa via dalla cittadina balneare di Mohang insieme alla madre a causa dei debiti che le opprimono. Per cercare di calmare i suoi nervi, comincia a scrivere un racconto con protagoniste tre donne straniere, tutte e tre di nome Anne (Isabelle Huppert). Le tre Anne, in tre differenti momenti nel tempo, visitano Mohang, alloggiano nello stesso posto ed esplorano i medesimi luoghi, conoscendo anche le stesse persone, compresi la figlia dei proprietari dell’albergo di cui è ospite e un misterioso bagnino che vaga irrequieto su e giù per la spiaggia sita nelle vicinanze. La Huppert viene diretta dall’inusuale San-soo in un dramma dal sapore ironico. La sua performance è una boccata d’aria fresca, che nasconde la sua tipica intensità interpretativa.
Elle (2016)
dir. Paul Verhoeven
Grazie solo alla sensualità, mescolata alla grande ironia e melanconia della Huppert, il film di Verhoeven ha ragione di esistere. Michèle, donna in carriera, viene aggredita in casa da uno sconosciuto. Rifiutando di dare eccessivo peso all’accaduto, Michèle gestisce i problemi della madre settantacinquenne, del figlio viziato e immaturo, dell’ex marito e dell’amante, con lo stesso gelido e imparziale distacco. Quando però l’assalitore sembra non aver ancora finito con lei, Michèle decide di instaurare con lui una sorta di pericoloso gioco del gatto col topo che finirà presto fuori da ogni controllo. La sua è senza dubbio la migliore performance dello scorso anno, e avrebbe probabilmente meritato l’Oscar al posto della Emma Stone di La La Land. Ma ci auguriamo che la sua vittoria non sia poi così lontana.
Quali sono secondo voi le più grandi performance della carriera di Isabelle Huppert?