Di Simone Fabriziani
Soltanto sette film da regista per una peculiare carriera iniziata nel lontano 1974 con un esordio folgorante; quattro anni dopo viene consacrato al panorama internazionale con uno dei più grandi capolavori del cinema statunitense di tutti i tempi; due anni dopo la condanna unanime di Hollywood causata da uno dei più clamorosi fallimenti del sistema produttivo cinematografico americano; da lì non si è mai ripreso, centellinando i suoi lavori dietro la macchina da presa e modificando progressivamente il suo aspetto fisico. Tutto questo e molto di più è stato il regista Michael Cimino.
Nato a New York da una famiglia borghese di origine italiana, Cimino è, a nostro avviso, la voce fuori campo della New Hollywood degli Anni 70, non soltanto formata da autori del calibro di Scorsese, Spielberg, Lucas, Coppola e De Palma.
Il suo contributo al cinema internazionale negli ultimi decenni è stato ingiustamente surclassato dal mistero dietro la sua figura, scomparsa dal diktak mediatico a partire dal 1980, anno del grande fallimento della United Artists provocato dal flop dell’ambizioso western I Cancelli del Cielo; sarebbe ricomparso davanti ai riflettori, fisicamente irriconoscibile, soltanto nel 2002 in occasione di una storica intervista-confessione sulla sua vita pubblica e privata.
Noi vogliamo ricordarlo con una delle sequenze più indelebili del suo capolavoro assoluto, Il Cacciatore, vincitore di 5 Premi Oscar 1979, inclusi quelli al Film e alla Regia per Cimino. E non veniteci a dire che siamo scontati: